Ripartire con la cultura Scavi archeologici: Resti Villa Romana a Baia Felice – Cellole

Quarantesima tappa

Parte prima

Prima di esaminare le strutture superstiti della villa marittima di S.Limato, è interessante fare alcune considerazioni sull’espressione “villa marittima”, il cui impiego generico ha indotto alcuni studiosi ad attribuirla solamente alle ville caratterizzate da strutture architettoniche sull’acqua o ad essa adiacenti, con la conseguenza di creare un’ulteriore suddivisione tra le residenze costiere e quelle più vicine al mare. Si può constatare, tuttavia, che la maggior parte degli studiosi che ha affrontato temi legati alla villa romana, nel suo complesso e nelle sue specificità, non abbia considerato utile ricorrere a un’ulteriore suddivisione tipologica tra le ville edificate sul mare e quelle edificate sulla costa. Fondamentali le ricerche del Mansuelli che, tra il 1958 e il 1969,pubblica studi importantissimi sulla villa romana, nei quali si rivela che questi complessi architettonici, sebbene legati a poche categorie tipologiche, potevano dare soluzioni estremamente varie perché subordinate alla fantasia dell’architetto e del committente. Si ribadisce, quindi, che è improprio e difficile ricondurre ”queste manifestazioni a determinativi unici”. Per il Mansuelli le ville marittime- che definisce similmente “ville litoranee” o ”costruzioni vicine al mare o ai laghi- sono quasi sempre(non è quindi una costante) caratterizzate da moli o costruzioni che oltrepassavano la linea di spiaggia e nelle quali la compenetrazione tra ambiente naturale e costruzione architettonica è un tratto distintivo, non escludendo- anche nell’accezione più lussuosa- finalità economiche su larga scala. Tra il 1970 e il 1979 una serie di pubblicazioni di grande rilievo ha fornito nuovi elementi alla conoscenza delle residenziali architetture marittime.

Notevoli, in particolar modo, i contributi di D’Arms che, a cominciare dalla pubblicazione del 1970, attraverso una capillare analisi delle fonti letterarie, ha rilevato che le prime ville costiere di otium dell’area flegrea con ridotta o assente produzione agricola risalgono alla metà nel II secolo a.C. con un continuo sviluppo certo fino al periodo Flavio: egli ha anche sostenuto il fondamentale e quasi esclusivo apporto delle fonti letterarie nella conoscenza dei ricchi proprietari delle villae marittimae campane e della loro condizione sociale. Il D’Arms argomenta che le ville costiere o marittime(aggettivi che lo studioso uso indifferentemente) furono essenzialmente non produttive e che il loro mantenimento economico fu a carico dei possedimenti del retroterra, sebbene non escluda le possibili eccezioni, rivelando inoltre il loro notevole valore immobiliare e commerciale che si accresceva con l’aggiunta di infrastrutture come le peschiere. Un fondamentale apporto alle conoscenze architettoniche e ideologiche della villa di lusso è fornito da Zanker che analizza dall’età repubblicana all’età imperiale, l’evolversi delle forme dell’abitare divenute luogo dell’autorappresentazione sociale. Lo studioso sottolinea come l’architettura e l’arredo delle lussuose ville- considerate ”un fenomeno chiave della ricezione della cultura ellenistica da parte del ceto elevato romano”- fossero usati come mezzo posto al servizio dell’autorappresentazione del proprietario. Lavori di sintesi sulla villa romana e, nello specifico, sulla villa marittima si devono al Lafon e al Gros: per quest’ultimo esiste sicuramente una distinzione tra villa ”costiera” e villa “marittima”, sebbene riconosca che questa differenziazione fosse ignorata dagli antichi. Secondo lo studioso, le ville marittime si distinguono dalle ville costiere per differenze strutturali(perché provviste di costruzioni che avanzano nel mare) e per finalità(perché erano indirizzate all’allevamento di pesci nelle peschiere). Egli afferma inoltre- sebbene con molte perplessità dovute alla mancanza di dati archeologici- che queste residenze non erano legate allo sfruttamento di un fondo agricolo.

