31 P.V., ULTIMA DOMENICA DEL MESE DI MAGGIO, SOLENNITA’ DELLA PENTECOSTE: IL COMMENTO DI DON FRANCO GALEONE.

31 MAGGIO 2020 – DOMENICA DI PENTECOSTE (A)

PARLARE ALLO SPIRITO, MEGLIO, CON LO SPIRITO

gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

Prima lettura: Furono tutti pieni di Spirito Santo (At 2,1). Seconda lettura: Tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo (1Cor 12,3). Terza lettura: Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi (Gv 20,19).

Parlare dello Spirito, meglio, allo Spirito

1) Pentecoste significa cinquanta giorni. Questa festa è di origine ebraica, e commemora la rivelazione di Dio a Mosè sul monte Sinai; ma è anche la festa del raccolto, una delle tre feste di pellegrinaggio; gli ebrei la chiamano anche שבועות Shavuòt  (festa delle settimane), e viene celebrata nel mese di maggio-giugno; durante questa festa gli ebrei usano mangiare cibi a base di latte. Per noi cristiani, la Pentecoste viene celebrata dopo cinquanta giorni dalla Pasqua, e ricorda la discesa dello Spirito sugli apostoli nel Cenacolo. Oggi nasce la Chiesa, e l’episodio è stato commentato da tanti pittori e musicisti, scrittori e poeti; tra i tanti voglio qui ricordare Manzoni, che a questo evento ha dedicato forse il suo inno più bello.

Il Dio ignoto

2) Parlare di Dio-Padre è difficile, ma qualcosa possiamo dirla, perchè Gesù ce ne parla nel Vangelo. Di Dio-Figlio è molto più facile, perchè si è fatto uomo, è vissuto trenta anni in Palestina, le sue parole e azioni sono contenute nel Vangelo. Di Dio-Spirito è quasi impossibile parlare, perchè appunto è spirito e noi siamo materia, è santo e noi siamo peccatori, è amore e noi siamo egoisti. Si sente quindi parlare poco dello Spirito; lo riconosceva anche l’apostolo Pietro ai suoi tempi: “Avete sentito parlare dello Spirito? Quale battesimo avete ricevuto?”. E Paolo, parlando agli ateniesi nel loro Areòpago, esordì dicendo che annunciava loro il “dio ignoto” (Atti, 17,23). Proviamo a parlare dello Spirito, ma con grande pudore: non si parla dello Spirito, come di una inutile chiacchiera; si parla allo Spirito, come a una persona viva; soprattutto lo Spirito si prega, si adora, si ascolta! In silenzio!

Come lingue di fuoco

3) I fenomeni naturali che più impressionano l’uomo come fuoco, folgore, uragano, terremoto, tuono… (Es 19,16) sono impiegati nella Bibbia per descrivere le manifestazioni di Dio (teofanie e cratofanie). Anche per presentare lo Spirito del Signore gli autori sacri hanno usato immagini: lo Spirito è soffio di vita (Gn 2,7), pioggia che feconda la terra (Is 32,15), forza che ridona vita (Ez 37,1), lingue come di fuoco (At 2,1): immagini che suggeriscono l’idea di una grandissima forza. Infatti, dove giunge lo Spirito, avvengono trasformazioni radicali: cadono le barriere, si aprono le porte, tremano le fondamenta… Chi aspira a un mondo più giusto, può contare sullo Spirito. Un giorno il profeta Geremia, deluso, si chiese:“Può cambiare forse un etiope la sua pelle scura o un leopardo picchiettatura?” (Ger 13,23). Sì, è possibile là dove irrompe lo Spirito.

Per paura dei giudei

4) Mentre erano chiuse le porte del Cenacolo, per paura dei giudei, ecco qualcosa che ribalta la vita degli apostoli. Quegli uomini, barcollanti di angoscia, iniziano a danzare di gioia, “ubriachi” di amore, “pieni di mosto… γλεύκους μεμεστωμένοι (ghleukùs memestomènoi)” (At 2,13). E’ lo Spirito, fiamma che riaccende la vita, vento che dilaga dalla camera del Cenacolo, terremoto che fa cadere le costruzioni pericolanti. E’ arrivata la Pentecoste, si è sbloccata la vita. La sera di Pasqua, mentre erano chiuse le porte, viene Gesù, sta in mezzo ai suoi, e dice: “Pace!”. L’Abbandonato ritorna da coloro che lo avevano abbandonato. Non accusa nessuno, incoraggia processi di vita, gestisce la fragilità dei suoi con un metodo umanissimo e creativo: li rassicura che il suo amore per loro è intatto, mostra loro le mani piagate e il costato aperto, ribadisce la sua fiducia totale in

