Agenda teatrale dall’1 al 7 febbraio 2016 in Campania, programmata dal Teatro Pubblico Campano

Teatro Carlo Gesualdo di Avellino
info 0825771620
Martedì 2 febbraio, ore 21.00

Teatro Verdi di Salerno
info 089662141
Da giovedì 4 a domenica 7 febbraio
(feriali ore 21,00 – festivi ore 18,30)

Fondazione Teatro di Napoli
presenta

Qualcuno volò sul nido del cuculo
di Dale Wasserman, dall’omonimo romanzo di Ken Kesey
traduzione Giovanni Lombardo Radice, adattamento Maurizio de Giovanni

con Daniele Russo, Elisabetta Valgoi

e con
Mauro Marino, Marco Cavicchioli, Giacomo Rosselli
Alfredo Angelici, Giulio Federico Janni, Daniele Marino
Antimo Casertano, Gilberto Gliozzi, Gabriele Granito, Giulia Merelli

uno spettacolo di Alessandro Gassmann

Qualcuno volò sul nido del cuculo è il romanzo che Ken Kesey pubblicò nel 1962 dopo aver lavorato come volontario in un ospedale psichiatrico californiano; racconta, attraverso gli occhi di Randle McMurphy – uno sfacciato delinquente che si finge matto per sfuggire alla galera – la vita dei pazienti di manicomio statunitense e il trattamento coercitivo che viene loro riservato.
Nel 1971 Dale Wasserman ne realizzò, per Broadway, un adattamento scenico, che costituì la base della sceneggiatura dell’omonimo film di Miloš Forman, interpretato da Jack Nicholson e entrato di diritto nella storia del cinema. Oggi, la drammaturgia di Wasserman torna in scena, rielaborata dallo scrittore Maurizio de Giovanni, che, senza tradirne la forza e la sostanza visionaria, l’ha avvicinata a noi, cronologicamente e geograficamente.
Randle McMurphy diventa Dario Danise e la sua storia e quella dei suoi compagni si trasferiscono nel 1982, nell’Ospedale psichiatrico di Aversa.
Alessandro Gassmann ha ideato un allestimento personalissimo, elegante e contemporaneo, e diretto un cast eccezionale. Il risultato è uno spettacolo appassionato, commovente e divertente, imperdibile, per la sua estetica dirompente e per la sua forte carica emotiva e sociale.
La malattia, la diversità, la coercizione, la privazione della libertà sono temi che da sempre mi coinvolgono e che amo portare in scena con i miei spettacoli. Temi tutti straordinariamente presenti nello spettacolo che mi accingo a mettere in scena, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Dale Wasserman, tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey, la cui versione cinematografica diretta da Miloš Forman è entrata di diritto nella storia del cinema.
Con Maurizio de Giovanni, che ha curato l’adattamento del testo, abbiamo deciso di ambientare la vicenda in una clinica psichiatrica italiana nel 1982. Tutto ha inizio con l’arrivo di un nuovo paziente che deve essere “studiato” per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata.
La sua spavalderia, la sua irriverenza e il suo spirito di ribellione verso le regole che disciplinano rigidamente la vita dei degenti, porterà scompiglio e disordine ma allo stesso tempo la sua travolgente carica di umanità contagerà gli altri pazienti e cercherà di risvegliare in loro il diritto di esprimere liberamente le loro emozioni e i loro desideri.
Dario (il mio McMurphy) è un ribelle anticonformista che comprende subito la condizione alla quale sono sottoposti i suoi compagni di ospedale, creature vulnerabili, passive e inerti.
Da quel momento si renderà paladino di una battaglia nei confronti di un sistema repressivo, ingiusto, dannoso e crudele, affrontando così anche un suo percorso interiore che si concluderà tragicamente ma riscatterà una vita fino ad allora sregolata e inconcludente.
E, attraverso di lui, i pazienti riusciranno ad individuare qualcosa che continua ad esser loro negato: la speranza di essere compresi, di poter assumere il controllo della propria vita, la speranza di essere liberi.
Un testo che è una lezione d’impegno civile, uno spietato atto di accusa contro i metodi di costrizione e imposizione adottati all’interno dei manicomi ma anche, e soprattutto, una straordinaria metafora sul rapporto tra individuo e Potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul condizionamento dell’uomo da parte di altri uomini. Un grido di denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere.
Come sempre lavorerò sui complessi rapporti psicologici tra i vari personaggi, immergendoli in uno spazio scenico realistico e asettico.
In questo caso, le videografie, che spesso utilizzo nei miei spettacoli, mi permetteranno di tradurre in immagini i sogni e le allucinazioni dei cosiddetti “diversi”. L’obiettivo che mi pongo è, come sempre, quello di riuscire a far emozionare un pubblico di ogni età, soprattutto i più giovani che forse non conoscono quest’opera che è un vero e proprio inno alla libertà.
Alessandro Gassmann

