Mercoledì 9 novembre: Marco Paolini in “Numero Primo – Studio per un nuovo Album”, al Teatro Nuovo di Napoli

Un esempio di fantascienza a teatro, in cui ci s'interroga sul rapporto di ognuno con la tecnologia, e con la sua possibile evoluzione nel futuro

Raccontare storie ambientate nel futuro prossimo è un esercizio confinato in un genere: la fantascienza. Esiste una tradizione di fantascienza in letteratura e nel cinema, ma a teatro non è molto diffusa. Con Numero Primo, in scena da mercoledì 9 novembre 2016 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 13) al Teatro Nuovo di Napoli, Marco Paolini porta in scena una nuova “stagione” degli Album, ai quali ha affidato tra il 1987 e il 2003 alcuni dei suoi primi spettacoli, in cui amalgamava sul palcoscenico l’autobiografia e il ritratto generazionale.

Più di ieri, quando gli Album raccontavano soprattutto storie d’iniziazione, questo spettacolo dell’età matura tende, invece, a parlare in modo diretto di oggi, della realtà odierna, drammaticamente alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica.

Numero primo racconta di un futuro probabile, fatto di cose, di bestie e di umani rimescolati insieme, come si fa con le carte prima di giocare. Il titolo fa riferimento al soprannome del protagonista, figlio di Ettore e di madre incerta, protagonista di una storia ambientata in un prossimo futuro e, per questo, confinante con la fantascienza.

Marco Paolini e Gianfranco Bettin, coautori di questo lavoro, sono partiti da alcune domande, tra cui: Qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie? Quanto tempo della nostra vita esse occupano? Quali domande ci poniamo e quali invece no a proposito del ritmo di adeguamento che ci impongono per stare al loro passo?

“Ho un’età – afferma l’autore, regista e interprete veneto – in cui non sento il bisogno di guardare indietro, di ricostruire, preferisco sforzarmi di immaginare il futuro, così porto in scena un Album con nuovi personaggi. Parlerò della mia generazione alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica, dell’attrazione e della diffidenza verso di essa, del riaffiorare del lavoro manuale come resistenza al digitale”.

Paolini, dunque, sceglie un nuovo sentiero narrativo, non più legato al nostro passato collettivo, ma proiettato verso il futuro. Si materializza un paesaggio umano e geografico dell’Italia di domani, dalla multinazionale che riproduce tutto in scala, a Porto Marghera trasformata in un centro di produzione di neve finta, perché quella vera non scende più, fino alla nuova scuola per adulti intitolata non più a Carducci ma a Steve Jobs.

Le atmosfere rurali e provinciali rituali e immutabili nel tempo entrano qui in contatto con frammenti di fantascienza e nozioni scientifiche, dove scienza, tecnologia e potere si intrecciano con il senso della vita. Al narratore sulla scena tocca il compito di rendere credibili cose possibili domani, ma che oggi appaiono inverosimili.

 

Numero Primo, di Gianfranco Bettin e Marco Paolini

Napoli, Teatro Nuovo – da mercoledì 9 a domenica 13 novembre 2016

Inizio spettacoli ore 21.00 (mercoledì, giovedì e sabato), ore 18.30 (venerdì e domenica)

Info e prenotazioni al numero 0814976267 email  botteghino@teatronuovonapoli.it

Da mercoledì 9 a domenica 13 novembre 2016

Napoli, Teatro Nuovo

 

Jolefilm

presenta

 

Marco Paolini

in

 

NUMERO PRIMO

Studio per un nuovo Album

testi di Gianfranco Bettin e Marco Paolini

Nella stazione spaziale del film 2001 Odissea nello spazio ci sono cabine telefoniche a disposizione dei viaggiatori, sono modernissime, confortevoli e permettono di fare videochiamate, ma sono fisse. Nessuno dei protagonisti del film usa un telefono portatile o

un palmare.

In 20.000 leghe sotto i mari Jules Verne immagina l’uso di energie, materiali e tecnologie che assomigliano moltissimo a quelli che sono stati effettivamente poi usati per i moderni sottomarini. Ma le previsioni più stupefacenti e azzeccate sul futuro sembrano quelle contenute nelle Mille e una notte: l’invenzione del password “apriti sesamo” e del touch-screen della lampada di Aladino. Possiamo quindi aspettare con fiducia l’avvento del tappeto volante in tempi ragionevoli.

Mi sembra di poter concludere che è molto più difficile fare previsioni sul futuro a breve che a lungo termine. Eppure il futuro prossimo dovrebbe far parte di un orizzonte a cui guardare con attenzione. Un presente dilatato come quello in cui viviamo rischia sia di cancellare la memoria del passato, sia di inibire ogni ragionamento sul futuro, dando per scontato che si tratti di un aggiornamento del presente, un aggiornamento “compatibile” con il presente.

Raccontare storie ambientate nel futuro prossimo è un esercizio confinato in un genere: la

fantascienza. Esiste una tradizione di fantascienza in letteratura e nel cinema ma a teatro non è molto diffusa.

Per tagliare la testa al toro conviene subito dire che Numero Primo è un esperimento di fantascienza narrata a teatro, ma che agli autori non piace chiamarla così.

Numero Primo è una storia che racconta di un futuro probabile fatto di cose, di bestie e di

umani rimescolati insieme come si fa con le carte prima di giocare.

Numero Primo è anche il soprannome del protagonista, figlio di Ettore e di madre incerta. Ma anche le cose e le bestie hanno voci e pensieri in questa storia.

Marco Paolini e Gianfranco Bettin, coautori di questo lavoro, sono partiti da alcune domande: Qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie? Quanto tempo della nostra vita esse occupano? Quanto ci interessa sapere di loro?

Quali domande ci poniamo e quali invece no a proposito del ritmo di adeguamento che ci impongono per stare al loro passo? Quanto sottile è il confine tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale? Se c’è una direzione c’è anche una destinazione di tutto questo movimento?

Il termine antropocene è stato adottato dalla comunità scientifica per identificare una giovanissima era geologica caratterizzata dall’azione prevalente del fattore umano come causa di trasformazione del pianeta. Apparentemente l’antropocene è governato da un principio difficile da comprendere per il mondo scientifico: la moda. Tutto ciò che non è di

moda fatica a sopravvivere, o si estingue: vale per le cose, per gli animali, per le istituzioni, per le buone idee e per le migliori intenzioni.

L’antropocene è la più volubile era geologica mai vista sul pianeta. Le nuove tecnologie sono di moda per definizione, ma spesso invecchiano in fretta generando però nuove attese.

E se a cambiare rapidamente non fossero solo le cose e gli scenari intorno a noi, ma noi stessi, un po’ per scelta e un po’ per necessità? E in tal caso verso quale direzione o destinazione? Dovremo forse chiederlo alla moda.

Al narratore sulla scena tocca il compito di rendere credibili cose possibili domani, ma che oggi appaiono inverosimili. L’orizzonte temporale immaginato riguarda i prossimi 5000 giorni e solo pensando a quanto il mondo delle cose sia cambiato nei 5000 giorni appena trascorsi risulta quantomeno necessario guardare al futuro con il beneficio del dubbio rispetto a ciò che oggi è ancora inverosimile.

 

“Ho un’età in cui non sento il bisogno di guardare indietro, di ricostruire, preferisco sforzarmi di immaginare il futuro, così farò un Album con nuovi personaggi. Parlerò della mia generazione alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica. Parlerò dell’attrazione e della diffidenza verso di essa, del riaffiorare del lavoro manuale come resistenza al digitale. Parlerò di biologia e altri linguaggi, ma lo farò seguendo il filo di una storia più lunga che forse racconterò a puntate come ho fatto con i primi Album”.

 

Marco Paolini

 

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