La tragedia greca

GALVANOR DA CAMELOT (LINO LAVORGNA) www.galvanor.wordpress.com

Mi piace Tsipras, alla pari di tutte le persone “pure”, a prescindere dall’appartenenza politica, che concepiscono l’impegno politico come “missione” per contribuire al bene comune.
Sta giocando bene una difficile partita, complessa e delicata e gli auguro di cuore di vincerla, per il bene della Grecia e per il bene dell’Europa, i cui “capi”, invece, la partita la stanno giocando malissimo, dimostrando una spaventosa “inadeguatezza al ruolo”.
Tutto ciò premesso, tuttavia, è bene inquadrare il complesso problema del possibile default greco nel contesto che lo ha generato: gravi le colpe dell’Europa, ma il primo responsabile di tutto ciò è il popolo greco e ciò va detto a chiare lettere e senza giri di parole.

GLI ANTEFATTI – LE COLPE DELLA GRECIA
Quando si è vista sull’orlo del baratro, la Grecia ha trovato la forza di affidarsi a un “uomo di qualità”. Per decenni, però, ha conferito il potere a “uomini senza qualità”, che hanno depredato le casse dello stato, trafugando miliardi all’estero (Vedi anche articolo del 26 gennaio 2015: “Le verità nascoste”).
Nel sangue dei Greci il retaggio ancestrale di Agamennone, Ippia e Ipparco surclassa, e non di poco, quello di Pericle, Socrate, Platone, Aristotele.
I politici, che in tema di corruzione e ladrocinio si sono dimostrati più abili degli italiani (e già questo fa venire i brividi!) hanno danzato in placida armonia con un popolo del quale erano il riflesso speculare.
Un paese di undici milioni di abitanti si è permesso il lusso di pagare lo stipendio a 750.000 dipendenti pubblici, per lo più “scalda sedie”. (Il 7% della popolazione! Negli USA, tanto per fare una comparazione, i dipendenti pubblici sono lo 0,7%). In alcuni dipartimenti della Pubblica Amministrazione vi erano 50 autisti (CINQUANTA!) per ogni auto blu e queste ultime, ovviamente, “abbondavano”.
Cosa facevano, ogni giorno, le centinaia di autisti che, per forza di cose, erano esentati dal servizio? Forse giocavano a calcio-balilla con i giardinieri dell’ospedale “Evagelismos”, il cui parco, apparentemente, dovrebbe assomigliare a una foresta amazzonica, per giustificare il lauto stipendio pagato a ben 45 (QUARANTACINQUE!) giardinieri.
Che goduria! Felicissime anche le 40.000 pensionate che ricevevano mille euro al mese, solo per essere figlie nubili di funzionari statali deceduti. (Privilegio mantenuto, ovviamente, anche dopo il matrimonio).
Gli enti inutili sono una vera manna per i politici che amano sistemare i propri sodali. In Italia, lo sappiamo tutti, abbondano, ma in Grecia si sono superati: ne esiste uno che funziona ininterrottamente dall’inizio del secolo scorso, per sorvegliare le meraviglie del lago Kopais. Percepisce centinaia di migliaia di euro dallo Stato ogni anno e conta ben 1763 dipendenti!!! E ci mancherebbe altro che un lago generato da Ercole, a soli sette chilometri dai resti della mitica Tebe, non fosse “protetto” da un esercito di dipendenti!!! Pausania e Aristofane lo hanno decantato per l’abbondanza dei pesci, in particolare per le anguille. Possiamo solo credere loro sulla parola: il lago è prosciugato dal 1930 e l’unica occupazione dei dipendenti, pertanto, da oltre ottanta anni, oltre quella di “rubare” lo stipendio, è organizzare i turni per dedicarsi alle altre attività praticate in nero.
Dulcis in fundo, per sorvolare sulla massiccia evasione (al cui cospetto, in proporzione, anche quella italiana impallidisce), vi è la manna delle “pensioni eterne”. In Grecia, quando qualcuno passava a miglior vita, bisognava comunicare il decesso all’Istituto di Previdenza affinché cessasse l’erogazione della pensione. Voi pensate che qualcuno lo facesse? Ma stiamo scherzando? I familiari dei congiunti deceduti continuavano tranquillamente a riscuotere la pensione anche dopo venti, trenta anni dal decesso. Con questi antefatti era inevitabile che, prima o poi, i nodi venissero al pettine.

