ELIO VITTORINI

Biografia  Il poliedrico

Elio Vittorini, scrittore italiano, è nato a Siracusa il 23 luglio 1908. Figlio di un ferroviere e primo di quattro fratelli, passò l’infanzia in varie località della Sicilia seguendo gli spostamenti del padre; poi, nel 1924, fuggì improvvisamente dall’isola (utilizzando i biglietti omaggio cui avevano diritto i familiari dei dipendenti delle ferrovie) per andare a lavorare in Friuli Venezia Giulia come edile. Manifestò la propria vocazione letteraria precocemente collaborando, fin dal 1927, a diverse riviste e, grazie all’amicizia con il già affermato Curzio Malaparte, anche al quotidiano “La Stampa”.

Il 10 settembre 1927, dopo una fuga architettata per potersi sposare subito, viene celebrato il matrimonio “riparatore” con Rosa Quasimodo, la sorella del celebre poeta Salvatore. Nell’agosto del 1928 nascerà il loro primo figlio, chiamato, in omaggio a Curzio Malaparte, Giusto Curzio.

Più avanti, in un intervento del 1929, intitolato “Scarico di coscienza” e pubblicato sull'”Italia letteraria”, già delineava le proprie scelte culturali, difendendo i nuovi modelli novecenteschi, contro gran parte della tradizione letteraria italiana.

Un suo primo racconto fu pubblicato su “Solaria”, e per le edizioni della rivista uscì, nel ’31, una prima raccolta di brevi narrazioni, recante il titolo “Piccola borghesia”; nel ’32 scrisse “Viaggio in Sardegna”, pubblicato quattro anni dopo insieme a “Nei morlacchi” (ristampato nel 1952 col titolo “Sardegna come infanzia”). Così Vittorini diviene un “solariano” e – come racconta egli stesso in un suo scritto- “solariano negli ambienti letterari di allora, era parola che significava antifascista, europeista, universalista, antitradizionalista…”. Vittorini comincia dunque ad essere considerato “uno scrittore tendenzialmente antifascista” (anche per il suo oggettivo impegno contro il regime).

Nel 30, intanto, era uscita l’antologia, da lui curata insieme a Enrico Falqui, “Scrittori nuovi” mentre in contemporanea avviene la pubblicazione a puntate, sempre sulla rivista fiorentina, del suo primo romanzo, “Il garofano rosso” (1933-34), testo che provocò il sequestro del periodico per oscenità (il romanzo fu poi edito in volume nel 1948).

Intanto, Vittorini sviluppa il suo famoso amore per l’America e la sua produzione artistica. Anche se il suo rapporto con l’inglese non fu mai completo, nel senso che malgrado lo studio assiduo di questa lingua non riuscì mai a parlarla correttamente ma solo a leggerla, in quella lingua tradurrà decine di libri, che vanno dalla opere di Lawrence a Edgar Allan Poe, da Faulkner al Robinson Crusoe. Questa sua funzione di traduttore e di divulgatore della letteratura d’oltreoceano ha giocato un ruolo importantissimo per lo svecchiamento della cultura e della letteratura italiana, asfitticamente rivolta al proprio “particulare” anche e soprattutto a causa della politica soffocante del regime mussoliniano.

Nello stesso tempo, parallelamente all’analogo lavoro che stava svolgendo Cesare Pavese nella stessa direzione, l’introduzione di moduli narrativi estranei alla nostra tradizione e l’irrompere dello stile di vita americano attraverso i romanzi, produrrà il mito appunto dell’America, vista come una civiltà avanzata e culturalmente progredita, pur con tutte le sue contraddizioni; laddove il panorama italiano risultava ancora rurale e ancorato a vecchie e superate tradizioni.

Sulla scia di queste convinzioni e di queste influenze culturali, negli anni 1938-40 scrisse il suo romanzo più importante “Conversazione in Sicilia” (apparso a puntate su “Letteratura” tra il ’38 e il ’39 e poi pubblicato nel 1941), al centro del quale pose il tema del “mondo offeso” dalle dittature e quello delle responsabilità individuali dell’uomo di cultura. Quei temi furono poi ripresi nel romanzo “Uomini e no” (1945), nel quale Vittorini rielaborò la propria esperienza di combattente nella Resistenza.

Durante la guerra, infatti, svolse attività clandestina per il partito comunista. Nell’estate del ’43 Vittorini era stato arrestato, ma rimase nel carcere milanese di San Vittore fino a settembre. Tornato libero, si occupò della stampa clandestina, prese parte ad alcune azioni della Resistenza e partecipò alla fondazione del Fronte della Gioventù, lavorando a stretto contatto con Eugenio Curiel. Recatosi nel febbraio del ’44 a Firenze per organizzare uno sciopero generale, rischiò la cattura da parte della polizia fascista; in seguito si ritirò per un periodo in montagna, dove, tra la primavera e l’autunno, scrisse appunto “Uomini e no”. Finita la guerra, tornò a Milano con Ginetta, la sua compagnia di questi ultimi anni. Infatti, chiese fra l’altro anche l’annullamento del suo precedente matrimonio.

