Natale sul Naviglio Grande (Milano) di Franco Presicci

Quando ero un ragazzino e così basso che il tabaccaio di fronte a casa mi sentiva ordinare il sale per la nonna ma non riusciva a vedermi, alcuni giorni prima di Natale facevano la loro comparsa gli zampognari con l’abito da pastori abruzzesi e suonavano la cornamusa. La gente si affacciava alle finestre e al termine di un paio di suonate lanciava i soldini. Li davano volentieri, anche se i tempi erano magri e la carne si mangiava una volta la settimana. A Milano me li ero quasi dimenticati e ne ho rivisti solo qualche anno fa nel cortile del grande acquafortista Gigi Pedroli, sull’alzaia Naviglio Grande; e al mercato del giovedì, a Niguarda, in una giornata molto fredda che però non scoraggiava le file davanti al banco del pesce e a quelli della frutta.

Gli zampognari erano personaggi attesi anche perché incrementavano l’aria natalizia. Ne ho ritrovati tanti nel laboratorio storico di Manola Artuso e Gianluca Seregni, legati nella vita e nell’arte, nel capoluogo lombardo, in viale Certosa 91: arteria così chiamata perché l’arcivescovo Giovanni Visconti vi sistemò alcuni certosini in cerca di una dimora e assegnò loro un po’ di terreni per costruirvi una cappella. I suonatori in questa bottega storica non sono da soli, ma in compagnia di taglialegna, fornai, fabbri, calzolai, donne con la brocca, con il cesto, pecorai, re Magi e naturalmente pecore e cammelli. Tutte le figure che abitano il presepe, che in anni più recenti ha cominciato ad ospitare anche il pescivendolo e il pizzaiolo, tipici delle invenzioni napoletane. Sono manufatti prestigiosi, come le Madonne, i Bambinelli e altri santi che poi vengono spediti all’estero: in Argentina, Spagna, Medio Oriente…

Sono rimasto estasiato di fronte a questa folla esposta sugli scaffali e alle architetture sacre che con amore e pazienza i due artisti elaborano per clienti comuni e collezionisti. Si ha difficoltà a muoversi in questo ambiente che merita il nome di regno del presepe tra statue ad altezza naturale e tutto questo popolo che i bambini vedranno con gioia scendere da una montagna o seduto in una grotta bene illuminata tra conigli, galline, asinelli, pomodori, granturco, cipolle appesi nelle scenografie messe in piedi dai papà con abilità o improvvisazione. Comunque il presepe è arte, sogno, luce, un messaggio di pace, di serenità ad un mondo che si lacera nelle guerre; a uomini che hanno perso i valori di un tempo. E serenità si avverte ammirando le opere di Manola, laureata in pittura a Brera, e di Gianluca, tra l’altro delicato, sensibile pittore naif, laurea in restauro e in conservazione dei Beni Culturali.

Se si ha la fortuna di trovarli un po’ più liberi del solito si può avviare una conversazione, ed emergono perle sulla storia del presepe, che grande o piccolo che sia, geniale o modesto, ricco o povero, in gesso, in sughero, in cartapesta, in terracotta, non vi possono mancare la stella cometa, che guida i re Magi alla grotta, il bue e l’asino, che erano assenti ini tempi molto lontani e oggi onnipresenti, simboleggiando il primo l’umiltà e il secondo la costanza  (quando ritiene di aver lavorato abbastanza non c’è verso di farlo muovere, consapevole dei suoi diritti, che difende senza l’intervento dei sindacati). Ascoltiamo e guardiamo le varie composizioni artistiche, gli impianti scenici creati da Manola e Gianluca e le loro statuine in gesso di alabastro e acqua mischiati con elementi segreti che si rifanno ai modelli originali del ‘700.

Parlando, si parte dal ‘300, quando sembra che in Toscana fossero già stati allestiti presepi con figure anche ad altezza naturale e si finisce al presepe lombardo e al museo del presepe di Brembo di Dalmine, che accoglie centinaia, forse mille splendide realizzazioni provenienti da ogni parte del mondo. L’argomento scivola sulle statuette di Matera, sul presepe in cera colorata del Museo di Messina, sorvolando le statuine della bottega Bongiovanni-Vaccaro di Torino…

Il presepe diventò popolare nel ‘400. Da allora se ne fanno anche un legno, materiale preferito dagli Alemanno, probabilmente lombardi, e nel 1480 da Bongiovanni Lupi da Lodi, di cui uno è custodito a Rivolta d’Adda, in provincia di Cremona. A Napoli emersero atti che testimoniano presepi di corte già in epoca quattrocentesca. E presepi abbondavano sul Sacro Monte di Varallo… La Puglia abbonda di artisti che sagomano la cartapesta o l’argilla, come il leccese Carlo Zimari (ricordiamo il suo albero della cuccagna), e il carro a due ruote di Filandro De Giovanni, leccese anche lui… Gianluca, persona squisita come Manola, oltre che appassionato è un vero conoscitore di botteghe e artigiani famosi e dei materiali che trattavano. A Bergamo erano specializzati nella lavorazione del gesso e una volta le loro opere erano richieste prevalentemente da chiesi e conventi. A Milano in via San Pietro all’Orto c’era il presepe meccanico, aperto fino a Pasqua, vicino all’”omn de preja “, l’uomo di pietra, una statua su cui venivano appiccicati foglietti di protesta.

Presepi ovunque, dunque, nelle case, nelle chiese, nelle piazze, magari sotto l’albero di Natale. Con il nonno a raccontare la storia di questi panorami intrecciandola con la fantasia. Prendiamo in mano un Bambinello dall’incarnato roseo, e dalla sagoma armoniosa, e Manola ci dice che è destinato a un esigente, competente, colto, assiduo collezionista, e si prepara a “a dar vita” a un San Giuseppe alto un metro e mezzo, l’espressione pensosa e le mani giunte in preghiera. E’ faticoso farla posare con Gianluca per una foto, nonostante sia lei che lui siano di una gentilezza e di un’ospitalità commovente.

Ancora qualche dettaglio non da poco. Come detto, sono anche restauratori eccezionali, noti per aver restituito la bellezza a centinaia di pezzi dall’enorme valore storico, compresi 40 esemplari in legno ad Albonese. Una signora impacchetta un presepe eccezionale e rispondendo a una domanda dell’acquirente mormora: “Presepe vuol dire recinto chiuso, mangiatoia”. Ma il giaciglio di Gesù Bambino è collocato tra sentieri, discese, montagne, cortili, ponti, stazzi e spiazzi erbosi…, tra personaggi in adorazione.

Il presepe è comunque una composizione straordinaria, con elementi essenziali come l’acqua, che con la fontana, il laghetto, il ruscello, la cascata… simboleggia la purificazione; e il fuoco, con il camino, la fornace del fabbro, la luce che pulsa dietro la cometa e nelle caverne la salvezza. I presepi sono ambienti da favola, in cui vorresti entrare, magari nelle vesti del vecchietto con la lanterna o del contadino con la vanga in  mano attorniato da tanti animali da cortile o dello scarparo sistemato dietro il deschetto… per sentirti protetto in un mondo che sogni.

Franco Presicci

 

 

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