11.10 – CORTI DELLA FORMICA. terza serata

TEATRO TRAM

via Port’Alba 30 -NAPOLI

giovedì 11 ottobre ore 20,30

I CORTI DELLA FORMICA

XIII EDIZIONE

– terza serata – 

Alla terza serata i corti in scena raccontano tre storie che si intrecciano con la Storia, racconti esemplari di vite vere o inventate che agiscono in epoche e luoghi diversi

COMETE scritto, diretto ed interpretato da Francesca Niespolo

Lo spettacolo è nato in seguito alla lettura delle testimonianze più atroci riguardanti il celebre incendio alla Triangle Shirtweist Company che ha dato ispirazione alla nota “favola” sulla festa della donna con mimose annesse. Non  sono riuscita a rimanere indifferente di fronte ad un lunghissimo elenco di donne (molte delle quali italiane) morte al “rogo” e ho pensato di scrivere qualcosa di totalmente romanzato che però riuscisse a mantenere la veridicità dei fatti relativi all’incendio. Il monologo è frutto di una riflessione personale su quelle che sono ancora oggi “credenze popolari” che poco lasciano conoscere la verità storica in merito all’episodio. Inoltre il testo si propone di attualizzare quelle che furono discriminazioni sessiste, purtroppo ancora fortemente presenti. Comete vuole far rivivere, anche se per poco, le protagoniste perché “chi dimentica è complice.”

Giulia è un’insegnante di storia che prima di allontanarsi per un congedo di maternità, trasformatosi in un ingiustificato licenziamento, desidera raccontare qualcosa ai suoi alunni. La narrazione di cui Giulia si fa portavoce è ambientata agli inizi del 1900 e le protagoniste sono due giovani sorelle pronte ad imbarcarsi a bordo della Marco Minghetti per lasciare l’Italia e raggiungere l’America. Qui capiranno cosa significa guadagnare ma “perdere”…la dignità di donna, l’affetto di una famiglia e qualcosa di molto più prezioso.

L’ETERNA DANZA DI FRIDA testo e regia Ciro Pellegrino

con Emiliana Bassolino

Effettistica, allestimento, musiche originali Ciro Pellegrino

Sospesi in una eterna danza tra la vita e la morte (la pelona), fluttuano il corpo e l’anima lacerati di una donna profondamente attaccata alla forza della terra. La sua di terra così crudele e sanguigna, così dolente e rivoluzionaria. Attraverso un susseguirsi di confessioni intime e di ricordi colmi di amore e disperazione, si colgono sulla scena gli ultimi momenti di vita di Frida. La donna, l’artista, l’amante che ha fatto della sua intera esistenza una strenua rivoluzione contro un destino di morte e solitudine, depone le armi: la stanchezza ha vinto la guerra. Ancora una volta, come in un gioco di specchi, il pubblico è il suo doppio a cui rivolge il suo ultimo saluto.

LA PARABOLA DELLA RETE testo e regia Valerio V. Bruner

con Angela Rosa D’Auria|Antonio Torino|Chiara Vitiello

Scene e costumi Federica Rubino     Musiche inedite dal vivo Valerio V. Bruner

Xenofobia. Intolleranza. Razzismo. Parole che tornano, oggi, tristemente attuali. Seduti sulle nostre poltrone, osserviamo, impassibili, le immagini che ci scorrono davanti: bambini privi di vita sulle rive del mare, donne nei cui occhi si legge la morte, padri che invocano aiuto mentre le onde sommergono i loro figli. Tragedie minori che non meritano particolare attenzione perché non minacciano il nostro mondo. E, a chiusura, il commento a cui ci siamo, ormai, assuefatti: “Perché non sono rimasti a casa loro?” Paura, indifferenza, odio. Eppure noi siamo un popolo di migranti, ce l’abbiamo nel sangue, ma sembriamo averlo dimenticato. Come sembriamo aver dimenticato quanto la xenofobia fosse un sentimento assai diffuso nei confronti della comunità italiana nell’America del XIX secolo. I cruenti linciaggi non furono infatti una piaga che si abbatté soltanto sugli afro-americani, ma investì violentemente anche gli italiani emigrati nella terra delle grandi opportunità, schiavizzati allo stesso modo per eseguire il duro lavoro nei campi. “La parabola della rete” è la storia, romanzata e grottesca, di uno di questi efferati episodi di violenza, avvenuti nell’America del XIX secolo: due giovani donne siedono all’interno di un parco, accanto a un gigantesco albero che sorge da una montagna di teschi umani. In bella vista, un cartello recita: “Questa è una terra di pace, amore e nessuna pietà.” Le due sembrano attendere, ansiose, l’inizio di qualcosa, una sorta di spettacolo, che non tarda ad arrivare: un uomo dal volto tumefatto, il corpo livido e sanguinante, viene trascinato al cospetto del gigantesco albero, dove sarà a breve impiccato. È questo lo spettacolo che le due donne stavano trepidamente aspettando: il linciaggio di un uomo di cui non conoscono né il nome né la colpa. Ma non importa. Quello che conta è la sua morte.

 

HERMES COMUNICAZIONE

Gianmarco Cesario (3804932026)

Antonio Mocciola (3920368048)

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