Sul Coronavirus, dal Post

A oggi sono stati segnalati 162.488 casi positivi in Italia.
Sono le 18 e 16.

È molto probabile che in questo momento stiate leggendo queste parole su uno smartphone, ed è quasi certo che abbiate tra le mani un iPhone oppure un cellulare Android. I telefoni di Apple e quelli con il sistema operativo di Google sono i più diffusi, e si stima che in tutto il mondo ce ne siano circa 3 miliardi attivi. Per questo potrebbero rivelarsi molto utili per ridurre la diffusione del contagio da coronavirus.

Apple e Google sono due delle più grandi aziende tecnologiche al mondo, hanno diverse collaborazioni, ma di base si fanno un’agguerrita concorrenza nel settore degli smartphone. Per la prima gli iPhone sono una fonte di ricavo impareggiabile, per la seconda Android è essenziale per diffondere i propri servizi (mappe e posta, per esempio) e ricavare dalla raccolta dei dati e dalla pubblicità. Per questo molti osservatori sono rimasti sorpresi quando alla fine della scorsa settimana le due società hanno annunciato una collaborazione contro la pandemia.

Avendo il controllo dei due sistemi operativi per smartphone più utilizzati (iOS e Android), Apple e Google hanno pensato di realizzare un sistema condiviso che permetta di tenere traccia dei contagi, l’ormai famoso “contact tracing”, rendendo più pratica e veloce la stima delle persone potenzialmente esposte al coronavirus.

Semplificando molto, il sistema consente a ogni smartphone di registrare periodicamente la presenza degli altri cellulari che ha intorno. Attraverso il sistema operativo, ogni smartphone emette un codice identificativo (ID, che cambia ogni tot minuti) che viene captato dagli altri telefoni nei paraggi, e mantenuto in un loro registro interno con un riferimento temporale.

Quando il proprietario di uno smartphone scopre di essere positivo, ha la possibilità di inviare gli ID – che aveva emesso il suo telefono – a un registro centrale online, gestito dalle istituzioni sanitarie. A quel registro si collegano periodicamente tutti gli smartphone che usano il sistema, confrontando gli ID che hanno captato e memorizzato con quelli segnalati. Se trovano una corrispondenza, mostrano una notifica al loro proprietario, segnalandogli di essere stato potenzialmente esposto al coronavirus.

Per esempio. Valentina e Alberto si incontrano al parco e fanno quattro chiacchiere per qualche minuto: ognuno dei loro smartphone nel frattempo capta a vicenda l’ID dell’altro. Alberto torna a casa, dopo qualche giorno scopre di avere il coronavirus e segnala la sua condizione tramite l’app del sistema sanitario, inviando gli ID che aveva emesso il suo telefono nelle ultime due settimane. Qualche tempo dopo, lo smartphone di Valentina fa uno dei controlli periodici degli ID che ha in memoria con quelli del sistema centrale e rileva una corrispondenza con uno degli ID di Alberto. A questo punto Valentina riceve una notifica sul suo smartphone, che l’avvisa di essere stata esposta a una persona che era probabilmente contagiosa (senza sapere di chi si trattasse).

Apple e Google non stanno quindi lavorando a un’applicazione, ma a uno standard condiviso e da subito disponibile sugli smartphone, che possa poi essere utilizzato dalle istituzioni sanitarie per creare app per il tracciamento sociale. Le due aziende si sono prese fino a metà maggio per sviluppare il sistema, mentre ci si chiede quali garanzie offra dal punto di vista della privacy. Mentre molti aspetti restano da chiarire, è certo che le due società non avevano mai collaborato così strettamente per un progetto comune così grande.

In Italia, oggi
La Protezione Civile ha comunicato che dall’inizio dell’epidemia i casi positivi totali in Italia sono 162.488, quindi 2.972 in più di ieri, quando erano stati 3.153 in più rispetto al giorno precedente. Nelle ultime 24 ore è stato però comunicato un numero piuttosto basso di esiti dei test, e questo ha probabilmente influito sul totale dei positivi segnalati. La comunicazione dei risultati oscilla spesso nel corso della settimana, con riduzioni sensibili soprattutto dopo i giorni del weekend e di festa.

Dall’inizio dell’epidemia sono morte 21.067 persone, 602 solo nelle ultime 24 ore. In terapia intensiva sono ricoverate 3.186 persone, 74 in meno rispetto a ieri. Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte continuano a essere le regioni con il maggior numero di casi positivi.

