GINEVRA DI ARTU’

Il sogno di Lancillotto

Merlino si rivolse quindi al padre della fanciulla con tono solenne: “Signore, sappiate che l’uomo al quale avete promesso la vostra unica figlia è ben degno del vostro alto lignaggio:
egli è Artù, figlio di Uter Pendragon, legittimo re della Grande Bretagna”.
La gioia di Leodagan fu immensa, così come quella di Ginevra. Qualche giorno più tardi, mentre si discuteva della data più opportuna per la celebrazione delle nozze, Merlino ricordò ai presenti che esse non potevano avere luogo fino a che la Bretagna non fosse stata liberata dal grande pericolo che incombeva su di essa. Il mago, che come al solito sapeva ciò che agli altri era sconosciuto, rivelò a tutti che in quel preciso istante il regno di Bretagna era devastato dagli invasori Sassoni, che, giunti dal mare numerosi come le foglie d’autunno, incontravano ben poca resistenza, dal momento che i migliori cavalieri erano al seguito di Artù. Questi si sarebbe dovuto recare subito in soccorso della sua terra per porre fine alle sofferenze di un popolo che stava perdendo ormai ogni speranza di salvezza. Grande fu il disappunto di Ginevra, che tuttavia non lasciò trapelare i suoi sentimenti. Tutti riconobbero l’avvedutezza del consiglio di Merlino, sicché venne deciso che la partenza avesse luogo il giorno successivo. La guerra contro i Sassoni fu assai dura, ma si concluse in pochi giorni con un completo successo: i nemici lasciarono sul campo centinaia di morti e i superstiti furono costretti a riparare precipitosamente sulle loro navi per salvare la vita. La vittoria inoltre lasciò nelle mani di Artù uno splendido bottino, che egli divise equamente con i suoi vassalli. Sei giorni dopo lo scontro, il re partì verso la Carmelide, seguito da Merlino, da San, da Sohor e da molti valenti cavalieri. Fuori dalle mura di Carohaise gli venne incontro con un gran seguito Leodagan, che entrò nella città cavalcando a fianco del futuro genero. Il matrimonio fu fissato per la settimana successiva. Il giorno stabilito, tutti i gentiluomini del regno, oltre a quelli del seguito di Artù, si riunirono a corte. La grande sala del trono, dove si sarebbe svolto il banchetto, era stata addobbata in modo splendido: i pavimenti erano ricoperti di erbetta fresca e verdissima, e dovunque erano disseminati fiori dal profumo inebriante; il sole, che penetrava attraverso le ampie finestre, ravvivava i colori e rallegrava gli animi. La cerimonia fu solenne, come si addiceva al lignaggio degli sposi; l’arcivescovo stesso cantò la messa, mentre spettò al cappellano di corte benedire il matrimonio. Al termine della funzione religiosa, tutti i nobili si trasferirono nel palazzo reale per prendere parte al banchetto, che fu degno di una simile occasione.
Molti anni trascorsero e la fama della Tavola Rotonda conquistò il mondo.
Da ogni parte del regno e anche da terre lontane i visitatori giungevano a frotte per vedere la corte di Camelot, di cui cantavano ormai i trovatori nei castelli e i giullari nelle piazze. Nessuno si sorprendeva dunque, a corte, nel vedere gente sconosciuta camminare per le vie della città o entrare con rispetto nel castello, tuttavia molti furono colti da stupore di fronte all’insolito corteo che una sera, la settimana precedente la festa di San Giovanni, varcò le porte della capitale. Vi giunse pure una nobile dama “La Signora del Lago” che chiese al re il favore di nominare cavaliere un giovine che era al suo seguito. Artù acconsentì. Il giorno dopo, il giovane valletto si recò al castello per parlare con il re. Venne subito ricevuto da Artù, a fianco del quale sedeva Ginevra, che fu particolarmente colpita dalla bellezza dell’adolescente, riccamente vestito e capace di muoversi con una naturale grazia. Desiderosa di conoscere qualcosa di lui, la regina gli chiese quale fosse il suo nome, ma egli disse che non sapeva; allora essa gli domandò da dove provenisse, ma si sentì rispondere che nemmeno questo egli sapeva. Alla fine, il giovine venne fatto cavaliere, divenendo Sir Lancillotto del Lago ed ottenne dal sovrano il primo incarico, che fu quello di difendere con la spada i diritti della dama di Noant.
Purtroppo, tra Ginevra e Lancillotto nacque un grande amore, che rimase segreto per lungo tempo. Lancillotto trascorse molti anni alla corte di re Artù, al servizio del quale compì gesta che nessuno prima di lui aveva ancora tentato. Grande fu la gloria che seppe conquistare e grandi gli onori che ricevette, ma ogni sua impresa, nel segreto dell’animo,
egli continuò a dedicarla a Ginevra, la donna a cui era legato da un sentimento così forte che mai alcun uomo ne aveva provato uno uguale. La regina, che lo ricambiava di altrettanto amore, era assai orgogliosa di essere l’ispiratrice di tante prodigiose avventure. Il loro legame, tuttavia, non poteva restare segreto per sempre e furono Galvano e i suoi fratelli, Mordret, Agravain, Guerrehes e Gaheriet, ad accorgersene per primi. Avendolo saputo, Artù tese un tranello ai due amanti e la cosa riuscì. Sorpreso nella camera della regina, Lancillotto scappò con l’aiuto delle armi e Ginevra fu condannata al castigo del re.

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