LA SETTIMANA SANTA – DAL 9 AL 12 c.m. – COMMENTATA DA DON FRANCO GALEONE.

9.10.11.12 aprile 2020  –  Settimana santa (A)

Dalla Passione alla Risurrezione!   

gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

9 aprile. Giovedì santo (A)

Amico, con un bacio …

Quando leggiamo il nome di Giuda, tutti sentiamo il bisogno di calcare la mano e la penna. Gli stessi evangelisti lo chiamano il “traditore”. E può essere tutto vero. Ma a noi poco importa quale trattamento riservino a Giuda i teologi e gli artisti; a noi importa l’atteggiamento di Cristo, che, proprio nel momento del massimo tradimento, tira fuori dal suo vocabolario un nome dolcissimo: “amico”. Che Cristo abbia chiamato Giuda “amico”, ci deve riempire di gioia, perché quel nome spetta anche a ciascuno di noi; anche noi, infatti, abbiamo tradito e non una volta. Proviamo un senso di paura davanti a quelle sue parole: “Uno di voi mi tradirà”. Chi di noi oserebbe chiedergli con impudenza: “Signore, sono forse io?”. Sì, siamo ciascuno di noi. Fra i 30 denari c’è anche il nostro. Ciò che ci salva dalla disperazione è quella parola: “amico”.                                                                                    Ma è su un altro aspetto che dobbiamo riflettere, e che ci riguarda più da vicino. Dopo che Giuda uscì dal Cenacolo, gli apostoli continuarono a mangiare la pasqua ebraica tranquilli; nessuno si alzò per correre dietro a Giuda. Eppure Gesù si aspettava che  qualcuno facesse un gesto del genere. Quanto sarebbe stato felice se un apostolo, soprattutto “quello che Gesù amava”, fosse corso dietro a Giuda: “Amico, torna, il Maestro ti vuole bene!”. Non ha valore posare il capo sul petto di Cristo, se poi non si è  capaci di recuperare un amico. Talvolta le consolazioni di Dio ci fanno dimenticare le sofferenze dei fratelli. Celebrare bene l’eucaristia significa uscire dal cenacolo delle nostre placide devozioni, e andare incontro al prossimo che soffre.

10 aprile. Venerdì santo (A)                                                                   

La vita di Cristo: parabola, annuncio, metafora di quanto avverrà sempre!

La vita di Cristo è parabola, annuncio, metafora di quanto avverrà sempre. Le circostanze della sua nascita, vita, morte … sono profezia di ciò che saranno, sino alla fine del mondo, la sua presenza e la nostra accoglienza. Il Vangelo è uno specchio (Gc 1,23), in cui ognuno è rivelato e denunciato. Solo che noi in genere guardiamo gli altri e ci indigniamo della cattiveria altrui. Ci comportiamo come nella favola di Fedro: vediamo sempre e solo i difetti degli altri; come il re Clodoveo, commosso al racconto della passione, esclamava: “Perché non c’ero io non i miei soldati franchi?”; come Pietro, quando gli fu predetto il suo tradimento, vide il tradimento degli altri: “Quando anche tutti gli altri …”.  Invece dobbiamo dire: “Sono io quest’uomo!”. Sono io l’albergatore di Betlem che gli rifiuto un posto; io Erode, io Pilato, io Caifa … E’ venuto tra noi  e noi non lo abbiamo accolto. Narrando la passione del Signore, siamo soliti ripetere che fu Giuda a tradire, Pietro a rinnegare, Pilato a condannare, la folla a schernire … ma tutti costoro furono soltanto gli esecutori materiali. I veri responsabili della passione siamo noi tutti. Tutti noi con il nostro egoismo e la nostra indifferenza. A questa divina tragedia nessuno di noi può dirsi estraneo. La passione, quindi, riprende ogni giorno. Gli attori cambiano, ma il copione è sempre lo stesso: ci sono milioni di spettatori, vili, perché senza il loro silenzio complice non si commetterebbero tante violenze; poi alcune migliaia di fuggiaschi come Pietro, che ascoltano commossi le entusiasmanti parole del Maestro, ma nel momento della prova hanno solo il coraggio di fuggire; infine, alcune centinaia di carnefici, che sono forti del silenzioso consenso di molti, perché ci vogliono molti colpi di martello per conficcare un chiodo, molte spine per formare una corona. Chi sarà Veronica? Chi Giuda? Chi il Cireneo? Possiamo sceglierci la parte. Il Signore ci aiuti a scegliere la “parte migliore”.

11 aprile. Sabato santo (A)

La gioia cristiana: una tristezza superata!

