Riflessioni sul Vangelo di domenica 12 Gennaio 2020 a cura di Don Franco Galeone

12 gennaio 2020    BATTESIMO DEL SIGNORE (A)

DAL BATTESIMO DI ACQUA … AL BATTESIMO IN SPIRITO

 gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים  הקדושים

(francescogaleone@libero.it)

Il battesimo: una scelta e …

  1. Se chiedessimo: “Cos’è il battesimo?”, avremmo qualche risposta, perché “battesimo” e “battezzare” sono termini ricorrenti; significano: iniziare, inaugurare; abbiamo così il battesimo dell’aria, di una nave, di un bambino. Battesimo significa inizio. Il sacramento del battesimo ci rende figli di Dio non in senso naturale ma adottivo; l’adozione non è solo esteriore ma interiore, per cui possiamo rivolgerci a Dio e chiamarlo Padre. Questa è la nostra nuova dignità: formiamo la famiglia di Dio. Chi ha adottato un bambino, può meglio comprendere questa verità. Non si tratta di un’adozione a distanza, ma Dio chiama noi, estranei, nella sua casa, e ci dà tutto: nome, cognome, affetto, vita eterna. Questa scena del battesimo è stata scritta per noi, perché almeno una volta all’anno facciamo memoria di questa misteriosa e dimenticata adozione. Purtroppo, nessuno di noi ricorda il giorno del suo battesimo. E’ un male! Chi di noi ricorda di essere stato profumato con olio benedetto, di avere ricevuto una veste bianca, di avere promesso di seguire Cristo e di rinunziare al male? Ricordi lontani, e perciò è urgente riflettere su quell’inizio della nostra storia di salvezza: da quel momento siamo entrati nella Chiesa, famiglia di Dio. Il battesimo di acqua, di privilegio, di separazione, lo hanno chiesto altri per noi; ma il battesimo di fuoco, di consacrazione, di testimonianza, dobbiamo chiederlo noi.

… un impegno per sempre

  1. Nati e vissuti in una religiosità senza fede, in una cristianità senza cristianesimo, dobbiamo riscoprire, come i neocatecumenali, le esigenze e la grandezza della nostra fede. “Riconosci, o cristiano, la tua dignità”. E’ difficile, perché viviamo in una religiosità scenografica, folcloristica, post-cristiana, ricca di giocattoli religiosi, ma povera di valori autentici. Se pensiamo che la famiglia non è più oggi l’unica agenzia educativa; che i genitori non possono fare scelte definitive per i figli; che molti figli non avranno un’educazione religiosa; che molti genitori chiedono il battesimo per paura o per tradizione o per convenienza (un padrino importante!); se pensiamo che dobbiamo convivere con culture e religioni diverse dalla nostra; se pensiamo che solo il 15% di giovani fa riferimento al Vangelo nella vita; che il 70% rifiuta l’etica della Chiesa; che l’80% si stacca dalla parrocchia dopo la cresima… è a tutti evidente che cristiani non si nasce, ma si diventa!

Come Gesù!

  1. Nella breve storia di Gesù, c’è stato un momento decisivo, il battesimo, che segna un prima ed un poi nella sua vita. Fino a questo momento, Gesù era stato uno sconosciuto lavoratore manuale nel villaggio di Nazaret. Ma, arrivò il giorno nel quale Gesù capì che doveva cambiare vita, che aveva una missione da realizzare. Probabilmente sentì parlare di Giovanni Battista, del suo battesimo, delle migliaia di persone che andavano a farsi battezzare nel fiume Giordano. E Gesù capì che per lui in questo consisteva la chiamata.
  2. Cosa era realmente il battesimo di Giovanni? a) Era un atto unico che non si ripeteva. Quindi doveva essere un cambiamento decisivo nella vita, per sempre. b) Non era un rituale di purificazione in più, uno dei tanti tra i molti che avevano gli ebrei. c) Era un bagno di immersione nell’acqua, non per essere puro e pulito, ma per esprimere la “conversione” (metánoia), cioè il cambiamento di mentalità (metá-noús). La grande novità di tutto questo risiedeva nel fatto che fino ad allora solo il sacerdote, nel tempio e mediante un sacro sacrificio, poteva perdonare i peccati (J. S. Keselman). Giovanni modifica tutto il sistema penitenziale di Israele: lo toglie dal tempio, dal culto e dalle mani dei sacerdoti e lo porta nel deserto.

