Mese Mariano: 29 Maggio 2023

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29. CAUSA DELLA NOSTRA LETIZIA

«Maria, vicina al Cristo, ricapitola in sé tutte le gioie; essa vive la gioia perfetta promessa alla Chiesa». Paolo VI
Sembrerebbe fuori posto parlare di gioia in un mondo dove campeggiano di prevalenza lacrime di oppressi, giusti maltrattati, gente torturata, uccisioni, rapimenti, fame, malattie e guerre che seminano stragi e morte. Dov’è la gioia? Eppure Dio ha creato l’uomo per la felicità, ha inondato il creato di meraviglie per lui e l’ha posto nell’Eden, luogo di incantevole bellezza. Dov’è amore è anche gioia; e Dio, che è oceano d’amore, è anche un oceano di gioia. Non solo nella creazione, ma anche nella storia della salvezza si rivela sempre di più fonte di gioia viva e genuina. Quali cantici più meravigliosi e traboccanti di gioia di quelli che leggiamo nella Bibbia? È tutto il creato che si unisce all’uomo nel narrare con gioia le meraviglie e la immensa bontà del Creatore! Il popolo eletto, solo quando prigioniero e schiavo, è lontano dalla sua terra, depone le cetre ed ammutolisce: «Come possiamo cantare in terra straniera, dove non si adora il nostro Dio?» Ecco dunque che la vera felicità erompe solo dall’unione con Dio. È lui che dice al suo popolo: «Questo giorno è il giorno del Signore vostro Dio, non fate lutto e non piangete, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Però è solo con la venuta di Cristo in mezzo a noi che la gioia si realizza nel mondo. «Rallegrati» è la prima parola dell’Angelo a Maria, e l’anima della Vergine, traboccante di gioia per quanto Dio ha operato nel suo niente, esplode nel meraviglioso cantico del Magnificat, che trascina con lei tutto il suo popolo nella felicità. «Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia», dice l’Angelo ai pastori.
Tanta gioia non si limita alla nascita di Gesù, ma si irradia dalla sua Persona, nel cui volto prima la Vergine, poi i discepoli e tutto il popolo riconoscono la fonte della gioia, che scaturisce anche dalle-sue parole e dalle sue opere. Annunzia il lieto Messaggio, proclama le beatitudini, perdona i peccati, conforta, benedice. Gesù inizia la sua missione nella gioia di Cana, ovunque passa dona la sua gioia sanando ogni infermità e risuscitando i morti. La gioia ch’Egli porta, più che di beni e di cose è il dono di Se stesso. Perfino nel giorno che precede la sua orrenda Passione e Morte, Gesù prega per la nostra gioia: «Padre, ti prego, perché sia in essi la sapienza della tua gioia». Risorgendo dopo aver vinto la morte e scacciato il «principe di questo mondo», appare ai suoi, li conferma nella fede e dona loro una gioia che nessuno potrà togliere giammai.
«È vero, che nonostante fenomeni grandiosi ed ineluttabili abbiano gettato scompiglio nel mondo, e particolarmente nelle famiglie e in ciascuno di noi, anche sulla terra vi sono gioie semplici e schiette per l’uomo timorato di Dio: la salute, l’onesto benessere, la famiglia, l’amore coniugale, i figli, le vere amicizie, il lavoro, il riposo. Sono esse però gioie chiuse come in un vaso d’argilla che possono perdersi da un momento all’altro».
Qual è invece la gioia di Cristo? Contemplare il Padre e le sue divine perfezioni: il suo Essere infinito, il suo Amore, la sua Bellezza, la divina Purezza. La gioia di questa contemplazione forma il vertice della sua vita interiore. Nel suo Cuore arde costante il desiderio di immolarsi per la gloria del Padre e per la redenzione dell’umanità, perché Egli ama immensamente il Padre ed ama immensamente l’umanità: in lui quest’amore si concretizza nel dolore. «La tua nascita, o Maria – canta la Chiesa – annunzia il gaudio al mondo intero! » Anche il gaudio di Maria, in unione a quello di Cristo, è un fiore purpureo di sacrificio, perché lei è destinata a partecipare al martirio di Cristo. Ed è proprio attraverso questo sacrificio che ci comunica la gioia di Cristo. «Tu sei, o Maria, una visione di Paradiso, gaudio senza fine, causa della nostra letizia, perchè hai generato per noi la salvezza». Così afferma Giovanni XXIII.
Quanta gioia inondò il cuore di Maria la contemplazione del Figlio di Dio, lo stringerlo e nutrirlo al suo seno, amarlo e adorarlo! Quanta gioia la corrispondenza piena di Gesù, vedere le sue braccia tese verso di lei, sentirsi da lui chiamare teneramente «Mamma» e vederlo sereno dormire sulle sue ginocchia! Ella sapeva d’essere una Madre privilegiata e la prima creatura redenta dal Sangue che il Figlio cominciò a versare appena otto giorni dopo la nascita, nella Circoncisione. Sebbene la visione del Calvario facesse sobbalzare il suo cuore, godé trent’anni nella casa di Nazareth col suo Gesù.
Alla scuola di Maria noi apprendiamo come si gustano le gioie divine. Anche a noi, come a Lei, verrà la gioia nella contemplazione di Cristo, nel dare con Lui gloria a Dio, nel sacrificio, nella povertà, nell’annichilimento. Cos’è la gioia cristiana se non la partecipazione spirituale alla gioia insondabile, insieme divina e umana, che è nel Cuore di Cristo glorificato?
Nessuno è escluso dalla gioia di Cristo, ma quanti non la conoscono, quanti la rifiutano e preferiscono vivere nella disperazione! Essi non arrivano a comprendere che la vita è gioia finché è pura bellezza di Dio!
Chi è lontano da Dio, finché non fa a Lui ritorno, non può comprendere quanta gioia
porti il suo perdono e quanta festa si fa in Cielo per un peccatore pentito. Il vero cristiano non può tacere, non deve tacere il messaggio di gioia portato da Cristo e deve, con la sua presenza, esempio e parola, trasfonderlo nel cuore di chi soffre moralmente e fisicamente. Deve dimostrare che il cuore che l’accetta si sentirà sopraffatto dalla immensa bontà di Dio e sentirà scaturire dentro di sé una forza nuova ed arderà sempre di più di sete per lui. Unica sventura non è né il dolore, né la morte, ma non conoscere l’amore e la gioia di Cristo. È indispensabile vivere nella Chiesa di Cristo, dove, ad opera dello Spirito Santo, non ha mai cessato di zampillare la vera gioia cristiana, generando uno stuolo di santi, che in ogni tempo hanno ripetuto e ripetono il Magnificat di Maria. È la vera follia della croce, perché S. Paolo proclama in tutte le sue epistole, che non c’è altra gioia che lasciarsi crocifiggere con Cristo perché, senza la comunione alla croce, la gioia è pura illusione.
Il dolore, la persecuzione, lo stesso martirio e la morte, uniti alla croce di Cristo, si trasformano in fonte di gioia. Nessuna meraviglia se milioni di martiri, dalle catacombe ai nostri giorni, sono andati cantando in pasto alle belve e davanti al plotone di esecuzione; non è da meravigliarsi se S. Francesco, nella sofferenza delle stimmate e nella povertà, esplose nel Cantico delle Creature; se S. Gaspare, serafino e martire del Sangue di Cristo, gioiva fra le più abbiette umiliazioni e calunnie e si flagellava le carni; non è da meravigliarsi se gioiscono gli angeli delle corsie negli ospedali, tra i lebbrosi, tra gli affamati, gli handicappati, di fronte a píaghe schifose e purulente, incuranti di mortali contagi. «Sorridete sempre, dice Teresa di Calcutta, siate portatori di gioia, perchè chi dona con gioia, dona di più».
Chi recepisce questa gioia può gridare con Giovanni Paolo 11: «L’Alleluja è la nostra canzone! Alleluja, Cristo è venuto al mondo! Alleluja, Cristo è morto sulla croce! Alleluja, Cristo è risorto! Alleluja, Cristo è la nostra vita!» Cantiamo a nostra volta: Alleluja! Maria è con noi! A lei Dio ha assegnato il compito di conservare pura e intatta nel nostro cuore la presenza di Cristo Risorto, sola vera gioia del mondo.
O Vergine Maria, sei apparsa come la Mediatrice della vera gioia e della grazia, perché hai concepito lo Splendore dell’Eterna Luce: per la grande gioia e amara compassione che avesti ai piedi della Croce, donaci di rallegrarci sempre in Gesù, che è morto e risuscitato per noi.

