Stelle cadenti. Notte di San Lorenzo. Ecco il canto delle meteore

Quest'anno coincide con i 150 anni dall'assassinio del padre di Giovanni Pascoli, celebre perché fissato per sempre nella poesia

Centocinquanta anni fa, sul far della sera del 10 agosto 1867, due colpi di fucile ruppero il silenzio della campagna. Gli spari furono uditi da alcune contadinelle che stavano falciando l’erba lungo i fossati e il fatto fu considerato alquanto strano perché quello non era periodo di caccia così come altrettanto strana era stata considerata la vista di due uomini che poco prima degli spari erano stati visti camminare recando in spalla un fucile. Poco dopo gli spari, altri testimoni videro passare un calesse che procedeva a sghimbescio come se il cavallo non obbedisse agli ordini del conduttore che, vittima di quegli spari, stava riverso in cassetta. Il conduttore era Ruggero Pascoli, padre del poeta Giovanni (all’epoca aveva dodici anni e si trovava nel collegio di Urbino coi suoi fratelli) e il cavallo era la famosissima «cavallina storna» immortalata dal poeta nell’altrettanto famoso Dieci agosto.

L’omicidio di Ruggero, fattore e uomo tutto fare della tenuta “La Torre” dei Torlonia, segnò tutta la famiglia Pascoli e in particolare Giovanni che al triste evento che cambiò la sua vita dedicò diverse liriche dalla celeberrima La cavalla storna a Tra San Mauro e Savignano, da La voce a Il ritratto. Ma su tutte si eleva il X Agosto, apparsa per la prima volta il 9 agosto 1896 sul “Marzocco”, col riferimento specifico al fenomeno celeste che da anni tiene la gente con il naso all’insù. Il delitto di Ruggero fu oggetto di accurate e appassionate indagini anche da parte dello stesso Giovanni Pascoli, ma intrecci politici e interessi consigliarono lo stesso poeta a lasciar perdere anche quando vennero scoperti i nomi dei mandanti. Fu un vero e proprio “pasticciaccio” oggi definito, come ha scritto Gianfranco Miro Gori, «un omicidio tra i più famosi, se non della storia dell’Italia unita, certo delle patrie lettere».

E la coincidenza della data con uno dei fenomeni più affascinanti del cielo d’estate ha fatto il resto e quel famoso incipit, «San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade», è diventato il biglietto da visita delle stelle cadenti d’agosto anche se oggi le cose non stanno proprio in questi termini perché a causa di tutta una serie di circostanze la “notte delle stelle cadenti” si è spostata di qualche giorno avanti rispetto al tradizionale 10 agosto.

Gli astronomi chiamano questo fenomeno Perseidi perché per un effetto di prospettiva le “stelle cadenti” sembrano tutte provenire da un punto, chiamato “radiante”, che si trova nella costellazione di Perseo. Le chiamano “stelle” ma ormai dovrebbe essere ben noto che non si tratta di stelle ma di piccoli oggetti (polveri, gas…) che entrando nella nostra atmosfera lasciano tracce luminose, a volte spettacolari. Il fenomeno si presenta quando la terra attraversa l’orbita di una cometa e nel caso delle Perseidi si tratta della Swift-Tuttle, una cometa che fa capolino nei nostri cieli ogni 130 anni. Il fenomeno non si presenta sempre con le stesse modalità per cui ci sono anni “favorevoli” e anni in cui il fenomeno è poco vistoso. Quest’anno le previsioni indicano circa cento meteore all’ora e dunque non dovrebbe deludere. E il picco massimo del fenomeno, che a ricordo dei versi di Pascoli è chiamato anche “lacrime di San Lorenzo”, avverrà fra il 12 e il 13. Riteniamo superfluo ricordare che l’osservazione delle stelle cadenti richiede luoghi il più possibile lontani dalle luci della città. E soprattutto bisogna abbandonare la logica del “tutto e subito” ma porsi davanti al cielo armati di santa pazienza. Certi che il cielo non deluderà le nostre attese.

X AGOSTO

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh!, d’un pianto di stelle lo innondi
quest’atomo opaco del Male!

(Giovanni Pascoli)

https://www.avvenire.it/agora/pagine/ecco-il-canto-delle-meteore

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