Il battesimo di Agostino

  1. I cristiani sono una razza in via di estinzione? Qualcuno lo sostiene. Tempo di crisi, ma anche possibilità di scelte radicali per Cristo. Diventa sempre più necessario schierarsi, scegliere, compromettersi. Aut aut! Questo fece Agostino quando decise di ricevere il battesimo dal vescovo di Milano, Ambrogio. Mi piace ricordare quella scelta, come la descrive nel libro IX delle Confessiones. Nella notte pasquale dal 24 al 25 aprile del 387, Agostino fu battezzato insieme al figlio quattordicenne Adeodato. Agostino ha 33 anni! Il battesimo allora veniva a conclusione di una veglia di preghiere, di riti, di canti, che durava sino all’alba. Rivolto all’Occidente, dove la luce tramonta, e perciò simbolo del male, Agostino promette di rinunciare al demonio; poi, rivolto all’Oriente, dove la luce sorge, e perciò simbolo del bene, Agostino promette di seguire Cristo. Poi scende nella vasca battesimale. Intanto gli chiedeva il vescovo Ambrogio: “Credi in Dio? Nel Signore Gesù? Nello Spirito Santo?”. Ed egli accompagnò la triplice risposta “Credo” con una triplice immersione. Uscito dall’acqua, Ambrogio lo rivestì di una veste bianca, gli lavò i piedi, lo segnò con il santo crisma; infine, accompagnò tutti i battezzati nella Basilica maggiore per l’eucaristia. Il ricordo di quella notte non si cancellò più dalla sua anima: “Fummo battezzati e scomparve così ogni nostra preoccupazione riguardante la mia vita passata. Quanto ho pianto di profonda commozione! Mentre le lacrime scorrevano, io sentivo una grande felicità”.

Gesù si è messo in fila!

  1. Il battesimo può avere due significati: uno di segregazione e di privilegio, e quindi di alimento sacro degli istinti di potenza; l’altro di consacrazione e di missione, perché si realizzi la pace e la giustizia. Essere battezzati vuol dire essere mandati; il battesimo è una consacrazione: come Gesù, siamo inviati nel mondo, a denunciare il male, ad annunciare la liberazione. Siamo stati abituati ad operare discriminazioni nella vita e nella Chiesa; siamo stati abituati a parlare di lontani e di vicini, di credenti e di non-credenti, di giusti e di peccatori … Queste discriminazioni vanno superate. Dobbiamo ripeterci la verità di Pietro: “Dio non fa preferenze di persone: chi pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto”. Questa apertura non è irenismo superficiale; è un modo profondo di entrare in rapporto con l’altro; le altre distinzioni sono importanti, ma vengono tutte dopo. Gesù si è messo in fila. La scena doveva provocare scandalo ai primi credenti: il Gesù della risurrezione in fila insieme ai peccatori, e nemmeno al primo posto. Siamo disposti a vederlo anche nella gloria della sofferenza della croce (che è sempre grandiosa!), ma uno in fila, all’ultimo posto, o a tavola con i peccatori … tutto questo facciamo fatica a crederlo. Gesù si è messo in fila, non ha avuto nemmeno il primo posto, ma è stato ultimo tra gli ultimi, e per questo Dio lo ha esaltato: “Ecco il mio Figlio prediletto”. Se avremo fatto, oltre alle processioni e alle liturgie, ai canti e alle incensazioni, anche tanti servizi ai fratelli bisognosi, anche noi ascolteremo le parole del Padre: “Ecco il mio figlio prediletto”. Non ci è lecito cantare il nostro bel gregoriano, se non dopo avere lottato contro ogni forma di sofferenza. BUONA VITA!

 

ואצּרנּה עקב   ‎ הוֹרני יהוה דּרך חקיך   (Ps 119:33)

  Insegnami, Signore, la tua volontà, e io la eseguirò!

