Buon Lunedì

Buongiorno a tutti amici! Desidero iniziare questa settimana con una nuova corrente artistica, ossia “L’arte romantica”, sottoponendovi uno dei suoi maggiori artisti Francesco Hayez e la sua opera “Il bacio”.
L’arte romantica si sviluppa verso la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo in Germania, per poi diffondersi in Francia, Inghilterra, Italia e Spagna. L’arte romantica investe principalmente la pittura, per quanto abbia dato impulso ad un nuovo modo di concepire l’architettura e il restauro.
La stagione romantica, preludio all’Arte moderna propriamente detta, si configura per dei tratti essenziali che connotano, più in generale, tutta la corrente del romanticismo:
• Rapporto uomo-natura: la natura viene letta in chiave romantica come l’espressione del divino in terra, l’immanenza dell’assoluto nel mondo sensibile, di cui l’uomo non è che una caduca manifestazione. La natura con la sua bellezza fa scaturire nell’uomo sentimenti contrastanti in grado di terrorizzarlo quanto di rasserenarlo. Il catastrofismo, in particolare, suscita nell’animo umano un senso di inquietudine misto a orrore, ma là dove l’uomo riesca a cogliere in tutto ciò una qualsivoglia forma di bellezza, si realizza il concetto di sublime, così come teorizzò Edmund Burke.
• Ritorno al passato medievale: si traduce in un vero e proprio tuffo nella fede, con opere che esprimono il bisogno di riconciliare l’uomo con Dio, un rapporto che è possibile ricucire in virtù di una ritrovata spiritualità. Si riprende il concetto di vanitas, così com’era percepito dal Masaccio e da altri artisti del primo Rinascimento, ossia l’ineluttabilità della morte. In pittura si è fatto largo uso di ruderismo per esprimere al meglio l’impossibilità dell’uomo e, più in generale, di tutte le opere umane, di fuggire alla decadenza. L’assenza di una netta prevalenza di uno stile rispetto a quello passato significò in architettura la compresenza nello stesso edificio di due generi a volte antitetici: si parla quindi di eclettismo storicistico.
• Aspirazione all’assoluto e all’infinito: l’idea che lo spirito assoluto sia il modo con cui diviene la realtà è un’istanza propria dell’idealismo e traccia un filo comune a tutti i caratteri dell’arte romantica. L’uomo è una tappa necessaria dello spirito che se ne serve per perfezionarsi: l’essere umano vive in funzione di un infinito processo di automiglioramento dello spirito che immane alla realtà, una perenne tensione verso la perfezione (titanismo).
• Senso di libertà e nazione: il nazionalismo così come veniva interpretato agli inizi dell’Ottocento ha poco a che fare con la sua degenerazione di fine secolo. Alla base dell’idea di nazione stava il principio di autodeterminazione dei popoli, per cui una comunità di individui unita nei costumi, tradizioni e religione definiva la nazione. La pittura romantica fu in alcuni casi particolarmente legata a fatti di cronaca recente in cui erano riportati questo tipo di episodi. Il contesto storico, più che negli altri casi, giocò un ruolo fondamentale: il Congresso di Vienna aveva cancellato tutte le conquiste della Rivoluzione francese e aveva ristabilito un ordine anacronistico rispetto alla mentalità dell’epoca.
Come abbiamo sopra segnalato, uno dei maggiori esponenti di detta corrente artistica è Francesco Hayez.
Francesco Hayez, pittore romantico, classicheggiante, nasce a Venezia, nella parrocchia di Santa Maria Mater Domini il 10 febbraio 1791.

Ultimo dei cinque figli di una povera famiglia, viene affidato a una sorella benestante della madre, moglie di un commerciante d’arte. E’ nella bottega di questo zio che il piccolo Francesco, crescendo all’ombra di tanti quadri, manifesta una naturale inclinazione al disegno. L’educazione artistica del ragazzo viene affidata a pittori locali, ma la sua vera scuola è la galleria del palazzo Farsetti, che ospita una grande collezione di gessi statuari, tratti dai modelli dei musei di Roma, dove si esercita per ore a copiarli.

Nel 1803, dodicenne, segue un Corso di Nudo nella vecchia Accademia e, sotto la guida di Lattanzio Querena, comincia ad usare i colori; tre anni dopo viene ammesso ai corsi di pittura della Nuova Accademia di Belle Arti, appena costituitasi: il suo maestro di figura è Teodoro Matteini, pittore preromantico, famoso come ritrattista, parzialmente influenzato dalla pittura inglese contemporanea.

