… Ed è “Giorno della Memoria”…

Correva l’anno 1933. In Germania, il 30 gennaio, Hitler, nominato cancelliere dal presidente Hindenburg, assunse la guida del governo tedesco. Il 5 marzo, a seguito di nuove elezioni, il partito che aveva fondato (NSDAP ‘nazionalsocialista’), ottenuto il 43,9% dei suffragi, si attestò alla guida della Nazione. Il giorno 22 dello stesso mese di marzo, a Dachau, fu aperto il primo campo di concentramento per ‘ospitare’ politici, criminali, omosessuali, testimoni di Geova, mendicanti, vagabondi, ambulanti, zingari e … Nel corso del medesimo anno, intuito il ‘disegno’ di Hitler, e fino a tutto il 1939, ben 355.278 ebrei tedeschi abbandonarono le loro case, 80.860 ebrei polacchi partirono per la Palestina e 51.747 ebrei europei si rifugiarono in America latina; nel biennio 1938-39, circa 35.000 ebrei emigrarono fra la Boemia e la Moravia e circa 20.000 ebrei trovarono accoglienza a Shanghai. Morto (2 agosto 1934) il presidente Hindenburg, Hitler, conservando sempre la carica di primo ministro, si autoproclamò presidente. L’anno successivo, il 14 novembre, i nazisti etichettarono ebreo chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità ebraica al 15 settembre 1935, o vi si fosse iscritto dopo; chiunque fosse sposato con un ebreo al 15 settembre 1935 o dopo questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un ebreo prima e/o dopo il 15 settembre 1935. Cominciò una caccia spietata, un vero e proprio piano di sterminio, alla persona mediante rastrellamenti capillari, mirati, segnalati anche da familiari, amici, delatori, esseri abietti, ignobili. Tutti, indistintamente, dai più piccoli ai più avanzati negli anni, sia uomini che donne, furono sradicati dai loro ambiti, caricati su camion ed avviati, una volta trasferiti su vagoni già usati per gli animali, non solo a Dachau ma presso tanti altri campi successivamente realizzati (dalla Germania alla Polonia, ecc.). Qui, prima di essere immolati, sterminati, furono sottoposti ad angherie tali che diventa impossibile definire a parole. Lo scrittore statunitense di cultura ebraica Elie Wiesel, deportato ad Auschwitz – ebbe tatuato sul braccio sinistro “A-7713” – e sopravvissuto, significò lo sterminio come ‘olocausto’ (… è il sacrificio di Isacco). Tuttavia, a molti, tra i quali Primo Levi, il termine non piacque e fu Shoah (… in ebraico: distruzione). Si calcola che furono uccisi sei milioni di ebrei e cinque milioni di altri civili, tra i quali zingari e omosessuali. Dei sei milioni di ebrei assassinati, il triste primato spetta alla Polonia, con tre milioni di vittime (il 91% della popolazione ebraica), seguita dall’Unione Sovietica (37%). Gli italiani ebrei uccisi furono 7.680 (17%). Intanto, il 27 gennaio dell’anno 1945, i soldati dell’Armata rossa – i primi a entrare nel campo di Auschwitz – si trovarono di fronte ad uno spettacolo raccapricciante, inenarrabile: quattro edifici rasi al suolo dai nazisti in fuga, mucchi di cadaveri e uomini scheletrici che vagavano. Alla fine della guerra, tra il 20 novembre 1945 ed il 1ottobre 1946, furono avviati i primi processi presso il Tribunale militare internazionale. Seguirono i Processi del dopo Norimberga, svolti dinanzi al Tribunale Militare di Norimberga. Altri processi sono stati incardinati presso tanti altri tribunali definiti con sentenze di condanna. E c’è stato anche chi si è adoperato per dare la caccia e trovare – indagando sulle protezioni assicurate – gli ufficiali-carnefici, amorali e dal cuore di pietra, che si erano macchiati di cotanti crimini. La Repubblica italiana, ‘al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati’, ha promulgato la legge n. 211 del 20 luglio 2000 che riconosce il 27 gennaio di ogni anno il “Giorno della Memoria” sì ‘da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere’. A tal fine, preannunciato da ‘mai più’ e ‘per non dimenticare’, sono previsti incontri, manifestazioni ed eventi vari, testimonianze, ecc..‘Non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo affinché il passato non abbia mai più a ripetersi’ è stato uno dei passaggi del messaggio inviato al Presidente della Comunità ebraica di Roma, Leone Paserman, dall’on. C. A. Ciampi in qualità di Presidente della nostra Repubblica. Il vecchio Podestà – di nostra cara e indimenticabile memoria – andò gridando come un forsennato per le strade del paese, invitando la popolazione a fuggire e, a qualcuno che gli chiedeva il perché, rispondeva: ‘Scappate, scappate, fuggite’ – gridava correndo come un forsennato per le strade del paese alla popolazione un vecchio Podestà – ‘non potete immaginare quello che di orribile hanno visto i miei occhi’. Memoria e ricordo del passato, dei tragici eventi dagli effetti devastanti e debordanti, degli obbrobriosi orrori commessi dissimulati da una guerra sfociata in assassinii degni di una criminalità organizzata. Secoli fa ‘crociate’, quindi guerre intestine per poteri e sottopoteri vari, fratelli contro in sottoguerre partigiane e religiose. Ed ancora, razzismo, antisemitismo, deportazioni, sterminio, rappresaglie, foibe, persone private di ogni diritto e dignità. Il tutto, frutto non di ideologie e nemmeno di un credo religioso ma di ben altro. Difficile rammentare, ascoltare le ‘storie’ dei pochi sopravvissuti ai campi di concentramento che, fra mille peripezie, riuscirono a ritornare nelle loro case, a riabbracciare i propri cari. No, i nostri orecchi e le nostre menti hanno perduto quell’elasticità – non sensibilità – per prestare un minimo di attenzione a quelle testimonianze che ci portavano e ci portano a ricordare tutto quello ed altro ancora che avevamo rimosso. Allora, più che porci la domanda ‘viviamo per ricordare o per dimenticare’? che porterebbe soltanto a sterili dispute senza che ci si possa staccare dalle proprie idee e comprendere – come si dovrebbe – il pensiero altrui, nell’avviarci ad ascoltare le relazioni dei proff. Maria Rosaria Fazio e don Franco Galeone (stasera, martedì 27, ore 19:30, in Caserta presso la Sala convegni della Parrocchia Gesù Buon Pastore) sull’interessante tema “Chi non ricorda, è destinato a ripetere gli stessi errori e orrori! La vita tra ragione e follia”, non possiamo fare altro che pregare l’ “ASTRO DEL CIEL, PARGOL DIVIN” affinchè “DONI LUCE ALLE MENTI E INFONDA PACE NEI CUOR” .

Paolo Pozzuoli

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