Nel ’45 diresse per alcuni mesi “L’Unità” di Milano e fondò per l’editore Einaudi la rivista “Il Politecnico”, periodico impegnato a dar vita ad una cultura capace di fondere tra loro cultura scientifica e cultura umanistica e potesse essere strumento di trasformazione e di miglioramento della condizione dell’uomo, non solo quindi forma di “consolazione”dei suoi mali. L’apertura culturale della rivista e soprattutto le posizioni assunte da Vittorini in merito alla necessità di una ricerca intellettuale autonoma dalla politica, suscitano la famosa polemica con i leader comunisti Mario Alicata e Palmiro Togliatti che portarono alla sua prematura chiusura nel ’47.

Sempre nel ’47 esce “Il Sempione strizza l’occhio al Frejus”, mentre nel ’49 escono “Le donne di Messina” (apparso poi, in una nuova veste, nel ’64) e la traduzione americana di “Conversazione in Sicilia“, con prefazione di Hemingway. Nel ’50 riprende la sua collaborazione a “La Stampa”.

Nel 1951 lasciò il PCI per dedicarsi all’attività editoriale. Salutato polemicamente da Togliatti con un articolo su “Rinascita” (firmato pseudonimo di Roderigo di Castiglia), il pezzo rimase emblematico anche negli anni successivi come esempio dell’arroganza del potere e dell’ottusità delle gerarchie di sinistra. Già il titolo dell’articolo rappresentava uno sfregio, riportando, a caratteri cubitali: “Vittorini se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato!”. In seguito Vittorini si avvicinerà a posizioni di liberalismo di sinistra ma, eletto nel ’60 consigliere comunale di Milano nelle liste del Psi, si dimetterà subito dall’incarico. Nel ’55 la sua vita privata è lacerata dalla morte del figlio Giusto.

La sua attività editoriale rimane comunque saldamente in testa alle sue preferenza, tanto che inaugura, per Einaudi, la collana “I gettoni”, importantissima per il suo ruolo di scoperta dei nuovi narratori più interessanti della nuova generazione; inoltre curò, sempre per lo stesso editore, opere di AriostoBoccaccio e Goldoni. Nel 1957 pubblicò “Diario in pubblico”, che raccoglieva i suoi interventi militanti, politico-culturali; nel ’59 fondò e diresse, insieme a I. Calvino, “II Menabò”, importante per l’avvio del dibattito sullo sperimentalismo letterario degli anni Sessanta. Passato a dirigere collane editoriali per la Mondadori, continuò a scrivere, negli ultimi anni della sua vita, un romanzo che doveva rompere un lungo silenzio creativo ma che non vedrà mai la luce lui vivente.

Nel ’63 si ammala gravemente e viene sottoposto a un primo intervento chirurgico. Malgrado la malattia, fittissima rimane la sua attività editoriale, avendo assunto nel frattempo la direzione della collana di Mondadori “Nuovi scrittori stranieri”, e quella di Einaudi “Nuovo Politecnico”.

Il 12 febbraio 1966 muore nella sua casa milanese di via Gorizia all’età di 57 anni. Postumo escono il volume critico “Le due tensioni” (1967), una raccolta di brevi saggi (in realtà, frammenti, appunti, riflessioni) e il suddetto romanzo incompiuto scritto negli anni cinquanta, “Le città del mondo” (1969).

Il garofano rosso (Elio Vittorini): riassunto

Una delle opere più conosciute dello scrittore e traduttore italiano Elio Vittorini è “Il garofano rosso”. Il romanzo non ebbe inizialmente il successo sperato: uscì inedito solo nel 1948, edito da Arnoldo Mondadori Editore, con una prefazione che metteva in luce l’importanza del romanzo giovanile, enfatizzando la biografia umana e intellettuale e il valore di documento storico di una generazione.
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Il garofano rosso (romanzo di Elio Vittorini del 1948)

Il romanzo “Il garofano rosso“, pubblicato a puntate sulla rivista “Solaria”, era stato infatti a lungo censurato perché considerato contrario “alla morale e al buon costume di quell’epoca”, dato che l’amore tra i protagonisti del romanzo Alessio e Zobeida era descritto con particolari definiti assai scabrosi per quel tempo. Infatti, lo scrittore usava come modello probabile per descrivere le scene a sfondo erotico, quelle relative al romanzo di David Herbert Lawrence “L’amante di Lady Chatterley”.