LE COLPE DELL’EUROPA DEI MERCANTI
Trovo superfluo e ridondante ribadire cosa pensi dell’Europa dei mercanti e i guasti prodotti sin della nascita della CEE, anteponendo “l’economia” (o peggio, “la finanza”) al processo di “integrazione” politica. Oggi siamo al paradosso, come ha giustamente rilevato l’economista Thomas Piketty nell’intervista rilasciata al settimanale tedesco Zeit e ripresa da “La Repubblica”: “Quando sento i tedeschi dire che sono mossi solo dall’etica e che sono fermamente convinti che i debiti debbano essere pagati, penso: “Ma questa è una barzelletta!” La Germania è esattamente il paese che non ha mai onorato i suoi debiti, né dopo la prima né dopo la seconda guerra mondiale”. Niente a che vedere con “l’accezione comune di ordine e giustizia: perché se la Germania nel secondo dopoguerra realizzò il boom, fu proprio grazie del fatto che i suoi debiti furono abbattuti, cosa che oggi neghiamo con ferocia ai greci”. Parole chiare e sacrosante, che necessitano solo di una piccola postilla relativamente alla prima guerra mondiale. In effetti, in tale circostanza, “i pazzi al potere”, come furono definiti da Keynes, inflissero alla Germania onerose riparazioni di guerra, che sfociarono nell’iperinflazione e nella disoccupazione, creando i “prodromi” per l’avvento del nazismo. Profetico il monito di Keynes, che riporto nonostante la distanza siderale che mi separa – per altri versi – dalla dottrina dell’economista: “La politica di ridurre la Germania alla condizione di servitù per una generazione, di degradare la vita di milioni di esseri umani, e di privare una nazione intera della felicità dovrebbe essere ripugnante e detestabile, – ripugnante e detestabile anche se fosse possibile, e anche se arricchisse noi stessi. Alcuni la invocano in nome della Giustizia. Nei grandi eventi della storia dell’uomo, e nello svolgimento dei difficili destini delle nazioni la Giustizia non è così semplice. E se anche lo fosse, le nazioni non sono autorizzate, né dalla religione o dalla natura morale, ad addossare ai figli dei loro nemici le malefatte dei genitori dei governanti”. Se oggi sostituiamo “Germania” con “Grecia”, abbiamo uno scenario non troppo dissimile.
Un valido sostegno a Piketty viene dal collega statunitense Paul Krigman, che sul New York Times scrive testualmente, dopo aver plaudito alla decisione di Tsipras di indire il referendum:“Egli (Tsipras) sta facendo la cosa giusta, e per due motivi. Per cominciare, una vittoria del referendum rafforzerà il governo, conferendogli una legittimità democratica — cosa che in Europa credo conti ancora (e se non contasse occorre saperlo). In secondo luogo Syriza si è trovato sino ad oggi, politicamente parlando, in una posizione maldestra, con gli elettori furiosi a causa delle crescenti richieste di austerità ma al tempo stesso riluttanti ad abbandonare l’euro. Conciliare queste due tendenze è sempre difficile, e lo è a maggior ragione oggi. Il referendum di fatto chiederà agli elettori di stabilire le proprie priorità, e di conferire a Tsipras il mandato per fare ciò che deve nel caso in cui la troika lo porti a un gesto estremo. Ritengo che spingerlo sino a questo punto sia stato, da parte dei governi e degli istituti creditori, un atto di mostruosa follia. Eppure lo hanno fatto, e non posso assolutamente biasimare Tsipras per aver rimesso la questione nelle mani degli elettori anziché voltar loro le spalle”.
Insomma, ciò che serve è un nuovo piano “Marshall” che valuti una ristrutturazione dei debiti. E a questo punto, è chiaro, il provvedimento non deve riguardare solo la Grecia. Abbiamo gli uomini adatti per avviare una conferenza europea che possa prefigurarsi davvero come “evento storico”? Sui politici non è lecito contare, e lo sappiamo: tra incapaci ed egoisti il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’unica persona di “statura”, capace di “guardare oltre lo steccato” e di “individuare le giuste strategie per uscire dall’empasse” è proprio il nostro Mario Draghi, il quale, però, sempre più appare come un generale circondato da ufficiali di scarso valore, non idonei a reggere il “fronte”.

L’AUGURIO A TSIPRAS.
L’augurio sincero da rivolgere a Tsipras è quello di riuscire a “condurre la nave in rada” e pertanto, sena indugio alcuno, sottoscrivo l’appello lanciato da Micromega, che linco in calce a questo articolo, invitando tutti a fare altrettanto.
Pur comprendendo la difficoltà oggettiva che pervade ogni sua azione, inoltre, mi permetto di suggerirgli un’iniziativa che lo consacrerebbe, “nella storia del XXI” secolo, in modo ancora più pregnante di quanto non stia già accadendo.
E’ giusto, come sosteneva Keynes, che il popolo non debba pagare per i misfatti dei propri governanti, anche quando, come nel caso della Grecia, si è reso in massima parte “complice”, conferendo loro il potere per anni, con libere elezioni democratiche.
Tutti i governanti e i loro sostenitori in Parlamento, però, almeno da Mitsotakis in poi, se la stanno spassando allegramente e questo non è giusto.
Varare una commissione d’inchiesta che preveda la confisca dei loro beni, ivi compresi i miliardi trafugati e depositati nelle banche estere, restituire tutto al popolo e mettere i colpevoli in galera, ovviamente dopo regolari processi, gli conferirebbe un’aura di “Grandezza” che obbligherebbe chiunque, su questo Pianeta, ad abbassare il capo al suo cospetto e a porgergli la mano bisbigliando, semplicemente: “Chapeau”.

La lettera di Tsipras al Popolo greco e l’appello promosso da “Micromega”, da inviare a tutte le Istituzioni europee in segno di solidarietà

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