Parte seconda

La villa marittima di S.Limato si trova a nord della colonia romana di Sinuessa: i pregevoli resti documentano una lussuosa residenza- parzialmente rimessa in luce nel 1971- in località S.Limato, nel comune di Cellole, costruita presumibilmente all’inizio dell’età imperiale lungo la fascia bassa e sabbiosa caratteristica della costa settentrionale della Campania. Questa regione, rispetto ad altre zone d’Italia è quella in cui si è verificata, soprattutto in età imperiale, una forte concentrazione di ville signorili, tanto che Strabone(V,4,8),in riferimento alla costa di Baia, afferma che le ville si susseguivano in una progressione ininterrotta e il litorale aveva preso l’aspetto di una città. La costa campana di fatto costituì, dalla fine della Repubblica e per tutta l’età imperiale, un posto alla moda dove l’aristocrazia senatoria di Roma possedeva le sue ville suburbana e la cui amoenitas locorum era il requisito imprescindibile del loro sorgere, finalizzato al godimento dell’ambiente circostante. La documentazione archeologica evidenzia come l’originario nucleo di queste residenze, costituito da atrio e tablino, si dilati a poco a poco con l’aggiunta di nuovi ambienti(oeci, esedre, peristili, ninfei) decorati fastosamente con statue, mosaici e pitture parietali.

L’ampliamento della struttura abitativa d’origine porta alla formazione di diverse e molteplici realizzazioni architettoniche difficilmente riconducibili entro i limiti di una tipologia unitaria; come confermano anche le numerose rappresentazioni pittoriche, ogni villa offre una soluzione propria, rispondente alla particolare situazione ambientale. La villa marittima di S.Limato è un interessante esempio di architettura residenziale, le cui strutture superstiti sono in parte incorporate in una masseria settecentesca, mentre la maggior parte degli ambienti visibili è relativa al suo impianto. Il mosaico è databile, in base a confronti, alla prima metà del II sec d.C. e fu tagliato in un momento successivo per l’inserimento di una vasca circolare addossata ad una parete. A sud del frigidario si trovano gli ambienti riscaldati, tra i quali si distinguono il calidario e il tepidario, di cui è conservato solo il livello sul quale poggiavano, su un piano di tegole, le suspensurae (colonnine di mattoni o tegole), che sostenevano il pavimento superiore e permettevano la circolazione dell’aria calda.

Lo stato attuale del complesso permette di riconoscere solo una parte dell’originario aspetto della villa che, alla bellezza dell’impianto, aggiungeva uno splendido apparato decorativo, come conferma il ritrovamento, nel 1954(durante i lavori agricoli nel terreno limitrofo),di importanti reperti scultorei ora conservati nel Museo Nazionale di Napoli: tra questi spiccano la testa di marmo dell’imperatore Claudio, una testa di fanciulla inquadrabile stilisticamente sempre in età claudia e un frammento di maschera comica silenica. Le strutture visibili a quota inferiore ,realizzate in opera mista di reticolato e mattoni, sono coperte con volte a botte e realizzano il criptoportico di costruzione sul quale poggiano gli ambienti residenziali della villa posti a un livello superiore. Nella parte finora esplorata si possono distinguere due settori separati da un corridoio di servizio largo m.1,20.

