COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA PROSSIMA, 14 C.M., DI DON FRANCO GALEONE

14 aprile 2019  – DOMENICA DELLE PALME (C)

PASSIO CHRISTI PASSIO HOMINIS

a cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano

השורשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

Prima lettura:  Non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare deluso! (Is 50, 4). Seconda lettura:  Cristo umiliò se stesso, per questo Dio l’ha esaltato (Fil 2, 6). Terza lettura:  Benedetto colui che viene nel nome del Signore!(Lc 22, 14).

1)  Comincia, con la domenica delle Palme, la Settimana Santa, la Set­timana Maggiore. Il testo fondamentale di questa storia è il racconto del Passio. Quando rileggo il lungo racconto della Passione, il libro mi si cancella di mano. Mi ritrovo nella chiesa della mia infanzia, ove mi pare di riascoltare la lettura del Passio a varie voci (Cristo, lo storico, la folla). Qualche volta io stesso ho partecipato a quelle letture. Quello che mi è rimasto dentro, e mi fa ancora vibrare, è il Passio che udivo, da bambino, nella mia chiesa. Era e rimane una lettura terribile e stupenda. Una volta la fece il mio professore di italiano, che non sapevo fosse religioso (e forse non lo era). Da allora gli volli bene come un padre e lo vidi quasi intrecciato alla storia della mia vocazione. In nessuna letteratu­ra esiste sicuramente qualcosa che per densità, rapidità, drammatici­tà sia paragonabile al racconto della Passione. Quanto devo alle emozioni di quel Passio, che si ripete ogni domenica delle Palme! Se ho mai scritto qualcosa di valido, il meglio l’ho imparato da quelle pagine di miserie e di nobiltà.

2) La liturgia di questa domenica delle Palme è come un portale solenne che ci introduce nella Settimana Santa. Centro della liturgia è la lettura della passione di Gesù secondo Luca, una narrazione che parla da sola, attraverso la forza degli eventi stessi. E’ difficile, impossibile, mostrare tutte le sfumature degli episodi e dei personaggi. E’ vero quanto ha scritto lo studioso tedesco Martin Kähler, secondo cui i vangeli sono la narrazione della passione con una estesa introduzione. Senza la morte e risurrezione, Gesù sarebbe al massimo un grande maestro di vita e di pensiero! Perciò il riferimento alla Passione del Signore non è facoltativo ma essenziale. Nella sua passione  ci viene rivelata la gloria che ci aspetta, avvolta però nelle tenebre della sconfitta ma,  già con la crocifissione, questo disegno di salvezza si realizza: Gesù sollevato da terra è davvero il re, e attira tutti a sé: Quando sarò sollevato, attirerò tutti a me.

3) In questa domenica delle Palme, proviamo a riflettere sulla nostra fede, immersa nelle contraddizioni della storia. La passione e morte di Gesù sono il segno della sua reale umanità e della sua autentica fraternità con noi. Soffrire, morire, sono il segno della finitudine umana, sono la carta di identità della sua e nostra vita. Il Cristo non è un’idea o un mito o una meteora, ma una persona concreta, innervata nelle nostre coordinate spazio-temporali. Scrive Ferruccio Parazzoli: Non è una religione di fantasmi la nostra, non di anime spoglie e rilucenti, ma di corpi, questi nostri corpi così come sono, gloriosi e miserabili (dal romanzo “Il giro del mondo”).

4) La passione del Signore è lo svelamento della violenza che coinvolge, in una medesima complicità, i potenti e le vittime dei potenti: i soldati che offendono Gesù sono vittime anch’essi dei potenti, sono dentro la loro ideologia; così anche la turba che chiede Barabba libero al posto di Gesù. Nessuno si illuda! Anche stare fermi o nascondersi è compiere violenza. Anche l’eremita vi contribuisce con la sua solitudine. Non si esce da questo mondo! Occorrono molti colpi di martello per configgere un chiodo; molti colpi di frusta per piagare una spalla; molte spine per formare una corona. E l’uomo fa parte di questa umanità che condanna l’Uomo! Non ha importanza che tu sia di quelli che colpiscono o di quelli che guardano.

