Vangelo di Domenica 22 Marzo 2020

DOMENICA 22 Marzo 2020 Vangelo Giovanni 9,1-38
22/03/2020
DOMENICA 22 MARZO 2020
Disponibili a vedere in profondità
Vangelo di 9,1-38

Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va’ a Sìloe e làvati!». Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Il brano del Vangelo di Giovanni (9,1-38) ci narra la guarigione di un uomo cieco dalla nascita con un intreccio sempre sorprendente per la scoperta dell’attualità per la nostra vita di donne e di uomini di oggi. In una concezione del mondo che riferisce direttamente gli eventi a Dio con il meccanismo retributivo del premio e del castigo a seconda del comportamento delle persone, si percepisce la contraddizione che i discepoli evidenziano: la cecità dalla nascita non può essere colpa sua, ma dei genitori. Gesù dice che non è colpa di nessuno, ma che è parte delle vicende della vita: è importante come si interpretano e come si agisce. E lui interviene, coinvolge il cieco, invitandolo ad andare a lavarsi nella piscina di Sìloe dopo che con un po’ di fango fatto con la terra e la sua saliva gli ha spalmato gli occhi: è il segno di una materialità che esprime la premura e la cura. L’uomo va, si lava e vede per la prima volta. Prima era ai margini, a mendicare, rifiutato dalla sua famiglia, dalla gente, dall’istituzione religiosa come castigato da dio, maledetto. Ci può essere ancora qualche residuo di un modo di pensare distorto che attribuisce a Dio la responsabilità del male, del limite, della malattia come suo castigo per la cattiva condotta dell’uomo. Ma sappiamo che le situazioni della vita hanno le loro cause e chiedono, come attualmente la grave diffusione del Coronavirus, prevenzione, responsabilità, interventi di guarigione. L’uomo che ora vede racconta come sono andate le cose. I tutori dell’ortodossia, dell’ordine costituito, sorpresi per la sua guarigione, per questa novità che rompe la continuità di pensiero e atteggiamenti, lo interrogano perché non credono sia possibile quello che è avvenuto, non fa parte infatti del sistema che loro custodiscono. Coinvolgono anche i genitori che nella loro paura rappresentano chi è reso dipendente dal modo di pensare di chi presume con superiorità di possedere la verità e di determinare gli altri. Succedeva allora, avviene oggi in misura diffusa. L’uomo che ora vede per il segno di novità e di rottura che rappresenta viene buttato fuori dalla sinagoga. Lui condivide la stessa sorte di Gesù che lo ha guarito e che, per questi segni, è considerato fuori dal sistema, sovversivo rispetto ad esso. Ai farisei Gesù risponde: “Se foste ciechi non avreste colpa; invece dite: “Noi vediamo”. Così il vostro peccato rimane.” La diffusione del virus con i problemi molto gravi che comporta, dopo aver ricordato come primo pensiero del cuore le persone morte e quelle ammalate, pone alcune questioni e riflessioni molto profonde. Fra le prime, questa: l’essere umano pare che tendenzialmente abbia bisogno di un nemico per aggregarsi come corpo sociale. Si ricorda ad esempio come nell’ultimo periodo l’immigrato considerato come nemico ha aggregato una parte consistente di società in rapporto diretto, di reciproco sostegno con una certa politica. Ora il nemico, il virus è invisibile e riporta ciascuno alla propria condizione esistenziale, alla solitudine, alla paura, anche all’angoscia. La presunzione di onnipotenza tecnologica ed economica viene del tutto riconsiderata. Può aprirsi una nuova capacità di vedere più umile, più profonda, più umana: le vicende personali, le relazioni, l’economia, la politica, le fedi religiose.

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