IL SANTO di oggi 26 febbraio – San Nestore

Nome: San Nestore
Titolo: Martire
Ricorrenza: 26 febbraio

Ecco un nome più celebre nella letteratura antica che nella storia dei Santi. Un nome che deve la sua fortuna ad Omero, il quale ci presenta, e fa parlare, nell’iliade, il Re di Pilo – l’odierna Navarino, nel Peloponneso – chiamato appunto Nestore. Era il più anziano dei sovrani greci sotto le mura di Troia, perché settantenne, e i suoi discorsi, anche quando incitava i guerrieri alla battaglia, erano saggi e pacati, un po’ prolissi, come è nel costume dei vecchi, e densi di ricordi personali. Tornato a Pilo dopo la caduta di Troia, Nestore viveva ancora dieci anni dopo. Lo ritroviamo nell’Odissea, visitato da Telemaco, figlio di Ulisse, in cerca di notizie sulla sorte del padre disperso.

Per l’anzianità del personaggio omerico, il nome di Nestore ha assunto il significato di « decano », cioè « il più vecchio ». Si sente dire talvolta che qualcuno è il nestore di un’assemblea, o di un gruppo di persone, per indicare che è il più vecchio, e anche, si spera, il più saggio!

Ma a parte quest’uso, il nome di Nestore si può dire del tutto scomparso. Sorprende trovarlo quattro volte tra i Santi, anche se nessuno di questi può dirsi veramente popolare nella devozione dei fedeli.

Il San Nestore di oggi apre l’elenco del Martirologio Romano, ed è seguito dai Santi Papia, Diodoro, Conone e Claudiano che pure soffrirono il martirio, nella stessa circostanza, un po’ prima di lui.

Come mai San Nestore ha avuto la precedenza sui compagni di Martirio? Per il fatto che egli era Vescovo, guida della comunità cristiana di Màgido, in Panfilia, e come tale primo nella fede, anche se secondo nella morte. Che egli fosse la vivente bandiera della Chiesa di Màgido, lo comprendevano anche i pagani, durante la persecuzione di Decio, nel 250. Sapevano che la comunità cristiana non si sarebbe piegata agli editti imperiali finché il Vescovo Nestore fosse restato saldo nella sua fede.

Ma egli, per la sua generosità e operosità, per la saggezza e la giustizia, era ammirato e rispettato da tutti, pagani compresi. Nei suoi confronti, anche i persecutori non furono quelle belve assetate di sangue come spesso vengono dipinte. Lo trattarono con rispetto e deferenza, con lealtà e quasi con soggezione. Chiedevano soltanto, i funzionari imperiali, che il probo cittadino compisse un atto di formale ossequio alla divinità dell’Imperatore: un gesto da nulla, ma che per il Vescovo cristiano avrebbe rappresentato l’abiura e il tradimento, tanto più grave in considerazione della sua alta posizione. Per quel suo gesto da nulla, e per quel rifiuto, San Nestore, Vescovo di Màgido, subì la tortura e la morte. Morte infamante, sulla croce, patibolo di Gesù, non ancora diventato simbolo di gloria e di vittoria.

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