 

Maria!

Il Tuo è un nome di regalità, di amore, di bellezza,Myriam o Maryam. In esso sono evocati lo stupore e l ‘ammirazione di chi si rivolge a Te riconoscendoti mara,”signora”, o mi-ram, “alta, eccelsa, desiderata”. Con questo nome si orienta a Te il desiderio del cuore inquieto,l’attesa dell’Amato che visita l’Amata. Quando risuona l’annuncio, che dalla bocca dell’Angelo raggiunge il Tuo orecchio e viene a riempire l’ascolto credente del Tuo cuore, Tu sei solo una “giovane donna”, una almah, secondo la testimonianza del Profeta: e quella parola, resa in greco con partenos, “vergine”, dice l’accoglienza libera e pura dell’anima, il Tuo essere fino in fondo la donna dell’ascolto plasmato dalla fede: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is7,14). Tu sei l’eletta, l’amata, che fa spazio all’avvento con l’umiltà dei poveri, innamorati di Dio, gli anawim, che confidano soltanto nell’Altissimo e sono aperti all’impossibile possibilità del Dio che viene, perseveranti nell’attesa che l’Unico parli, quando e come vorrà, e compia le Sue opere stupende e imprevedibili. Nel Tuo nome, l’Eterno e il tempo si sono incontrati: la voce uscita dal silenzio Ti chiama, e il Tuo nome si carica d’attesa nel Tuo volto, voce e sguardo della presenza del cuore, pronto a lasciarsi amare dal Dio tre volte santo e a essere e fare ciò che vorrà da Te, l’eletta, la signora, la desiderata, l’amata. Rallégrati, Maria! Ave!

In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quanto più uno s’adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono.

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