Essere cristiano significa credere alla risurrezione di Cristo. Noi non siamo cristiani perché crediamo al peccato, ma perché crediamo alla re­missione del peccato; non perché crediamo alla sofferenza, al male, alla morte … ma perché crediamo alla gioia, al bene, alla vita. Il cuore della nostra fede è la speranza che ogni peccato si può mutare in grazia, ogni morte in risurrezione, ogni colpa in una felice colpa. Non pochi cristiani sono più inclini ad affliggersi con il Cristo morto, a meditare la via della croce, che a rallegrarsi con il Cristo risorto, a meditare la via della gioia! Sul Calvario c’erano ancora alcuni fedeli, ma alla risurrezione nessuno. Tutti erano fuggiti! Abbiamo certo meditato sulla “Via della croce” e abbiamo fatto molto bene. Ma la Chiesa ora ci invita a riflettere sulla “Via della Gioia”, sul Cristo risorto che, con affetto paziente, sveglia i suoi amici alla speranza. Noi cristiani siamo un po’ i professionisti della disgrazia, gli specialisti del dolore. Interveniamo volentieri quando le cose vanno male; quando poi dovremmo gioire, allora diventiamo assenti. Perché? Forse perché condividere la gioia di un Altro suppone delicatezza e genero­sità di cuore; nella tristezza invece ricerchiamo noi stessi, compatiamo noi stessi, fingendo di compatire gli altri. A Quaresima finita, dovremmo fare a Dio il regalo più grande: quello di vederci felici, a motivo del suo Cristo. Se conosciamo solo la croce, allora la nostra religione non ha fatto Pasqua, non ha compiuto il passaggio dalla morte alla vita. Non restiamo ancorati al sepolcro, per fedeltà a Cristo! Il sepolcro è vuoto! E’ inutile cercare tra i morti il Vivente! La peggiore eresia cristiana è credere che la redenzione sia avvenuta grazie alla sofferenza. Unico strumento della redenzione è l’Amore.

12 aprile. Domenica di Pasqua (A)

Pasqua è la morte della morte!

Ri­spolverando una diceria che correva già ai tempi della morte di Gesù, si è parlato di un inganno fraudolento degli apostoli: essi avrebbero trafu­gato o sostituito il cadavere del Crocifisso; oppure si è avanzata l’ipotesi di un Gesù sepolto vivo, di una sua morte apparente, fino a scambiare la risurrezione di Gesù con l’al­lucinazione degli Apostoli, frutto magari di ipnosi da parte di Gesù stesso. Con sobrietà, ma con realismo e senza enfasi alcuna, tutti e quattro gli evangelisti documentano la morte “reale” del Cristo sulla croce. Quanta diversità rispetto alla tranquilla, graduale diffusione delle dottrine di Budda e Confucio, i sapienti cui arrise già in vita il successo. Quanta diversità rispetto alla diffusione in gran parte violenta della dottrina del vittorioso Maometto. Ecco invece nascere, immediatamente dopo il fallimento disonorevole di Gesù, e quasi esplosivamente diffondersi, questo messaggio e questa comunità. Quale fu, dopo quel catastrofico epilogo, la scintilla che accese la miccia di uno straordinario sviluppo storico su scala mondia­le? Si chiede H. Küng in Essere cristiani: “Come poté trarre origine dal patibolo di un uomo ignominiosamen­te appeso ad una croce una religione universale veramente capace di tra­sformare il mondo?”. La risurrezione di Gesù non è, come ha affermato L. Feuerbach, “la proiezione della nostra aspirazione ad una vita eterna”. Questo Morto sulla croce è entrato nella vita, e questa morte è diventata la morte della morte. Maria, salus populi, ci protegga da ogni male! Buona Pasqua e buona Vita a tutti!

Vivere con fede l’emergenza

Siamo entrati in una situazione mondiale assolutamente nuova e straordinaria davanti alla quale tutte le strutture su cui è basata la nostra vita ordinaria si sono rivelate fragili e impotenti.

È una chiarissima lezione di umiltà per l’uomo che presume di essere il padrone del creato, e di saper e poter manipolare in laboratorio perfino la vita umana. Ma questa volta l’ingegneria genetica si ritorce come flagello per tutta l’umanità.

Questo numero impressionante di morti, ma soprattutto la repentinità e il modo con cui si muore senza poter avere a fianco una persona che ti accarezzi, questo seppellire velocemente e informalmente, dovrebbe farci prendere coscienza che siamo delle fragili creature e non il superuomo tecnologico e immortale che credevamo di essere. Siamo creature e dobbiamo riconoscere che l’unico che ci salva è il Creatore che proprio nella morte, segno evidente del fallimento umano, ci ridona una vita che durerà per sempre. Tutto il resto è illusione.

Non è un castigo del Signore che è sempre presente in noi, che continua ad amarci, perché lui è Amore e non può cambiare e proprio per questo, certamente ci sta dando i doni dello Spirito per aiutarci a riflettere e a vivere con amore questa tragedia.

Tutta l’umanità è obbligata a riflettere perchè si decida a cercare le risposte fondamentali che danno senso alla vita: Chi ti ha creato? Chi sei? Qual è il valore della vita terrena? Qual è la meta finale di ogni vita?

Per noi credenti la risposta è nella persona di Gesù, nel suo esempio di affidamento al Padre, di amore incondizionato all’umanità e soprattutto nella sua Risurrezione che ci apre alla speranza della nostra risurrezione e dell’abbraccio eterno nella Misericordia infinita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

I medici e il personale sanitario sono al fronte a combattere e ci offrono la forte testimonianza di un servizio che non bada all’orario, fino al limite della resistenza umana. Una professionalità coraggiosa una dedizione che, come quella di Cristo, rischia la propria vita per la salvezza dei malati, per fermare il contagio. Questa è vita cristiana, questi sono i valori per cui vale la pena di vivere. Questo è il volto di Cristo che ci parla.

Quello che stiamo vivendo oggi è solo l’inizio e molti non sembrano averne coscienza. Aspettano di ritornare alle vecchie abitudini. Ma non sarà più possibile. Alla crisi sanitaria farà seguito quella economica, poi quella sociale e conseguentemente quella politica con lo scatenarsi di autodifese e guerre tra regioni, tra nazioni, continenti…

Preghiamo, meditiamo, riflettiamo, imploriamo luce per essere in grado di costruire un futuro diverso. Possiamo far nascere un nuovo modo personale e sociale di vivere, di relazionarci.

 

 

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