“IL DOLCE ENRICO” UN RACCONTO DI GIOVANNA PEZZERA

Il dolce Enrico

Il primo pensiero a prendere corpo fu che non avevo nessuna tua foto.
La linea telefonica era caduta ed io non mi ero preoccupata di richiamare chi sapeva di arrecarmi tanto dolore comunicandomi la notizia; sapendo che era necessario mettermi al corrente degli eventi.
L’incredulità nell’apprendere ciò di cui ero ancora all’oscuro si manifestò con una forte repentina vertigine, tale da lasciarmi frastornata per ore, per giorni, prima di affievolirsi. Sentivo la voce dall’altro lato dell’apparecchio telefonico rotta dall’emozione e da un accenno di pianto, ancora inebetita dall’ingrato compito che si era prefissa.
La comunicazione era stata interrotta inaspettatamente ed al mio mancato bisogno di apprendere di più corrispose la volontà altrui di non richiamare lasciandomi in tal modo –e gliene fui grata- sola, attonita, stordita dall’enorme irrealtà appena appresa. Avevo ancora nelle orecchie un inizio di voce rotta quando scappai letteralmente fuori di casa, quasi a volermi allontanare dal maledetto apparecchio che mi aveva gettato in un baratro in cui scivolavo senza riuscire a fermarmi, e senza alcuna determinazione a volerlo fare.
‘Perché?…’ Perché, era la domanda che mi assillava e mi tormentava una banale inutile considerazione: io ero qui… Già, io ero qui, sono sempre stata qui; per tutti! Ma forse mi ero spostata… non ti telefonavo da troppo… e forse non avrei intuito. Eri tu a capire dal tono della mia voce se e quando qualcosa non era a posto nella mia vita. Nonostante non ci frequentassimo. Nonostante ci fossero sporadiche telefonate. Però mi riconoscevi subito. Ed era piacevole annientare i mesi e gli anni con due semplici parole: ‘Pronto?’ – ‘Ciao!’
Pensavo che tutto sarebbe stato diverso dopo quella telefonata… ma la vita non è cambiata. Solo dentro di me c’è un angolino rimasto vuoto.
Fuori di casa, quel giorno, respiravo a fatica, come se l’aria non mi bastasse ed il primo pensiero venne fuori lasciandomi interdetta: non ho nemmeno una foto! Mi arrabbiai con me stessa per non avertene scattate. E cominciai a ricordare. Partendo proprio dall’immagine di una tua foto, che  avevi promesso di regalarmi. Ti ritraeva sulle montagne che ti hanno visto crescere. In tutti i sensi. E librarti alto come ‘Il gabbiano Jonathan Livingston’. Il nostro libro preferito. Te ne regalai una copia, ‘Vola alto’ ti avevo scritto e tu lo avevi fatto, fino a volare davvero. Perché? Forse una risposta l’abbiamo trovata o forse cerchiamo a tutti i costi una risposta per un qualcosa che non accettiamo. Ciò che resta è la tua assenza. I ricordi cominciano ad affiorare, tristemente, fin dal giorno che ti avvicinasti al tavolo, dove ero con gli altri, per chiederci di studiare con noi. L’ilarità che ci invase te la raccontammo in seguito ma fu quello il nostro modo di accettarti. Accettarti in tutte le accezioni che questo verbo può implicare.
I tuoi interessi, le tue conoscenze… la semplicità con cui scavalcavi gli ostacoli per noi insormontabili nello studio e che prediceva la tua luminosa carriera. Il più piccolo fra noi, fosti il primo a concludere il cammino e la tua ascesa nella carriera, le tue doti, la tua intelligenza ti hanno portato ben in ‘alto’. Eravamo orgogliosi di te, era come se con te ciascuno di noi avesse un piccolo posto nel tuo mondo, nel nostro mondo, un mondo a più dimensioni.  Il tuo fare garbato, la tua gentilezza, la tua dolcezza… ‘Il dolce Enrico’… L’espressione venne fuori per il tuo rifiuto ad una richiesta precisa, un rifiuto che doveva farci capire quale sarebbe stato il tuo stile di vita. Una vita intensa ma diversa da quella che s’intende ‘normale’; una vita che derivava da esperienze che nessuno di noi forse aveva mai vissuto.
Ogni volta rivederti era una gioia. Mi restano pochi momenti che mi accompagneranno lungo il cammino che mi rimane da percorrere arricchito dalla galanteria e dalla sensibilità che solo un animo grande e nobile può possedere. Tanto grande da avere il coraggio –o l’opposto, ma per questo non di certo meno grande- di spegnere da solo il lume che ci fa da guida in questa vita che diventa più misera quando qualcuno che sappiamo essere lì pronto a dirti ‘Ciao’ non c’è più.

Ho aperto l’armadio per riporre un abito, un giubbotto di pelle mi è venuto incontro ed è stato come rivederti camminare tra i corridoi che ci hanno visti sorridenti preoccupati assorti nella comprensione degli assiomi che tu facilmente svelavi.
Quando si parlava di te era sempre forte il ricordo della tua personalità, della presenza che avevi lasciato in noi che ti abbiamo conosciuto nel breve spazio di tempo che ci ha accomunati durante gli anni di studio. Ho sempre detto che  quel periodo è stato per me molto intenso e che lo rivivrei senza ripensamenti, con tutti gli errori connessi, perché mi ha arricchita di conoscenze e di amicizie vere, leali, durature… è il caso di dirlo: fino alla morte. Pochi amici ma buoni, su cui sapevo di poter contare, che avrei trovato sempre pronti. Come i moschettieri ‘tutti per uno e uno per tutti’.
Tu però sei sempre stato più avanti di noi ed hai deciso di proseguire da solo.
Non te ne voglio, ti voglio bene.
Non volermene se non ti lascio, ho ancora bisogno del tuo affetto.
Non mi rassegno, aspetto le lacrime che tardano a venire ed ogni giorno rivivo i ricordi che mi legano a te, passeggio per le strade che ti hanno visto bimbo, giovane, adulto, tanto da ritrovarti brizzolato, forse un po’ smagrito… Le immagini di te e dei tuoi luoghi le ho negli occhi e nel cuore; quelle della tua ultima dimora le ho in mente. Dell’ultima tua ora le evito. Sono per te, ci hai lasciati tutti fuori, saranno solo tue.
Comprerò i tuoi libri…!? A che potrebbe giovarmi? Ho il tuo numero ancora in rubrica –ti ho inviato un messaggio quando ho saputo- e nessuna intenzione di cancellarlo ma non ho una tua foto se non quella della memoria, che sarà indelebile come il tuo sorriso ingenuo e disarmante, come il tuo sguardo attento a non ferire, cosa di cui non sei mai stato capace, caro ‘dolce Enrico’.

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *