NATALE DEL SIGNORE di don Franco Galeone

  (francescogaleone@libero.it)

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate. Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa. Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro. Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame. I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi. Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza”.

Cosa ha voluto dirci con questa lettera Don Tonino Bello?

Il Natale è Dio che entra nella Storia. Ma oggi non interessa, perché l’Occidente ateo è riuscito ad amputare al Natale ogni tensione spirituale, riducendolo ad una festa senza più festeggiato, ad una vuota e frenetica operazione di marketing: un vero e proprio sputo verso quanto Dio è venuto a comandarci nel Vangelo. Già, il Vangelo, quel libro nel quale possono leggere e impara¬re i dotti e gli ignoranti, i grandi e i piccoli, i giusti e i peccatori; quel libro nel quale a caratteri di sangue sta scritto e spiegato il mistero dell’amore eterno di Dio verso gli uomini; quel libro che è una tale

scuola di sapienza e di scienza divina, che in esso si sono formati i più grandi Santi della Chiesa, e che senza di es¬so è impossibile comprendere e praticare virtù alcu¬na. Ma quel libro, per il quale hanno versato il sangue Cristo stesso, gli apostoli, e tutta l’immensa schiera di martiri della Chiesa, resta però chiuso, oltraggiato da quei sedicenti cristiani, che dicono di amare Dio, ma non si prendono neppure il piacere (è blasfemo parlare di fastidio) di leggerne, ascoltarne e diffonderne la Parola. Nel periodo natalizio, però, è pure blasfemo assistere al pienone dei centri commerciali e dei negozi, mentre le nostre chiese, belle e sublimi come non mai perché retaggio di un’era in cui Dio aveva la precedenza su tutto, se ne stanno vuote e disertate, salvo poi riempirsi di colpo alla Messa di Natale o a quella di Pasqua, di quei sedicenti cristiani che hanno trovato un mirabile compromesso nell’affidare a Dio la salvezza della propria anima per l’eternità per poi non degnarsi neppure di ascoltarne la Parola. Ed è così che l’analfabetismo religioso impera, che il Cristianesimo smette di avere dimensione sociale, mentre nell’Occidente ateo chi, da una parte, si ingozza al cenone e chi, non arrivando a fine mese, racimola tra i rifiuti; chi va a sballarsi di notte nelle discoteche e chi, nelle stesse ore, senza casa o famiglia, muore di freddo per le strade. E questo è accaduto perché noi credenti abbiamo perso di vista il fatto che la fede è un bene tra i più grandi che possediamo. Intanto, nella steppa desolata dell’indifferentismo e della derisione religiosa, non ci resta che la meditazione, triste e ammirata, su queste quanto mai profetiche parole di Gesù: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?” (Lc.18,8). E allora, come vuoi sia il TUO Natale? Con affetto.

Tuo don Franco Galeone.

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