La Romagna fatale, 33 morti solo tra Forlì e Cesena. Serena Dellamore: “Rivoluzione culturale necessaria”

CESENA.  E’ un tanto triste quanto preoccupante dato quello che riguarda la Romagna in relazione all’estate 2019. Nelle province di Forlì e Cesena sono scomparse 33 persone sulla strada; numeri replicati anche nei territori di Rimini e Ravenna. La strage stradale, con l’arrivo della bella stagione, fa sentire il suo peso e non è un caso che anche le statistiche, riguardanti alcool e drug test effettuati dalle forze armate durante i controlli di routine, evidenzino quanto gli utenti della strada non rispettino le regole imposte dal Nuovo Codice della Strada, diventando potenziali assassini.

La notizia di ogni nuovo incidente assume le sembianze di un dito che affonda nella ferita di chi ha perso un familiare sulla strada. E’ anche il caso di Serena Dellamore, giornalista, scrittrice e sorella di Roberta, scomparsa a soli 15 anni, nel 1998, schiacciata tra un paraurti ed un lampione a Cesena. L’impegno della famiglia, di Gianfranco Dellamore e di Lilia Gaviani, non è mai terminato. Serena ha scritto un libro dedicato alle vittime della strada intitolato “Frammenti di Vita”, con l’obiettivo di approfondire l’argomento a partire dal punto di vista delle persone che hanno perso i loro parenti. L’alta incidentalità non è di poco conto per l’autrice: “La Romagna soffre maggiormente la problematica durante l’estate in quanto ci sono tutta una serie di fattori che influiscono come, ad esempio, strade da mettere in sicurezza, rettilinei molto lunghi, assenza di necessari dissuasori di velocità, mancanza di controlli efficienti. Quello che più fa riflettere è che non si rispetta il codice della strada”. Dellamore pone l’accento sulla necessità di “una rivoluzione culturalee sul fatto che “tutti noi dobbiamo capire quanto la guida sia una cosa seria”. “Mettersi al volante sotto effetti di stupefacenti o dopo aver bevuto alcolici – spiega – aumenta il pericolo di incidenti stradali. Tutti possiamo essere vittime o carnefici. Anche se un limite di 30 km/h ci sembra assurdo, dobbiamo rispettarlo perché è evidentemente la giusta velocità con cui procedere. Ognuno di noi – conclude – si senta responsabile del proprio comportamento e delle ripercussioni che può avere”.

Per Tonino Morreale, responsabile della sede di Parma dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus, i motivi scatenanti sono da ricondurre a progettazioni sbagliate delle infrastrutture pubbliche: “Al di là di chi si rende protagonista di comportamenti poco consoni alla guida, non bisogna dimenticare che in Italia hanno realizzato tantissime nuove strade sguazzando totalmente negli sprechi e speculando sui proventi stabiliti per la loro edificazione. Nessuno è il controllore della qualità progettuale, oltre che dell’utilizzo abominevole dei fondi, e ciò mette a rischio ognuno di noi”. Il parmigiano, nativo di Palermo, svolge la professione di camionista da trentacinque anni e si batte pubblicamente per la sicurezza stradale da circa venti. Le sue esperienze gli hanno permesso di toccare con mano le differenze con gli altri paesi del mondo: “E’ inconcepibile pensare che, attraversato il confine con la Svizzera, tutto cambi. Nella nostra nazione vengono commessi errori a dir poco clamorosi nell’indifferenza di tutti. Mi riferisco, ad esempio, al principio dei guardrails, che dovrebbe affondare nell’asfalto o nella terra e che, invece, infilza vetture, dividendole praticamente in due all’impatto. Mi duole constatare l’assenza di segnaletica inerente avvicinamento a rotatorie o la presenza di marciapiedi (realizzati o in fase di realizzazione), dove in 80 cm di spazio hanno fatto rientrare anche pali dell’illuminazione pubblica, costringendo chi si muove in carrozzina ad invadere la carreggiata ed a rischiare di essere investito. Bisogna  intervenire a monte su questi casi prima che ci scappi il morto. I cittadini italiani devono avere consapevolezza che anche i progettisti sono responsabili diretti della morte degli utenti della strada”.

 

“Un’ecatombe senza fine”, è il commento del presidente dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus, Alberto Pallotti, che sottolinea come “il dramma stradale abbia avuto il sopravvento nell’estate del 2019”. “Non è un caso – afferma il veronese – che i dati registrati in Romagna vadano a confermare quelli siciliani, dove, alla luce del lavoro costante effettuato sul territorio dal responsabile della sede di Catania, Pietro Crisafulli, possiamo affermare di contare decine di giovani morti al mese dallo scorso aprile. Le cattive abitudini rendono ulteriormente pericolose le strade italiane. La nostra battaglia passa tramite costanti campagne di sensibilizzazione sociale e vicinanze ai familiari delle vittime”. “Crediamo – dice Pallotti in un’Italia diversa, dove i conducenti delle vetture siano più responsabili e dove si rispettino le regole vigenti. A livello istituzionale abbiamo proposto modifiche al codice della strada, oltre a pene dirette e più severe per chi sbaglia. La vita – conclude – è un bene prezioso che va tutelato”.

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