 

 

 

 

6 gennaio 2020    EPIFANIA DEL SIGNORE (A)

DAL CREATO … AL CREATORE

 gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים  הקדושים

(francescogaleone@libero.it)

 

La domenica della “rivelazione del Cristo a tutti i popoli”

  1. Il racconto dei Magi non è un racconto storico. È una leggenda che esprime quello che la Chiesa celebra in questo giorno: la manifestazione del Signore a tutte le genti della terra. Gesù non è patrimonio del Cristianesimo o della Chiesa. Gesù non appartiene a nessuno perciò è patrimonio dell’umanità. È anche di coloro che non lo conoscono. E di coloro che non credono in lui. Gesù è un bene universale, che supera le frontiere ed i credo di tutte le religioni. Perché il cristianesimo non è una religione. Il cristianesimo è un “progetto di vita”: il progetto dell’onestà, della rettitudine, del cuore buono, della solidarietà. Ossia, tutto quello che ci unisce tutti e ci rende uguali a tutti. Questo ci dà senso per questa vita. E dà speranza di un’altra vita senza fine.
  2. Questo racconto dei Magi sicuramente non ha valore storico. Ma ci interessa come parabola della vita. Qui, infatti, emergono con chiarezza varie cose di enorme importanza: 1) La frequente crudeltà del potere politico quando è assoluto e si sente minacciato. 2) La collaborazione che tante volte il potere religioso fornisce al potere dominante, certamente perché entrambi hanno interessi che sono loro comuni. 3) L’utilizzazione dei libri religiosi (in questo caso, la Bibbia) fatta dai sacerdoti e dai loro teologi per servire gli interessi del potere politico ed economico. 4) L’accanimento dei potenti con i deboli, così come Erode si è accanito senza pietà con Maria, Giuseppe ed il Bambino. 5) In generale, quelli che appaiono come i “deboli” hanno più capacità di pazienza e di resistenza dei “forti”, come Gesù ed i suoi genitori, per sopportare di più e meglio di Erode. 6) Il potere è cinico, bugiardo ed inganna su tutto quello che gli interessa, come Erode ha ingannato i Magi. 7) Alcuni strani “stranieri” (i Magi) con Gesù sono stati più generosi dei poteri politici e religiosi del suo popolo. È importante rendersi conto che tutto questo continua a capitare nell’attualità. E, a partire da quanto detto, costruire il nostro “progetto di vita”.

Epifania, non Befana!

  1. L’Epifania ha subìto un processo di degradazione semantica, una caduta verticale di significato nota a tutti: dalla “Epifania” alla “Befana”, la vecchietta dei regali e dell’anno vecchio che se ne va! Ma ha conservato la sua immensa popolarità, tanto che, dopo aver tentato di sopprimerne la festa, la si è dovuta subito ripristinare. Epifania è una parola che deriva dal greco, e significa la rivelazione dell’amore gratuito ed universale di Dio padre. Lungo i secoli, l’Epifania è diventata anche la festa della luce, della ragione che cerca la fede, la festa della salvezza offerta a tutti. A Natale è apparsa la salvezza, nell’Epifania questa salvezza viene offerta a tutti. La caratteristica dell’Epifania è questo respiro universale, questa salvezza alla portata di tutti. Difatti, la pietà popolare ha dipinto con tre colori diversi la pelle dei tre Magi, proprio a indicare l’universalità della salvezza. Quella salvezza, riservata agli ebrei, è ora per tutti, perché davanti a Dio non esiste nessun popolo eletto né razza pura: “Dio non preferisce nessuna etnia: chi pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto”, leggiamo negli Atti degli Apostoli. Per troppo tempo la Chiesa cattolica, cioè noi, è stata legata alla filosofia greca, al diritto romano, alla cultura occidentale, all’uomo bianco. Ma la Chiesa non può essere bianca o nera, borghese o proletaria, dell’est o dell’ovest. La Chiesa è “cattolica” nel senso etimologico del termine, e cioè aperta a tutti. La casa di Dio appartiene a tutti!

Tornare alla vita “per un’altra strada”