Nel 1809 partecipa ad un concorso per tre posti di allievi a Roma, indetto dall’Accademia di Venezia. Il concorso è affollato, ma Francesco vince il premio consistente in tre anni di studi a Roma. Francesco Hayez a Roma vive come in un bosco incantato: visita tutto ciò che è visitabile, copia di tutto, specialmente gli affreschi di Raffaello nelle stanze Vaticane. A Tivoli, a pochi Kilometri da Roma, prende alloggio nel tempio della Sibilla e riempie blocchi con schizzi dei ruderi antichi.
Fa amicizia con altri pittori che diventeranno famosi come Pinelli ed Ingres e Antonio Canova lo prende a benvolere diventa il suo principale protettore.

Nel 1813, anche se il soggiorno di studio è terminato si ferma a Roma dove vince un premio di nudo e comincia a dipingere su commissione.

Le opere giovanili di Hayez seguono il gusto moderato e popolare del tempo, vicino anche nello stile, agli influssi classicheggianti di Canova e Ingres, oltre a quelli dei maestri rinascimentali a metà tra il distacco neoclassico e l’inclinazione sentimentale. Nella scelta dei soggetti Hayez propone temi moderni collocati in contesti medioevali, ispirati alla storia nazionale, alla letteratura, al teatro, inserendo chiari messaggi patriottici.

Nel 1817 sposa a Roma Vincenza Scaccia appartenente ad una ricca famiglia borghese e comincia a viaggiare per l’Italia del Nord dove affresca case patrizie.

Nel 1820 espone a Milano, conoscere i protagonisti della vita milanese e ne ricava numerose commissioni, vive a Venezia dove organizza un proprio studio dove prepara quadri per le esposizioni che terrà ancora a Milano.

Nel 1822, nominato supplente per due anni all’Accademia di Brera, si trasferisce con la famiglia a Milano dove i suoi lavori, compresi gli affreschi di Palazzo Reale, gli danno una notevole fama che gli porterà la nomina a Socio Corrispondente dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli nel 1831, eletto membro dell’Accademia di Vienna e ricevuto dall’Imperatore e da Metternich nel 1836, Accademico Ordinario di Brera nel 1838.

Nel 1840, va a lavorare a Napoli, impegnato dal principe di Sant’Antimo. Alla moglie, rimasta a Milano, scrive lettere affettuose nelle quali racconta di come ai principi in questione piaccia la sua “finitezza, questa mia delicatezza di cui io stesso mi compiaccio”.
Le composizioni cromatiche dei suoi dipinti sono studiate su accostamenti molto gradevoli e accattivanti, la combinazione dei colori segue regole rigorose, calibrati sempre secondo principi di equilibrio visivo impeccabile.

Ma accanto alle scelte di carattere estetico, i colori di Hayez sono spesso veicolo di messaggi politici, assumendo una specifica funzione simbolica: sono frequenti le allusioni al tricolore, che declamano l’unità d’Italia, tra i sui personaggi storici o biblici si possono riconoscere i volti di noti esponenti politici sostenitori del Risorgimento.

Nel 1855 assume la direzione interinale dell’Accademia di Brera, nel 1860 viene nominato professore dell’Accademia di Bologna, gli viene affidata la direzione di Brera e comincia a sentire il peso degli incarichi.

Nel 1867 rinuncia alla nomina di giurato all’esposizione internazionale di Parigi perché, come scriverà, è vicino agli ottant’anni e di salute cagionevole, deve restare accanto alla moglie, da due anni molto malata.

Nel 1868 è nominato cavaliere dell’Ordine Civile dei Savoia e nel 1869 muore la moglie Vincenza, da lui sempre chiamata affettuosamente Cencia.

Nel 1873 adotta Angiolina Rossi, nubile, nata nel 1841. Dona alcune delle sue opere a Brera, fa un ultimo viaggio a Napoli, visita ancora una volta Roma, Pisa e Genova.

Muore il 21 dicembre del 1882, carico di anni e di onori.

Nel 1890, nella piazzetta di Brera, viene inaugurato il suo monumento, opera dello scultore Francesco Barzaghi.

Nel 1934 Milano gli dedica una grande mostra al Castello Sforzesco, esponendo 98 dipinti del pittore, mentre le sue opere hanno preso posto nei migliori musei del mondo.

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