Teatro Ricciardi di Capua
Info 0823963874
Giovedì 4 febbraio, ore 21.00

Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli
Info 0974282362, 3383096807
Venerdì 5 febbraio, ore 20.45

Teatro delle Arti di Salerno
info 089221807
Sabato 6, ore 21.00, e domenica 7 febbraio, ore 18.30

Teatro Quirino, Compagnia Molière, ABC Produzioni
presentano

Lina Sastri in

La lupa
di Giovanni Verga

con Giuseppe Zeno

e con
Clelia Piscitello, Enzo Gambino, Eleonora Tiberia,
Simone Vaio, Giorgio Musumeci, Valeria Panepinto, Giulia Fiume

arrangiamenti musicali Franco Battiato, musiche Massimiliano Pace
scene e costumi Françoise Raybaud

regia Guglielmo Ferro

Da un punto di vista drammaturgico la figura della Lupa, che era già una figura femminile di rottura nella produzione verghiana, risuona oggi di grande attualità come ogni personaggio archetipo della letteratura.
Gnà Pina ha un fascino e una forza che emergono con grande facilità dal testo, consentendo un lavoro di riscrittura stimolante e creativo.
È lei oggi, fuori dalla Sicilia di Verga, una figura distruggente, che non ha nessuna attenuante né psicologica né storico-­‐sociale.
La Lupa è radicalmente feroce. Il suo fascino è esercitato su tutti coloro che le stanno vicino senza pietà, come un maleficio che porta sofferenza, dipendenza e morte. Il linguaggio poetico, fatto di canto e giochi di parole, che Gnà Pina utilizza per sedurre Nanni o quello crudo, violento, subdolo per sottomettere la figlia hanno in questa versione il ritmo adamantino di un sortilegio verbale.
La prosa è volutamente contemporanea nella scelta del lessico pur rimanendo ancorata all’impianto linguistico verghiano. Solo grazie alla presenza di Lina Sastri, una delle poche attrici in grado di sostenere un ruolo così complesso, in cui l’interprete deve interrogare gli strati più profondi della sua anima, si è potuto realizzare il progetto “Lupa”.
In quest’ottica drammaturgica la messinscena si gioca tutta su un’alternanza di luce e ombra, di sole e luna, che non è però dicotomia bene/male quanto piuttosto una scansione naturale della vita bestiale ruota intorno a La Lupa.
In Verga la lotta è sempre per la sopravvivenza. Tutti i personaggi sono buttati in mezzo a una terra desertificata a sbranarsi gli uni con gli altri, agiscono come gli animali per esigenze primarie: mangiare, dormire, riprodursi.
La Lupa impone le sue traiettorie, il suo territorio di caccia e condiziona gli spostamenti degli altri che ne subiscono la costante minaccia. Così ci sono due anelli concentrici: l’anello esterno quello della difesa dei ruoli, degli scontri feroci e anche il luogo della morte; e l’anello interno, il mondo notturno, la tana dove si allevano i cuccioli, si nascondono segreti e si consumano gli incesti.
Il buco nero del maleficio.
Guglielmo Ferro & Micaela Miano

Teatro Politeama di Torre Annunziata
Info 0818611737, 3381890767
Giovedì 4 febbraio, ore 20.45

Teatro Di Costanzo-Mattiello di Pompei
info 0818577725 – 3337361628
da venerdì 5 a domenica 7 febbraio
(feriali ore 20.30 – festivi ore 18.15)