  1. Per avere dimenticato la verità della “paternità universale di Dio”, abbiamo inaugurato un sistema di facili etichette e di odiosi ostracismi; abbiamo proclamato le guerre sante delle crociate; abbiamo bollato come radical-estremista chi aveva un pensiero diverso dal nostro; abbiamo innalzato roghi per eretici che andavano curati e non bruciati; abbiamo eretto tribunali per inquisire e torturare chi rifiutava le nostre verità e le nostre virtù; abbiamo predicato l’antigiudaismo, costruito il ghetto, cucito la stella di David, provocato l’Olocausto; abbiamo composto il Sillabo e l’Indice dei libri proibiti, lanciato scomuniche, censure, sospensioni, interdetti … che scandalosamente offendono l’unità della famiglia umana, e che oggi faticosamente si cerca di ricomporre. “In quante divisioni noi cristiani portiamo la nostra parte di responsabilità”, ha riconosciuto Giovanni Paolo II. Qualcuno ha salutato questo linguaggio come una svolta storica nella dottrina cattolica. Per la prima volta un papa parla di “rispetto dei diritti degli altri, che non appartengono alla nostra religione”. Dobbiamo stare quindi in guardia a non dicotomizzare candidamente i buoni da un lato (i cristiani, per esempio, popolo della nuova alleanza!) e i cattivi dall’altro (gli ebrei, per esempio, popolo della vecchia alleanza!). La felice avventura dei Magi può essere anche la nostra, se avremo il  coraggio di metterci in cammino, di rischiare, di essere coerenti, di credere ai sogni, di sfidare il sorriso della stupida maggioranza; se torneremo in famiglie e nel lavoro per un’altra strada, non in senso geografico ma spirituale: non ritornare al Potere, nel Palazzo di Erode, con la sua sterile sapienza, ma convertiti dentro, rifatti nel cuore, con la gioia di chi ha davvero incontrato il Signore!
  2. I Magi vengono da lontano: questo significa che le speranze umane non hanno il loro epicentro in noi: si stanno organizzando fuori di noi. Per secoli abbiamo creduto che il Regno di Dio avesse le dimensioni della Chiesa cattolica, e che fuori dalla Chiesa non ci fosse possibilità di salvarsi. Abbiamo invece riscoperto che Dio illumina ogni uomo in questo mondo, e che Dio cerca adoratori in spirito e verità. Noi, da che parte stiamo? Non è scontato che stiamo dalla parte di Cristo, come ci farebbero pensare la nostra educazione religiosa e la nostra devozione domenicale. Venivano da molto lontano quei Magi che annunciavano la nascita di Cristo. A portare a Gerusalemme, la città santa, l’annuncio che era nato Gesù, non furono i sacerdoti e i teologi, ma degli estranei. La salvezza, oggi, passa per luoghi inediti, per canali non autorizzati. Cristo circola, come sempre, in incognito. Credere nel Vangelo significa anche ascoltare un messaggio che ci viene da fuori, da lontano.

I Magi: viandanti in cerca della Verità

  1. Beati coloro che dimenticano la sterile saggezza; che non vanno a rintracciare la parola di Dio nella polvere dei concili del passato, perché viva e imprevedibile è la parola di Dio, e si affida ai gesti, ai gemiti, alle insurrezioni, alla bellezza della vita, che nasce al di fuori degli steccati della nostra civiltà! Questa considerazione non è guidata da frustrazione storica o da volontà di autodenigrazione: esprime la fiducia nella paternità universale di Dio, che non può essere intrappolato dalle astuzie della piccola ragione umana, né piegato dalle nostre preghiere a fare la nostra volontà. Verità scomode, ma liberanti! Diventano una sicurezza storica e una consegna di vita, perché ci obbligano a liberarci da concezioni magiche, da congelamenti ideologici, da giocattoli religiosi. Come i Magi, siamo invitati alla conversione del cuore, a tornare in patria per un’altra strada, quella di un’altra vita, ma con la luce di una stella in fondo al cuore. Per sempre! E’ così che mi piace pensare ai Magi: non come intellettuali che il potere ha messo a tacere con la paura e i regali, ma come filosofi alla ricerca di una verità più grande. Uomini della statura del biblico Abramo, che lascia tutto, sfidando il ridicolo della gente, per addentrarsi nelle tenebre luminose dell’avventura divina, con poche certezze, molti rischi, e la possibilità del fallimento. Stanchi di ruminare la vecchia verità, di riscaldare nelle gelide cosce lo sterile uovo, hanno provato una volta a credere all’utopia, alle stelle, ai sogni, alle voci del cosmo, e in fondo al viaggio, la felice scoperta: Cristo non li aveva attesi, ma era stato loro compagno e loro guida. Uomini come il mitico Ulisse, che non ha voluto entrare nel gregge della mediocrità generale, non si è rassegnato al conformismo. Fra le risate dei benpensanti, i Magi hanno testimoniato che Dio è il solo che mai può essere cercato inutilmente, neppure quando appare impossibile trovarlo. BUONA VITA!

ואצּרנּה עקב   ‎ הוֹרני יהוה דּרך חקיך   (Ps 119:33)

  Insegnami, Signore, la tua volontà, e io la eseguirò!

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