 
Piemonte
Dalla fine di marzo il Piemonte è la terza regione per casi rilevati in Italia (dopo Lombardia ed Emilia-Romagna) ed è al terzo posto per numero di morti da COVID-19: ha registrato oltre 17mila positivi e 1.826 decessi, quasi la metà a Torino (quasi 800), la provincia più interessata, seguita da quelle di Alessandria e Novara. Le difficoltà principali emerse in queste prime settimane di epidemia ricordano molto quelle segnalate in Lombardia, seppure su dimensioni più contenute. Negli ultimi giorni, in particolare, è diventato evidente il basso numero di tamponi eseguiti, la grande preoccupazione per i contagi domestici in quei nuclei familiari con casi positivi o casi fortemente sospetti, le difficoltà a cui sono sottoposti i medici di famiglia e i casi di RSA diventate focolai di COVID-19. Siamo andati a vedere com’è la situazione.

Cambiare i toni sul coronavirus converrebbe a tutti ✍️

Veneto
Il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha firmato un’ordinanza regionale con nuove misure per contenere il contagio da coronavirus, in vigore dal 14 aprile al 3 maggio 2020. Prevede che le librerie riaprano solo due volte a settimana, e che per fare attività motoria si rimanga in “prossimità” della propria abitazione, ma non per forza entro 200 metri come prevedeva una precedente ordinanza regionale. L’ordinanza permette inoltre la riapertura dei mercati all’aperto, solo se perimetrati, sorvegliati e con la presenza di un unico varco di accesso separato da quello di uscita.

Russia
«Abbiamo molti problemi, e non abbiamo granché di cui vantarci, né motivi particolari per farlo, e di certo non possiamo rilassarci. Non abbiamo superato il picco dell’epidemia, nemmeno a Mosca» ha detto lunedì il presidente russo Vladimir Putin a un gruppo di alti funzionari governativi, secondo quanto riportato dal New York Times. L’ammissione di Putin arriva dopo settimane in cui la Russia aveva parlato poco dei rischi del coronavirus, adottando poche restrizioni, seppure in grande anticipo e con un certo tempismo. Ora il governo non pensa più di averla scampata.

Manichini con mascherine nella sede di Kaska Hass Contemporary Couture: l’azienda, che normalmente confeziona abiti da sposa, sta producendo mascherine in materiali sostenibili – Berlino, Germania (EPA/OMER MESSINGER)

Tre cose dal mondo
1. Amazon assumerà altri 75mila dipendenti negli Stati Uniti, per far fronte al maggiore carico di lavoro dovuto al coronavirus.
2. L’India ha esteso le misure restrittive fino al 3 maggio.
3. E in Francia, il presidente Emmanuel Macron ha esteso le restrizioni per il coronavirus fino all’11 maggio.

L’assessore Gallera ha sentito sui social ✍️

Culto
Li Wenliang era stato uno dei primi medici cinesi a segnalare la possibilità che le misteriose gravi polmoniti di Wuhan di fine 2019 fossero causate da un coronavirus, e per questo era stato interrogato e accusato di diffondere notizie false e allarmistiche. Quando i suoi avvertimenti si erano dimostrati fondati, in Cina era diventato una sorta di eroe popolare: dopo la sua morte – avvenuta il 6 febbraio proprio a causa del coronavirus – è diventato qualcosa di più e gli si è costruito intorno una specie di culto. Oggi migliaia di persone si “riuniscono” quotidianamente sotto al suo ultimo post sul social network cinese Weibo: lasciano commenti e cercano conforto, come se si trovassero davanti a un memoriale.

Acqua di colonia
Da quando è iniziata la pandemia, in Turchia l’acqua di colonia viene talvolta usata come sostituito dei normali prodotti disinfettanti. La colonia turca non è soltanto un profumo, ma anche un simbolo di ospitalità fin dai tempi dell’impero ottomano. Preparata tradizionalmente con fiori di fico, gelsomino, rosa o agrumi, viene spruzzata sulle mani degli ospiti prima di entrare in casa, negli hotel o in ospedale, alla fine dei pasti al ristorante ma anche durante le cerimonie religiose. Ciò che però oggi rende quest’abitudine particolarmente utile è la presenza di alcol nel preparato. Per questa sua caratteristica lo scorso 11 marzo il ministro della Salute turco ha confermato la capacità dell’acqua di colonia turca di prevenire la diffusione del coronavirus. Dopo l’ufficializzazione da parte del governo, i media nazionali hanno iniziato a propagandarne l’uso, peraltro già diffusissimo, con la conseguenza di portare alla formazione di lunghe code davanti agli empori che la vendono.

Ci sentiamo domani, profumati. Ciao!

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