Il garofano rosso: riassunto del romanzo

“Il garofano rosso” è diviso in quindici capitoli ed è caratterizzato da una lunga sezione dedicata al diario del protagonista principale, Alessio, ma i momenti più coinvolgenti sono contenuti in alcune lettere dell’amico più caro, ovvero il giovane Tarquinio. Il linguaggio utilizzato dallo scrittore viene definito “ibrido” poiché, da un lato, si tende al realismo, dall’altro invece al lirismo.

Il romanzo narra le vicende di Alessio Mainardi, studente liceale molto irrequieto che, da una parte, aderisce alle “squadre nere” del fascismo emergente e ha un’ingenua infatuazione per la violenza fascista e, dall’altra, vive un amore tormentato per una compagna di scuola, Giovanna, con la quale si era scambiato solo un tenero bacio, suggellato da un garofano rosso appuntato sulla sua giacca. È appena avvenuto il delitto di Giacomo Matteotti e, agli occhi di quei giovani, il fascismo è considerato un movimento politico rivoluzionario e reazionario di gran forza. Alessio condivide la sua passione per le donne e per il fascismo con il suo amico Tarquinio, che vive con lui nella pensione della signora Formica. Insieme ad altri ragazzi, i due organizzano il grande sciopero generale che per un giorno blocca tutte le scuole della città. Si ritrovano ben presto coinvolti in un bel pasticcio: infatti, tale gesto costa caro ai due ragazzi che perdono, grazie alla loro bravata, l’anno scolastico.

 

Alessio, dopo quel fatto, si reca dalla sorella che lo convince a ripresentarsi agli esami di ottobre e a recuperare l’anno scolastico perduto. A questo punto, il protagonista decide di seguire il consiglio nella speranza di rivedere la sua amata Giovanna, anche se l’amore per lui non sembra essere corrisposto, e per evitare un’ulteriore delusione ai suoi genitori con cui ha spesso scontri e discussioni. Al ritorno a Siracusa, però, Alessio scopre che il suo amico e compagno di stanza Tarquinio si è trasferito in hotel e si rammarica dell’accaduto. La distanza tra i due amici diventa insormontabile, quando in Alessio nasce il sospetto che il suo amico Tarquinio sia entrato nelle grazie della sua amata Giovanna e che per lui non ci sia più speranza di fare breccia nel cuore della giovane. Così, decide di trascurare la scuola e di meditare vendetta.

 

A questo punto, il ragazzo si reca presso la casa di tolleranza della signora Ludovica (una casa di appuntamenti) e cerca Zobeida, una prostituta (ragazza bellissima e grande amore dell’ex amico Tarquinio). Alessio decide così di vendicarsi del torto subito andando a letto con Zobeida, ma ciò che è nato per vendetta ben presto si trasforma in passione. Il giovane inizia così ad intrattenere una relazione segreta e tormentata per lungo tempo con la bella Zobeida. Nella testa di Alessio, però, si contrappongono due ideali di figure femminili: da una parte, quella dell’amore puro per Giovanna, amore consumato nello scambio di sguardi e piccoli doni, e dall’altra quello passionale e carnale, quello definito “intenso” per la bella Zobeida, che nel frattempo lo aveva deprivato del suo garofano rosso.

Finale

La relazione segreta tra i due continua fino a quando la situazione precipita dopo una perquisizione della polizia nella casa di appuntamenti della signora Ludovica. Zobeida viene arrestata per spaccio di droga e Alessio, incredulo dell’accaduto, si ritrova solo nella sua vita di sempre. Il giovane poco dopo, camminando per strada, si imbatte nei suoi vecchi compagni di scuola che stanno seguendo raccolti un corteo funebre di una ragazza, Daria Cortis, che si è suicidata per problemi d’amore. Il fatto fa sorgere numerosi dibattiti tra i giovani che al bar discutono riguardo al tema dell’amore, accendendo la discussione sul “Codice d’amore” e sulle regole che si dovrebbero usare nel rispetto della persona amata, criticando le idee della società borghese di quel tempo. Al bar, i ragazzi discutono perfino del concetto di purismo, ma Alessio si discosta dalle loro convinzioni che secondo lui sono dettate dalla forte inesperienza di vita e, in questo senso, si ritrova sullo stesso piano dell’amico Tarquinio, che ha effettivamente vissuto una medesima esperienza con la bella Giovanna.

Foto Elio Vittorini
Una foto di Elio Vittorini

Il Garofano Rosso” è un romanzo autobiografico poiché la città dove è ambientata la vicenda è Siracusa, terra natale di Elio Vittorini e il personaggio principale della storia, Alessio, in quel periodo, nel 1924, ha sedici anni ed è esattamente coetaneo dello stesso scrittore e condivide le stesse passioni fasciste; l’unica differenza tra i due è che Alessio proviene da una famiglia agiata e borghese mentre lo scrittore ha sempre vissuto la sua adolescenza in una famiglia con una condizione sociale modesta.

 

 

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