CASAL DI PRINCIPE | COMANDANTE DIA GOVERNALE: “A MILANO +38% DI NUOVI RISTORANTI. SI PUNTA A LAVARE I PROVENTI DEL NARCOTRAFFICO”
Comandante della Dia, generale Giuseppe Governale:
“Se la mafia prospera nel nostro Paese è perché lo Stato non è riuscito ad imporre la sua autorità sul territorio con decisione. Dovremmo prendere esempio dalla Germania che, dall’unificazione ad oggi, è cresciuta di oltre 30 punti percentuali. La questione meridionale dobbiamo ancora cominciare ad affrontarla. Bisogna partire dalla scuola, dai testi su cui studiano i ragazzi: solo un paio di pagine sono dedicate alla lotta alla mafia e al terrorismo. Gli americani nel ’43 sono sbarcati con l’aiuto dei mafiosi e li hanno fatti diventare sindaci. L’immigrazione ha molti lati positivi ma anche diversi lati negativi, poiché molti criminali sfruttano i flussi migratori per spostarsi. Anche il fenomeno del soggiorno obbligato ha creato diversi problemi e ha dato modo alle mafie di svilupparsi in maniera capillare.
“Ci tenevo ad essere qui perché questo luogo ha un forte valore simbolico per quanto riguarda la lotta alla mafia. La storia della mafia è sempre stata caratterizzata dal business: l’azione della mafia spazia dalle attività tradizionali a quelle più dinamiche, proprie dell’economia contemporanea.
Giacomo Di Gennaro, Università Federico II di Napoli, curatore del “Rapporto criminalità grandi aree urbane italiane”:
“C’è il rischio di sopravvalutare solo la dimensione economica delle organizzazioni criminali. Bisogna cogliere gli aspetti di supporto all’attività economica, come la politica deviata e la situazione socio-culturale. L’omertà e l’uso strumentale della violenza vanno tenute in conto. Altro elemento da tenere presente è quello che considero il reato-madre, ovvero l’estorsione. Non è affatto vero che le mafie hanno rinunciato all’uso della violenza e quindi delle attività estorsive, fondamentali per il controllo del territorio. Le aree più colpite sono quelle meridionali, ma anche al Nord il fenomeno è presente. Bisogna rivedere le politiche di lotta alla mafia, altrimenti avremo nei prossimi 20 anni il proliferare di nuovi gruppi criminali. Altro reato da attenzionare è l’usura, che non segue sempre e per forza network criminali. Nella strategia delle mafie l’usura è diventata un mezzo per infiltrarsi ed impossessarsi delle attività imprenditoriali e commerciali.
La responsabilità delle banche è forte rispetto all’usura poiché, come le mafie, giocano sulle aste immobiliari. Il sovraindebitamento causato dalla crisi e da tassi di interesse altissimi, ha finito per favorire gli usurai e, di riflesso, l’economia criminale. Se l’imprenditore in difficoltà trova porzioni piccolissime di mercato del credito legale, è quasi costretto a rivolgersi alle organizzazioni criminali”.
“Le organizzazioni criminali hanno la capacità di farsi interpreti dei sogni delle persone, andando a sostituire lo Stato. Secondo quanto riportato dai collaboratori di giustizia, il clan dei Casalesi non si è mai occupato di tre attività criminali: le esecuzioni immobiliari, spesso rivolte alla povera gente, gli stupefacenti e l’usura. Avevano capito che dovevano farsi amare dalla gente per acquisire potere e controllare il territorio. Quello che mi fa arrabbiare è l’eccessiva disponibilità delle banche ad aiutare i cosiddetti ‘investitori sponsorizzati’, senza ricevere particolari garanzie. L’estorsione è essenziale per il controllo del territorio, ma oggi si assiste ad un mutamento: gli imprenditori si fanno forti della complicità con mafia e politica e, grazie alla corruzione, arrivano praticamente ovunque.
Spesso mi è capitato di ascoltare imprenditori che, con i loro parenti, dichiarano di non sentirsi complici ma vittime della camorra. Non si rendono conto che la camorra ha bisogno degli imprenditori. La mafia casalese ha capito subito che per guadagnare bisognava controllare certi settori dell’economia attraverso i consorzi. La grande intuizione di Zagaria è stata quella di non bloccare i cantieri, ma di diventare soci dei grandi imprenditori”.
“Le mafie ormai si sono evolute, i mafiosi mandano i loro figli a studiare ad Harvard. Solo gli amanti del vintage si dedicano ancora alla prostituzione e alle estorsioni. I Bitcoin sono utilizzati per fare affari illeciti online, ma non tutte le organizzazioni criminali sono pronte, ad esempio, a pagare una partita di droga con le criptovalute. Reperire Bitcoin non è affatto difficile: il crimine organizzato sta già investendo in grandi computer che sono capaci di autogenerare il denaro attraverso operazioni matematiche. In tempi recenti, è stato scoperto che le organizzazioni criminali e terroristiche utilizzano mezzi, anche molto semplici come il ransomware, per fare cassa. I mafiosi hanno capito che operare online comporta meno rischi e assicura guadagni maggiori. Un clan napoletano ha organizzato un’operazione che gli ha garantito enormi guadagni attraverso la clonazione di dati sensibili e SIM telefoniche. Inoltre, attraverso la rete è molto più semplice spostare ingenti capitali all’estero”.
“Lo Stato ha il dovere di aggredire le economie criminali ma non sempre è attento e spesso non è neanche sollecitato dagli imprenditori, che non si rendono conto – per difetto di intelligenza o perché fa comodo – che questi business che producono grandi profitti rappresentano la morte del tessuto economico e produttivo. Il singolo operatore pensa di essere più furbo ma, a lungo termine, se muore il tessuto muore anche il Paese. Deve essere, dunque, interesse della classe imprenditoriale capire che il rispetto della legalità è l’unico modo per avere un mercato ed una società più sani.
Siamo in una Summer School sul giornalismo investigativo e, sul versante delle informazioni, questo Paese ha enormi problemi. Io vengo da una città in cui un quotidiano non è uscito in edicola per non dare una notizia non gradita a qualcuno. Vengo da un’area in cui un giovane cronista si è suicidato dopo probabili pressioni nell’ambito del suo lavoro. Vengo da una regione dove, in funzione dell’acquisto di spazi pubblicitari da parte di Enti locali, può cambiare la linea editoriale del giornale, e questo mi fa schifo. Il mio padrone è il cuore ed il cervello quando cerco la verità ma se poi alcune notizie vengono sistematicamente occultate perché non si possono scrivere, allora la responsabilità è anche di chi ha il dovere di fare informazione.
Ieri, ho telefonato al presidente di Confindustria Boccia, avvisandolo che non sarei andato all’Assemblea 2019 in programma a Cosenza, in occasione del passaggio di consegne tra il vecchio e nuovo presidente della locale associazione degli industriali. Perché avrei dovuto partecipare con il mio attuale sindaco, che ambisce ad essere il candidato alla presidenza della Regione ma è prescritto ed indagato, e con il governatore della Calabria interessato da altre vicende? Ho difficoltà e non mi siedo con soggetti che non solo sono indagati ma anche prescritti, e hanno sul capo la richiesta di rinvio a giudizio. Se per Confindustria questo non è un problema, ne prendo atto. Il vero problema è che il tessuto produttivo non riesce più a capire che o si sta con il bianco o con il nero, perché con il nero non si scherza. Questo è un Paese dove, per questioni culturali, c’è una certa indulgenza, che purtroppo è diventata quotidiana“.
“L’importanza di questa iniziativa risiede nella necessità di acquisire la maggiore e più diffusa consapevolezza sul ruolo che le organizzazioni criminali svolgono nelle economie. Oggi la criminalità mira ad occupare spazi di mercato, legalamente o illegalmente, e per questo si propone di condizionare la politica e l’operato delle istituzioni pubbliche.
Per spezzare questo connubio perverso non basta solo una serie e diffusa opera di repressione giudiziaria, ma occorre spezzare i legami – anche a livello internazionale – con imprenditoria e politica, legami che le organizzazioni criminali ormai hanno consolidato. La mafia ormai è una vera e propria organizzazione economica”.
“Il punto complicato è che tutte le mafie sono sempre più sofisticate ed è sempre più difficile distinguere i capitali leciti da quelli illeciti. Le segnalazioni per riciclaggio sono oltre 100mila e capire quali sono quelle senza seguito e quali quelle da indagare è davvero complicato.
La tecnologia ha accelerato la capacità di spostamento dei capitali, dai tempi della telescrivente di Sindona siamo arrivati ai Bitcoin, e questo rende tutto molto difficile. Probabilmente le competenze economiche devono crescere a livello investigativo ma se poi non abbiamo la collaborazione dei Paesi ‘liberal’ diventa quasi impossibile“.
“La Regione Campania conferma il massimo impegno nel programma di recupero e valorizzazione dei beni confiscati alla camorra.
In Campania contiamo circa 5.600 beni confiscati e dobbiamo continuare a valorizzarli attraverso la programmazione di misure di recupero e riuso, riconvertendone la natura in scuole e beni ad utilizzo sociale.
Dobbiamo operare un continuo riscatto sociale, interrompendo il circolo vizioso che spesso lega disoccupazione e criminalità. Dare risposte a chi ha interrotto il ‘contratto sociale’, a chi si sente in diritto di ribellarsi a regole di vita comune, che si traducono in sicurezza e legalità. Con le misure occupazionali della Regione Campania, nuovi concorsi in atto, formazione, sviluppo dell’artigianato e dell’autoimprenditorialitá, proviamo a ricostruire una identità professionale, colmando i gap di giovani vite difficili”.
“Un mese dopo la morte di Don Peppe Diana, una troupe di Rai 2 che si trovava a Casal di Principe per realizzare un servizio, fu aggredita da Walter Schiavone con una pala davanti al cancello di questa Villa, che oggi ospita la Summer School di giornalismo investigativo, e le immagini fecero il giro del mondo.
Un anno dopo, per aver accompagnato la stessa troupe in occasione di un nuovo servizio, un camion mi ha scaricato tanto letame davanti casa perché, nel loro linguaggio più colorito, stavo infangando il paese.
Ne 1998 la Villa è stata confiscata e le chiavi sono state consegnate al Comune ma abbiamo dovuto aspettare altri 20 anni, arrivando al mese di marzo 2019, per inaugurare questa nuova gestione.
Per 20 anni, dunque, questa Villa è stata il simbolo del fallimento dello Stato, mentre prima era il simbolo del potere criminale con lo Stato che non reagiva. Oggi i cittadini si recano in questa struttura per attività di recupero ed introduzione al mondo del lavoro. Una operazione straordinaria, come il parco pubblico che abbiamo aperto nel cortile ed intitolato ad un bambino ucciso negli anni ‘70. Oggi questa villa è il simbolo della vittoria non dello Stato ma di chi ama questa terra”.
“Abbiamo pensato che fosse importante offrire ai giornalisti un momento stabile di confronto ed aggiornamento con investigatori e magistrati. Il tema che ci sta più a cuore è il recupero e la valorizzazione dei beni confiscati alla camorra, non solo per il segnale simbolico nella lotta alle mafie, ma anche per i risvolti sociali ed economici”.
“La Svimez già 15 anni fa affermava che il 30% del lavoro al Sud era in nero. La criminalità impedisce gli investimenti, ma è pur vero che un certo tipo di investimenti fa diminuire la criminalità. Il Mezzogiorno vive nella illegalità ed è un’illegalità interiorizzata. Siamo disposti a sacrificare i nostri valori pur di raggiungere un obiettivo. Si tratta di un’abitudine all’illegalità che ha minato i valori tradizionali in maniera preoccupante, facendo prosperare la criminalità.
Per fortuna e per impegno, esistono anche mezzi di contrasto all’economia criminale. I reati sono passati dall’abigeato ai Bitcoin: le mafie si adeguano ai tempi. Secondo stime recenti, il valore delle mafie sarebbe uguale al PIL nazionale. Ma è impossibile calcolare con esattezza l’ammontare del valore dell’economia mafiosa.
Senza una vera industrializzazione del Meridione, il nostro Paese non ha futuro. Una realtà economica drammatica, come quella italiana, può darci gli stimoli giusti per capire come uscirne. Abbiamo gestito la crisi economica ma non abbiamo provato realmente a superarla. Avendo toccato il fondo, non possiamo che fare meglio”.
Comunicato Stampa (11 settembre 2019)
Parte da Casal di Principe (Caserta), territorio impegnato in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, il grido di allarme sul fenomeno delle economie criminali, sull’evoluzione delle organizzazioni mafiose e sulle criptovalute.
Una sfida ambiziosa lanciata dalla Summer School Ucsi, la scuola di giornalismo investigativo promossa dall’Unione cattolica stampa italiana di Caserta e dall’Agenzia pubblica per la legalità Agrorinasce, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti Campania.
La quinta edizione, intitolata “Our Bisinissi – Criminal Economies / Gli Affari Nostri – Economie Criminali”, è in programma dal 13 al 15 settembre a Villa Liberazione (in via Angiolieri), già nota come “Villa Scarface”, bene confiscato al fratello del capoclan dei Casalesi, Walter Schiavone, attualmente in gestione all’ASL Caserta che ha realizzato un Centro diurno per la salute mentale.
Le mafie, dunque, si stanno trasformando sempre più in criminalità economiche e, per capire ancora meglio il fenomeno, basta osservare gli ultimi rapporti: l’economia criminale vale il 30% dell’economia ufficiale della provincia di Caserta; l’economia mafiosa in Italia è in grado di erodere il 15% del PIL pro capite; i “prodotti” di punta sono la droga, lo sfruttamento della prostituzione e le estorsioni, che fanno incassare ogni anno quasi 20 miliardi di euro (non mancano dal bilancio il contrabbando di sigarette, l’usura ed il traffico di rifiuti). E non solo.
La criminalità organizzata fa registrare circa 150 miliardi di euro di ricavi e, a fronte di poco più di 35 miliardi di costi, ha utili per oltre 100 miliardi. Numeri davvero allarmanti che surclassano anche quelli di alcuni colossi europei dell’energia.
Agrorinasce – Agenzia per l’innovazione, lo sviluppo e la sicurezza del territorio, è una società consortile con capitale interamente pubblico costituita da 6 Comuni (Casal di Principe, Casapesenna, S. Cipriano d’Aversa, Villa Literno, S. Marcellino e S. Maria La Fossa) allo scopo di rafforzare la legalità in un’area ad alta densità criminale, che ospita 156 beni confiscati alla camorra interessati da azioni di recupero ad uso sociale e pubblico, di cui 141 finanziati da Ministero dell’Interno, Fondazione con il Sud, Ministero per il SUD/CIPE, Regione Campania, Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento Gioventù e Pari Opportunità), Ministero dell’Ambiente, Agrorinasce (Comuni soci e cooperative sociali) e Fondazione Vodafone.
Nel corso dei seminari è previsto anche un confronto tra le due realtà pubbliche più importanti in Italia – i Consorzi “Agrorinasce” in Campania e “Sviluppo e legalità” in Sicilia – la Regione Campania e l’Agenzia nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alle mafie.
“In un tale contesto – afferma Giovanni Allucci, amministratore di Agrorinasce – abbiamo pensato che fosse importante offrire ai giornalisti un momento stabile di confronto ed aggiornamento con investigatori e magistrati. Il tema che ci sta più a cuore è il recupero e la valorizzazione dei beni confiscati alla camorra, non solo per il segnale simbolico nella lotta alle mafie, ma anche per i risvolti sociali ed economici”.La Summer School 2019 andrà oltre i confini nazionali e potrà contare sulla presenza di tanti esperti e giornalisti di fama internazionale. Presenti a Casal di Principe, tra gli altri, il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra; il comandante della Dia, il generale Giuseppe Governale; il procuratore aggiunto Dda Reggio Calabria, Gaetano Paci; il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovanni Melillo; il presidente “Svimez”, Adriano Giannola; il capo della redazione “Economia” del Corriere della Sera, Nicola Saldutti; il generale Umberto Rapetto, già comandante Nucleo Frodi Telematiche Guardia di Finanza, Autorità privacy Repubblica di San Marino; il senatore Pietro Grasso, già procuratore nazionale Antimafia; il direttore del Centro nazionale trapianti, Massimo Cardillo; la senatrice Rosaria Capacchione; il testimone oculare dell’omicidio di Don Giuseppe Diana, Augusto Di Meo; l’europarlamentare Franco Roberti, già procuratore nazionale Antimafia; il sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi, presidente del Consorzio “Sviluppo e legalità”; il direttore dell’Agenzia nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il prefetto Bruno Frattasi; il sostituto procuratore Dda Napoli, Alessandro D’Alessio;Giacomo Di Gennaro,Università Federico II di Napoli, curatore del “Rapporto criminalità grandi aree urbane italiane”; lo scrittore e giornalista Sergio Nazzaro.
Come avvenuto nelle precedenti edizioni, sono state assegnate 10 borse di studio riservate a giovani giornalisti, precari o disoccupati. Gli immobili confiscati alla camorra verranno utilizzati per attività formative, di ristorazione ed ospitalità.
Antonello De Nicola
Cell. 328 7107645
0 Comments
No comments!
There are no comments yet, but you can be first to comment this article.