5) La figura di Gesù ci appare davvero superiore, totalmente libera dalle nostre miserie. E’ il giusto, ma non di una giustizia legale o morale; la sua giustizia è tale da sembrare pazzia. E’ impressionante l’episodio di Erode che veste Gesù da pazzo: la diversità di Gesù è così radicale da sembrare pazzia, e non solo ad Erode. Certo, noi lo inseriamo nelle nostre nicchie dorate, lo rivestiamo di paludamenti regali, lo raffiguriamo in immagini mielose. Ma, così facendo, lo tradiamo. La storia delle devozioni a Gesù è una lunga storia di travisamenti. Solo la fede supera queste deformazioni, e intravede in Gesù la risposta alle nostre inquietudini. Egli è diverso, nemmeno i discepoli lo comprendono. Gesù morì senza che i suoi lo comprendessero; per comprendere Gesù, occorre lo Spirito. Questa è la nostra piccola, infinita fede. Questa è la nostra verità, non spendibile nell’attuale società, perché con essa non si fa né politica né filosofia né diritto né carriera, ma si ottiene quello che veramente importa: l’ingresso nel Regno.

6) Incomincia la passione di Cristo. Voi, che parte intendete prendere alla sua sofferenza? Il Vangelo non è una leggenda o una storia passata: è una profezia. Ci dice quanto è avvenuto, e ci predice quanto sempre avverrà. Come Dio tratta l’uomo, e come l’uomo maltratta Dio! Tutti noi siamo descritti nel Vangelo: siamo previsti e nominati, basta che apriamo il Vangelo perché possiamo riconoscerci. Vediamo anzitutto i milioni di indifferenti, di vili, la silenziosa maggioranza di quelli che se ne lavano le mani, e che sono i veri responsabili, perché tante ingiustizie non si commetterebbero, se i giusti alzassero la loro voce: la tracotanza dei pochi poggia sulla indifferenza dei molti. Poi, migliaia di gente che sta in disparte; gente che nei momenti difficili, come l’apostolo Pietro, non conosce quell’Uomo. Tutta gente perbene, va in chiesa, partecipa alle processioni, si entusiasma per i miracoli, organizza gite turistico-culturali a Lourdes o a Fatima, ma quando c’è la croce e il sangue, quando non ci sono più miracoli, quando l’unico miracolo è la fedeltà a prova di croce, allora l’unico coraggio è quello della fuga. C’è anche qualche migliaio di carnefici; questi non mancano mai, e sono sempre gli stessi: il povero bruto con la sua frusta, lo scienziato con la sua scienza votata allo sterminio, il funzionario con il suo implacabile regolamento, lo sciocco con la sua morbosa curiosità, il medico con i suoi ferri abortivi, il generale con le sue medaglie sul petto e i cadaveri sulla coscienza. E’ la medesima vittima, dolorosa, infinitamente paziente ed amante, che volge a noi uno sguardo di tenerezza, di rimprovero, di attesa.