Bibi’ Produzioni
presenta

Biagio Izzo in

L’amico del cuore
una commedia di Vincenzo Salemme

con Mario Porfito, Francesco Procopio

e con Antonella Cioli
regia di Vincenzo Salemme

L’amico del cuore è una commedia del 1991. Quando l’ho rappresentata la prima volta, nella stesso anno, era un atto unico e si intitolava “L’ultimo desiderio”. Negli anni successivi sentivo che la commedia aveva una potenzialità maggiore e decisi quindi di scrivere “L’amico del cuore”, ampliandola e separandola in due atti.
La prima volta che la rappresentai in questa forma era il 1995. Fu subito accolta con molto calore. Adesso mi si presenta la possibilità di metterla in scena come regista. Dalle prime letture mi sono reso conto che la commedia, dentro la trama comica, ha una vena di profonda cattiveria.
In questa edizione mi piacerebbe portare in superficie la crudeltà dei rapporti umani.
In questa edizione mi piacerebbe che Michelino Seta diventasse vittima di se stesso, di tutto ciò in cui ha finto di credere, di tutto il suo provincialismo culturale, di tutta la sua mentalità aperta ma solo a parole. E quindi mi piacerebbe che Roberto Cordova diventasse un uomo che coglie nella propria malattia (Deve subire un trapianto cardiaco con poche probabilità di sopravvivenza) un occasione di rivalsa nei riguardi dell’amico più fortunato, quell’amico del cuore, Michelino, che ai suoi occhi appare un uomo di successo per di più sposato con una donna bellissima.
I due sono amici dall’infanzia e probabilmente, Roberto, da sempre pensa che l’amico abbia avuto una vita più facile, più fortunata. Quale occasione migliore quindi per vendicarsi di quell’amico che si dice uomo aperto e democratico, quell’uomo che giudica la gelosia un sentimento barbarico, quale occasione migliore per dimostrare che le sue sono soltanto chiacchiere.
Quindi in definitiva mi piacerebbe che questa edizione fosse proprio un duello, in cui l’arma scelta dai contendenti non è la spada ma l’ipocrisia. Il tutto nella tessitura classica della commedia degli equivoci, dove ognuno dei personaggi si veste di un ruolo per nascondere la propria natura più profonda: un prete ambiguo che non ha deciso se essere “uomo o ministro di Dio”; un ragazzo di quattordici anni (malato del morbo di Matusalemme) che ne dimostra quaranta e crede di essere la reincarnazione di un merlo; la mamma di questo ragazzo legata ancora al ricordo del marito defunto, ma che alla prima occasione cede alle lusinghe di un tassista invadente e aggressivo.
E su tutti spicca Frida, IL SOGNO. Frida, la bellissima moglie di Michelino, Frida la bionda svedese, Frida ricordo di una Svezia del progresso, la Svezia della libertà, la Svezia senza tabù e senza peccato, Frida innocente e Frida che adesso…aspetta un bambino. E ad imbrogliare ancora di più la matassa interviene chi quella matassa la dovrebbe sbrogliare: la ginecologa, che dirà.
Infine, come mi capita di fare da qualche anno, mi piacerebbe anche in questo caso, aprire in qualche modo la commedia al pubblico, alla partecipazione del pubblico. Mi farebbe piacere cioè che questa commedia, per il pubblico in sala diventasse quasi un racconto, un aneddoto sul quale ognuno potrebbe essere chiamato ad esprimere la propria

opinione. Mi piacerebbe cioè che ognuno degli spettatori maschi si domandasse: ma se il mio amico del cuore, in punto di morte, mi venisse a chiedere, come ultimo desiderio, di andare a letto con mia moglie, cosa farei? E mi farebbe anche piacere sapere cosa ne pensa la moglie.
Vincenzo Salemme

Teatro Diana di Nocera Inferiore
info 3347009811
Venerdì 5 febbraio, ore 20.45

Teatro Carlo Gesualdo di Avellino
info 0825771620
Sabato 6, ore 21.00, e domenica 7 febbraio

Nuovo Teatro
diretta da Marco Balsamo
in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola di Firenze
presentano

Stefano Accorsi in

Decamerone
vizi , virtu , passioni
liberamente tratto dal Decamerone di Giovanni Boccaccio

e con
Silvia Ajelli, Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Fonte Fantasia, Mariano Nieddu

adattamento teatrale e regia di Marco Baliani

drammaturgia Maria Maglietta
scene e costumi Carlo Sala
disegno luci Luca Barbati

Progetto “grandi italiani” di Marco Baliani, Stefano Accorsi, Marco Balsamo
Ariosto ORLANDO FURIOSO, Boccaccio DECAMERON, Machiavelli IL PRINCIPE

