Qualcosa deve accadere, è l’avventura che genera altra avventura, infatti i romanzi di Salgari non hanno mai una vera e propria fine. Spesso da un romanzo ne nasce un altro, attraverso una sorta di “ciclo continuo”. Forse la critica ha sempre rimproverato a questo scrittore un linguaggio frettoloso, tendente al dialogo a scapito delle descrizioni. E forse questi “difetti formali” di fatto esistono, ma i romanzi di Salgari contengono ambienti misteriosi, eroi esaltanti e atmosfere che stimolano la fantasia del lettore. Dobbiamo dargliene atto. Per questo dalle sue opere sono state realizzate moltissime trasposizioni per il cinema e la televisione. Primo fra tutti, lo sceneggiato televisivo “Sandokan” del 1976, diretto da Sergio Sollima, che tutti ricordiamo.
A Venezia, Emilio Salgari seguì i corsi dell’Istituto nautico senza tuttavia riuscire ad ottenere il diploma di capitano di lungo corso cui tanto aspirava. Lettore appassionato di Verne e di Stevenson, egli fu autore di innumerevoli racconti. Dei suoi oltre 80 romanzi, i più famosi sono senza dubbio “I misteri della giungla nera”; “I Pirati della Malesia”; “Il Corsaro nero” e “Le Tigri di Mompracem”.
A lungo si è parlato, fra l’altro una leggenda da lui stesso alimentata, del fatto che le sue storie riflettessero esperienze giovanili di viaggio. Al contrario, la scrittura era frutto di incontrollata fantasia, ovvero il mezzo per evadere dall’orizzonte di un’esistenza provinciale. L’unica avventura marittima documentata, fu a bordo dell’Italia Una, nave sulla quale il giovane scrittore intraprese un viaggio di tre mesi costeggiando le rive dell’Adriatico.
Tutto il resto è invenzione.
Salgari non conobbe mai ricchezza. Amatissimo dai lettori, fu ignorato dalla critica e malvisto dagli educatori. La nascita di quattro figli e la preoccupante malattia mentale che colpì la moglie Ida, lo portarono a condurre una vita in assoluta povertà. Sfruttato dagli editori che evitavano di pagargli i diritti, Emilio Salgari morì suicida a Torino nel 1911. Lasciò una lettera di accusa proprio contro questi editori che si erano comportati, nei suoi confronti, da veri e propri truffatori.
Una vita dura e difficile la sua, che non gli ha impedito di creare vicende e personaggi ormai entrati nell’immaginario collettivo. Sandokan e il Corsaro nero, oggi come allora, sono più vivi che mai, nonostante siano passati più di cento anni dalla morte del loro autore.
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