Nel settore settentrionale si sviluppano gli ambienti pertinenti all’impianto termale che conserva ancora riconoscibile il frigidarium distinto da nicchie absidali e rettangolari che,in origine, dovevano alloggiare decorazioni scultoree. Il rivestimento pavimentale è formato da un incantevole mosaico di buona fattura, databile alla prima metà del II secolo a.C., composto da tessere bianche e nere, che presenta una suggestiva decorazione caratterizzata da pesci, da un delfino, da un drago e da altri animali marini. In una seconda fase di vita della villa, il mosaico fu tagliato con l’inserimento di una vasca circolare. A sud del frigidarium si sviluppano altri ambienti tra i quali si distinguono il calidarium e il tepidarium. Sul lato ovest del complesso architettonico, si sviluppano due praefurnia -uno a pianta rettangolare e uno a pianta absidata- i quali consentivano il riscaldamento dell’aria e dell’acqua dei bagni termali. Nel settore meridionale della villa si conservano solo alcuni ambienti contraddistinti da nicchie e rivestimenti pavimentali sia in mosaico che in marmo. L’esame delle strutture superstiti della villa ,realizzate in laterizio(ad eccezione di alcuni muri caratterizzati da un paramento in opera reticolata e testate in laterizio)consente di distinguere due fasi costruttive, il cui impianto originario sembra collocarsi nell’ambito del I secolo d.C.; mentre una successiva ristrutturazione e ampliamento della residenza si può ipotizzare nel II secolo d.C., quando fu realizzato il tappeto musivo con scena marina. I dati che emergono dalla ricerca archeologica costituiscono un punto di partenza irrinunciabile per la conoscenza di questa edilizia residenziale e di prestigio, terreno adatto a sperimentazioni e rielaborazioni di planimetrie appropriate alle esigenze di una società fortemente gerarchizzata. A partire dall’ultimo secolo d’età repubblicana e per tutta l’età imperiale, l’uso di tale edilizia architettonica rende evidente assimilazione ideologica di modelli propri di uno status symbol esprimendo, anche attraverso forme architettoniche destinate al diletto e all’otium, la propria volontà di affermazione sociale. Nello sviluppo di queste dimore notiamo, infatti, che gli impianti progettuali prevedono anche ambienti dove si può esercitare il potere reso visibile attraverso l’appropriazione di spazi che simboleggiano il pubblico: ad esempio gli impianti termali, manifestazioni architettoniche che hanno risvolti storico-sociali molto importanti, in quanto l’appropriarsi di architetture e simboli propri degli edifici pubblici conferisce a determinati ceti sociali un potere personale non vincolato a una sede topografica ufficiale. La trasposizione di modelli dell’edilizia pubblica urbana, come gli impianti termali, documentabili nelle villae marittimae a cominciare dall’età augustea, sembrano motivati, più che dalla difficoltà di raggiungere i servizi urbani, da prerogative di autorevolezza. L’aspetto è egregiamente documentato dalla letteratura antica: verifichiamo che Cicerone si pone esplicitamente la questione di individuare quale dovrebbe essere l’abitazione di un uomo di elevata condizione per ufficio e per prestigio “qualem hominis honorati et principis domum placeat esse”, ponendo una stretta correlazione tra la planimetria e la struttura della casa e le finalità di uso che con essa il proprietario intende raggiungere. Cicerone afferma lucidamente che la bellezza e l’importanza dell’abitazione devono rappresentare il “valore” del proprietario la cui dimora, destinata a ricevere ospiti illustri e folle di persone ,dovrà essere costruita in funzione di grandi spazi, giovando in ciò anche alla Repubblica, sebbene l’autore indichi che anche commoditas e dignitas del personaggio sono componenti che devono guidare la progettazione dell’abitazione. Con l’età augustea e con i grandi sviluppi d’età neroniana e flavia, nelle ville marittime colpisce la trattazione delle superfici esterne -caratterizzate da perimetri mossi e variati che evidenziano l’articolazione interna dell’edificio – nelle quali l’asimmetria non è un ripiego dovuto alla mancanza di spazio ma un’invenzione che rivela i profili curvi di absidi ed esedre dei complessi residenziali aperti all’esterno verso il paesaggio marino. La disposizione dei nuclei edilizi e degli ambienti-che può sembrare casuale a una semplice lettura della planimetria- è sottoposta alle leggi del miglior modo di fruizione del paesaggio esterno e il quartiere signorile è sempre quello meglio esposto al panorama. Questa estrema adattabilità al suolo conferiva alle villae marittimae -già alla fine dell’età repubblicana- un aspetto scenografico ,ottenuto non solo attraverso gli arredi interni e la ricchezza plastica dei singoli tipi architettonici -ma, soprattutto, attraverso la composizione dei volumi degli edifici, delle terrazze e dei dislivelli del terreno, completati da portici e criptoportici che ne circoscrivono i contorni e le linee. Un aspetto evidente-che si coglie nelle ville suburbane dalla fine del I sec.a.C.,soprattutto, a cominciare dagli inizi dell’età augusta -è l’utilizzo degli strumenti visivi nel promuovere e affermare il nuovo ruolo politico e culturale di Roma. Percepiamo di fatto quanto anche l’architettura privata abbia una funzione di primaria importanza nel potenziare ulteriormente l’ideologia politica del governo imperiale.

VILLA MARITTIMA DI SAN LIMATO

Speciale “FORMA URBIS” dicembre 2007

a cura della Dott.sa Catia Fauci

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