loro: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi. Voi come me. Voi e non altri. Anche se mi avete lasciato solo, io credo ancora in voi”. Infine gioca al rialzo: alita su di loro e dice: “Ricevete lo Spirito”. Lo Spirito è il respiro di Dio. In quella stanza chiusa entra il respiro ampio di Dio, l’ossigeno del cielo. E come in principio il Creatore soffiò il suo alito di vita su Adamo, così ora Gesù soffia la vita. E infine un messaggio di gioia: “Rimettere i peccati” (Gv 20,23). Cosa significa rimettere i peccati? Queste parole sono state interpretate, in maniera giusta ma riduttiva, come il conferimento agli apostoli-giudici del potere di assolvere dai peccati. Ma Dio non si lega a nessun sacramento o persona: Dio può assolvere anche se un prete non assolve! Dio non si obbliga ad accettare quanto un uomo ha deciso! La confessione non è l’unico modo per sconfiggere il peccato. La potestà conferita da Gesù è molto più ampia, riguarda tutti i discepoli. I poteri non sono due (rimettere o ritenere), a discrezione del confessore che valuta caso per caso, ma uno solo, quello di purificare la vita da ogni male, ma questo può anche essere non rimosso, se il discepolo non si impegna a seguire il Maestro.

Una chiesa davvero cattolica accoglie le tante diversità

5) La creazione e la chiesa hanno un solo e medesimo fine: la liberazione, che nel linguaggio biblico viene anche chiamata “shalom”. E’ questo il saluto del Risorto: “Pace a voi” e soffia su di loro lo Spirito. La chiesa non ha un “suo” fine. Non ci sono due obiettivi in conflitto, uno dell’umanità e uno della chiesa. C’è un solo fine, e questo non è estrinseco all’umanità, ma scaturisce dalla stessa creazione. Noi siamo cristiani se crediamo a questa dinamica verso l’unità, a volte latente, a volte cosciente, a volte disperata. Noi, nel Padre nostro, preghiamo che venga il Regno di Dio, non questa chiesa o quella. Non è un discorso ovvio, visto che abbiamo una eredità pesante, che perseguiva il miraggio di una unità alternativa a quella del mondo, come se davvero il mondo dovesse unirsi dentro la chiesa e non, all’opposto, la chiesa dissolversi nel mondo, come lievito, come sale, come luce. Chi dicesse che la religione, in questi duemila anni, ha portato l’unità al genere umano, direbbe il falso. Potremmo tracciare una lunga storia in cui la lingua che abbiamo usato era l’idioma dei costruttori della Torre di Babele, cioè delle classi dominanti. Un vero rinnovamento della chiesa esige che l’unità in Cristo (non nella legge o nella cultura o nella politica) accolga le tante diversità, per cui ognuno onora Dio nella propria lingua e cultura. Allora la chiesa è davvero cattolica e universale; non se impone il proprio codice missionario, ma se accoglie e armonizza le diversità nell’unità.

La vera unità accetta la pluralità

6) Non ogni diversità è pericolosa. Anzi! Anche la voce dei profeti era sgradita ai potenti, annunciava cose diverse, cieli nuovi e nuove terre; il profeta è carico di una universalità che non tollera i settarismi. L’uomo settario, quando ascolta un annuncio universale, dice subito che si tratta di eresia; ma l’eresia, come dice la

parola, consiste nella separazione; eretico può essere il cattolico che crede che ci si salvi solo entrando sotto le forche caudine della sua cultura. Attenti a non disprezzare lo Spirito solo perche ci viene in forme inconsuete! Forse il nostro pessimismo è l’effetto della nostra chiusura mentale, che non avverte come dai

quattro venti soffia il vento dell’unità del mondo. Chi non ha la passione per l’unità, e difende con i denti il proprio “particulare” (fosse anche una chiesa!), precipita nell’intolleranza e nella disperazione. Va da sè che chi lotta per l’unità appare un soggetto pericoloso. Chi più di Paolo ha sentito la passione per l’unità?

Eppure egli appariva ai suoi stessi colleghi come un pericoloso eretico, dovunque andava, seminava risse; gli Atti degli apostoli non parlano che di processi, tribunali, carceri, lapidazioni … tutto provocato dalla sua predicazione. I gruppi chiusi, le sinagoghe ottuse si sentivano minacciate da quell’universale annuncio, che la salvezza non passava dalla circoncisione nè dal giudaismo ma dalla fede in Cristo, dalla vita onesta, senza riferimenti a razze privilegiate o a popoli eletti.

Lo Spirito: invisibile e necessario!

7) Lo Spirito viene come un uragano e abbatte tutte le barriere. Lo Spirito ha fatto cadere il tempio, la legge, e offerto la salvezza a tutti. Ma noi abbiamo nuovamente eretto i templi, le leggi, le sinagoghe, e lo Spirito deve di nuovo soffiare per restituirci l’ansia della universale salvezza, non quella astratta dei filosofi illuministi, ma quella concreta, che passa attraverso la partecipazione generosa e sofferta alla condizione umana. Lo Spirito Santo non è il tappabuchi delle nostre miserie, non è il “deus ex machina” delle nostre impotenze; è la contestazione in radice della nostra libidine di potere, anche spirituale. Lo Spirito è l’antipotere, passa attraverso la croce del Signore: la croce va messa nella coscienza più che sugli scudi! Non dobbiamo allora legare lo Spirito a un partito politico, ad una cultura egemone, ad un gruppo di potere. Lo Spirito passa dall’altra parte, fuori dalle mura delle nostre teologie, può non entrare nelle nostre chiese, parla anche con la bocca dei lontani, suscita profeti che non hanno la nostra lingua o la nostra pelle o le nostre credenziali, che anzi puntano il dito contro di noi, diventati forse gli archivisti dello Spirito.

Pentecoste: una felice occasione per riflettere sullo Spirito, invisibile e necessario: “Senza lo Spirito, Dio è lontano, Cristo resta nel passato, il Vangelo una lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un arcaismo, l’agire morale un agire da schiavi” (Atenagora).

A Pentecoste non c’è spazio per il pessimismo!

8) Oggi nessuno ha il diritto di essere pessimista; nessuno deve esitare a rallegrarsi; non siamo cristiani se non sappiamo gridare di gioia. E’ possibile che Dio ci sia così vicino e che noi lo annunciamo senza entusiasmo? Oggi Dio manda noi, proprio noi, ad annunciarlo, per le strade del mondo con una grande notizia: non siamo più orfani! Basta che riflettiamo un momento, e subito lo Spirito in noi ci fa gridare: “Abba, Padre, io ti amo!”. E il Padre ci risponde: “Tu sei mio figlio, mia figlia, in cui trovo la mia delizia”. Impariamo almeno oggi a riconoscere questo Spirito creatore, che volteggiava sulle acque:

– la terra era senza forme e senza vita; lo Spirito ha fatto sorgere mille vestigia, mille immagini, mille somiglianze con Dio. Dio era sconosciuto, invisibile, e lo Spirito lo ha manifestato nella creazione di tutti questi esseri pieni di significato. Lo Spirito, soffiando sull’argilla, ha creato l’uomo e ha popolato questa nostra terra di persone care, di volti amici;

– è ancora lo Spirito che ha parlato per mezzo dei profeti, poveri uomini presi di mezzo agli uomini, labbra impure come Isaia, lingue balbettanti come Geremia, cuori pessimisti come Giobbe, cocciuti nel sottrarsi alle missioni di Dio come Giona … ma basta che il suo carbone ardente tocchi le loro labbra perche ardano e non possano fare a meno di parlare;

– e poi, la più bella opera dello Spirito, l’Incarnazione. “Et incarnatus est de Spiritu Sancto”. Stavolta non si tratta di un uomo ribelle ma di una vergine, di una ragazza di 16 anni. Ha detto: “Sì”, e Maria ha veramente portato la Parola di Dio. Nessun profeta ha parlato come lei. Con Maria, il segnale è dato, lo Spirito comincia il suo segreto lavoro d’amore: Elisabetta la sterile partorisce, Zaccaria l’incredulo profetizza, il vecchio Simeone non teme più la morte, i pastori parlano con gli angeli, i magi dall’oriente portano doni al Cristo …

– e infine, Gesù: finalmente un uomo ama il Padre, cura la sua gloria; finalmente un uomo compie il bene, ripara il male, porta buone notizie. Gesù ha una tale fiducia nello Spirito che, pur volendo fondare il più vasto e duraturo regno del mondo, si lascia uccidere, tanta e la sua fiducia in quello che farà e potrà lo Spirito. Quale gioia al pensiero che questo onnipotente Spirito è all’opera dappertutto! Credenti e increduli, fedeli e infedeli, nessuno sfugge al suo influsso. Egli illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto;

– abbiamo contemplato questo Spirito all’opera ieri, negli altri, ma anche oggi, e sempre in movimento con le sue ispirazioni. Per esempio, in quel ragazzo cresimato ieri e che già si propone di diventare sacerdote; in quel giovane che a venti anni riesce a morire rassegnato; in quella madre al capezzale del suo piccino morente, che ringrazia Dio per averglielo dato almeno per alcune ore; in quella suora che sente la rinunzia quando vede una donna con il suo bambino; in quel povero peccatore che si getta vinto in un confessionale, e a cui lo Spirito non dà pace finchè non avrà cacciato tutti i suoi peccati. Quando sentiamo la voglia di pregare o di sorridere, la nostalgia di pulito o di perdono, il desiderio del bene e della generosità … e Lui, e lo Spirito, che ci tira dalla palude verminosa verso le altezze della grazia. Maria, salus infirmorum, ci protegga da ogni male! Buona Vita a tutti!

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