Le storie servono a rendere il mondo meno terribile, a immaginare altre vite, diverse da quella che si sta faticosamente vivendo, le storie servono ad allontanare, per un poco di tempo, l’alito della morte.
Finchè si racconta, finchè c’è una voce che narra siamo ancora vivi, lui e lei che racconta e noi che ascoltiamo.
Per questo ci si sposta da Firenze verso la collina e lì si principia a raccontare.
La città è appestata, la morte è in agguato, servono storie che facciano dimenticare, storie di amori ridicoli, erotici, furiosi, storie rozze, spietate, sentimentali, grottesche, paurose , purchè siano storie, e raccontate bene, perchè la vita reale là fuori si avvicina con denti affilati e agogna la preda.
Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone di Boccaccio perchè oggi ad essere appestata è l’intera società. Ne sentiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le conventicole, le mafie, l’impudicizia e l’impudenza dei potenti,la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare.
In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti.
Per ricordare che possediamo tesori linguistici pari ai nostri tesori paesaggistici e naturali, un’altra Italia, che non compare nei bollettini della disfatta giornaliera con la quale la peste ci avvilisce.
Per raccontarci storie che ci rendano più aperti alla possibilità di altre esistenze, fuori da questo reality squallido in cui ci costringono a recitare come partecipanti di un globale Grande Fratello.
Perchè anche se le storie sembrano buffe, quegli amorazzi triviali e laidi, quelle puzzonate, quelle strafottenti invenzioni che muovono al riso e allo sberleffo, mostrano poi, sotto sotto, come in tutte le grandi storie, il mistero della vita stessa, un’amarezza lucida che risveglia di colpo la coscienza,
facendoci di botto scoprire che il re è nudo, e che per liberarci dall’appestamento, dobbiamo partire dalle nostre fragilità e debolezze, riconoscerle, farci un bell’esame, ridendoci sopra, e digrignando i denti, magari uscendo da teatro poco indignati ma ragionevolmente incazzati, anche con noi stessi.
Marco Baliani

Teatro Magic Vision di Casalnuovo
Info 0818030270, 3292180679
Venerdì 5 febbraio, ore 20.45

Teatro Gloria di Pomigliano D’Arco
Info 0818843409
Sabato 6 febbraio, ore 20.45

Arteespettacolo e Prospet Produzione Spettacolo
presentano

Filumena Marturano
di Eduardo De Filippo

con Gloriana (Filumena Marturano) e Nello Mascia (Domenico Soriano)

e con Cloris Brosca (Rosaria Solimene) e Giancarlo Cosentino (Alfredo Amoroso)

e Ferdinando Maddaloni (Avvocato Nocella), Francesca Golia (Diana), Antonio D’Avino (Michele), Antonio Filogamo (Umberto), Gianluca d’Agostino (Riccardo), Rossella Amato (Lucia, cameriera), Valentina Elia (Teresina, sarta), Sergio Caporaso (facchino)

musiche James Senese, scenografia Raffaele Di Florio
costumi Luca Sallustio, disegno luci Lucio Sabatino
aiuto regia Ferdinando Maddaloni

regia Nello Mascia

Filumena Marturano è tra i lavori di Eduardo più conosciuti e apprezzati. E’ stato proprio l’erede del grande maestro, Luca De Filippo, a concedere i diritti di rappresentazione all’attrice Gloriana in scena insieme a Nello Mascia, che ha accettato il doppio ruolo di protagonista maschile (Domenico Soriano) e di regista.
Il 1946 fu un anno fondamentale della Storia d’Italia. Proprio in quell’anno l’Assemblea Costituente dibatteva il tema del diritto-dovere di riconoscimento dei figli illegittimi.
Eduardo scrisse Filumena in pochi giorni, in un impeto creativo folgorante, che lo teneva sveglio anche di notte. L’opera è costruita all’interno di un quadro socio-culturale molto ben definito.
La contrapposizione di due mondi: la Napoli dei “bassi” trasudanti miseria e dignità e la città “bene”, spensierata e inconsapevole che sfrutta ed umilia lo stuolo dei concittadini poveri. Due culture che non hanno possibilità di incontrarsi. Commedia sociale, la definì a giusta ragione Eduardo, ma anche commedia di sentimenti.
L’istinto materno è infatti la sola molla che fa ribellare Filumena dopo anni di silenziosa sottomissione, inducendola all’inganno che è la sola via per assicurare un cognome ai tre figli generati di nascosto da tutti.
Nel teatro eduardiano Filumena è l’unica protagonista femminile. Ed è lei la vessillifera di valori che i maschi sembrano aver dimenticato. Il coraggio, la dignità, il desiderio di riscatto. Medea al rovescio, non sacrifica i suoi figli, ma lotta per assicurare loro stabilità, rispetto un posto non subalterno nella società.
Commedia rivoluzionaria. Filumena non può niente se usa i mezzi della cultura borghese. La legge non è mai stata dalla parte della povera gente, ma potrà avere tutto, usando la forza dei sentimenti. Farà leva sul tema della paternità, e, solo in quel punto, Domenico Soriano cederà. Filumena ha ottenuto quello che desiderava. Ora, finalmente, potrà piangere.

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