  1. Quante vittime sempre e sempre di più. Giusti sofferenti, innocenti perseguitati, milioni di orfani, di mutilati, di profughi, di bambini bruciati, di guerre fredde e calde, di scudi spaziali, di guerre stellari. Ma perché andare tanto lontano? Guardiamoci attorno, in casa nostra: non c’è nessuno che soffre, che piange, che ha fame? C’è tanta spazzatura umana, che aspetta di essere affettuosamente raccolta. Chi sarà per loro la Veronica o il Cireneo? Il tempo stringe, si distribuiscono le parti. Bisogna assolutamente scegliere. Bisogna scommettere, ci ricorda lo scienziato convertito B. Pascal! Chi sarà Giovanni, chi Pietro, chi Giuda? Che fortuna! Possiamo scegliere la nostra parte; possiamo essere quello che vogliamo; possiamo diventare nella immensa folla degli indifferenti il servo fedele, il cuore attento, il viso amoroso. Su, andiamo! Non è la fede che ci manca, è solo il coraggio. Non è possibile che Dio sia nuovamente colpito, tradito. Anche la prima volta non ci potevano credere, ma lo hanno fatto; la prima volta e tutte le altre volte si è sempre pensato che si trattasse di un altro: Ho avuto fame, sete, e tu non mi hai aiutato! Abbiamo trascorso una vita intera nel cristianesimo, compiacendoci di pensare Gesù in trono sulle nubi del cielo; ed invece egli è stato sempre sulla terra, nascosto nel pane e nel vino, disprezzato nell’ultimo, misconosciuto nell’emarginato.

8) Ecco, siamo forzati a decidere, con lui o contro di lui, a dichiarare il nostro nome, il nostro partito. Se in questa Pasqua riusciamo a compiere questo salto nel buio accecante della fede, conosceremo una vita nuova; per la prima volta saremo felici di soffrire, di condividere le sofferenze. Ci capiterà come a Simone di Cirene. In principio, stupito, umiliato di dover portare la croce, provava in sé ribellione e debolezza. Ma poi la sua attenzione si volse a quell’Uomo che gli camminava davanti, trascinandosi in silenzio, a quel Compagno di viaggio, il cui silenzio lo impressionava. Imparò ad osservare l’Altro, la sua instancabile pazienza, la sua prodigiosa capacità di soffrire e di perdonare. Sentì il fascino della sua forza e dolcezza avvolgerlo; sentì il bisogno di avvicinarlo, e se prima non aveva visto che la croce, alla fine non vide che Cristo, e fu felice di stare con lui, compagno di croce e di caduta. Questa è la nostra religione: sapere che niente dà tanta gioia come la καλύτερα9) Nella domenica delle Palme la Chiesa inizia la Settimana Santa ricordando l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Quest’entrata nella capitale è un fatto di speciale significato; per questo motivo lo ricordano i quattro vangeli (Mc 11,1-11; Mt 21, 1-11; Lc 19, 28-38; Gv 12, 12-19). Ma lo ricordano associandolo ad un fatto di importanza fondamentale: l’atteggiamento violento di Gesù nel Tempio, cosa che si dice anche nel racconto del vangelo di Giovanni (Mc 11, 15-19; Mt 21, 12-17; Lc 19, 45-48; Gv 2, 13-22). Frequentemente si parla di purificazione del Tempio, che sarebbe quello che Gesù aveva fatto al suo arrivo a Gerusalemme. Ma quell’incidente così duro non fu considerato come una purificazione, ma come una distruzione. I testi lo dicono molto chiaramente: in essi non si parla di purificazione Καθαρίζω (katharízo), ma di distruzione Καθαλύo (katalúo). Lo stesso Gesù aveva detto che del Tempio non rimarrà pietra su pietra (Mc 13,2; Mt 24,2; Lc 21,6). Gesù non vuole il culto sacro del Tempio, ma il culto in spirito e verità, che è il vero culto (Gv 4, 19-24). Il luogo (sacro o profano) perde la sua importanza. Si incontra Dio nella persona, nella vita, nell’umanità di Gesù e nel rispetto, nella bontà e nell’affetto verso ogni essere umano (cf. M. Theobald, H. Thyen, J. Zumstein). Il ricorrere alla processione di Gesù salito sull’asinello ha deviato l’attenzione dei cristiani verso un ricordo poetico ed emotivo, che non cambia per nulla le nostre vite e non ci avvicina al significato profondo del Vangelo. Buona vita!

 

 

הוֹרני יהוה דרך חקיךָ ואצרנה עקב׃ (Ps.119,33)

Insegnami, Signore, la tua volontà, e io la eseguirò!

 

 

 

 

 

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *