Sul Coronavirus, dal Post

A oggi sono stati segnalati 2.036 casi positivi in Italia.
Sono le 18 e 40.È quasi mezzanotte quando L. inizia il suo turno in un ospedale della Lombardia. Scambia qualche parola con i colleghi, riceve gli ultimi aggiornamenti, poi si avvia verso il reparto di terapia intensiva allestito per i casi più gravi di COVID-19, la malattia causata dal coronavirus. Con gesti misurati inizia la noiosa, ma indispensabile, preparazione per proteggersi e ridurre il più possibile il rischio di rimanere contagiata. Indossa un paio di copriscarpe, leggere cuffie di plastica che ricordano quelle per tenere all’asciutto i capelli quando si fa la doccia, poi ne infila un altro paio. Anche i guanti, doppi. Poi viene il turno degli occhiali protettivi e della mascherina, infine di un sovracamice da indossare sopra a quello abituale.Conclusa la cerimonia, L. attraversa l’ultimo varco che la conduce all’interno della terapia intensiva. È un’anestesista e per otto ore (più probabilmente dieci) condividerà la responsabilità di diversi pazienti con i suoi colleghi e il resto del personale sanitario. Ci saranno da controllare i parametri vitali, l’andamento delle macchine che aiutano i pazienti più gravi a respirare e un numero infinito di telefonate a cui rispondere, con chiamate da altri reparti che vogliono conoscere la situazione e l’eventuale disponibilità di posti letto per nuovi pazienti.

Negli ospedali di tutta la Lombardia ci sono 900 posti letto per la terapia intensiva, ma naturalmente non possono essere destinati tutti ai pazienti gravi con COVID-19. In circa la metà dei casi chi si ammala non ha bisogno di un ricovero in ospedale; dell’altra metà – che necessita di assistenza ospedaliera – un dieci per cento circa peggiora, rendendo necessario il ricorso alla terapia intensiva. Tipicamente un reparto come questo non ha particolari divisioni tra i letti, perché il personale deve essere libero di muoversi da un paziente all’altro, soprattutto nei casi imprevisti e durante le emergenze. Gli ospedali lombardi hanno quindi dovuto isolare parte dei loro reparti di terapia intensiva, in modo da impiegarli per i pazienti con COVID-19 senza il rischio di contagio per gli altri pazienti.

Finora questi interventi hanno permesso di avere a disposizione per i casi gravi di COVID-19 120 posti letto in terapia intensiva distribuiti in 15 ospedali lombardi. All’aumentare dei casi da coronavirus, però, aumentano in proporzione i casi gravi e questo fa sì che le terapie intensive dedicate ai malati di COVID-19 siano quasi sempre al colmo della loro capacità. Per questo motivo la Regione è al lavoro per realizzare nuovi “blocchi COVID-19” in altre aziende ospedaliere, coinvolgendo anche le strutture sanitarie private.

La disponibilità di 900 posti letto in totale di terapia intensiva suggerisce che ci siano margini per aumentare quelli destinati ai malati gravi da coronavirus, ma questi reparti servono per molti altri pazienti, con altri problemi di salute. Sarebbe impensabile destinarne un numero molto più grande ai malati di COVID-19, trascurando gli altri.

Il coronavirus sta mettendo sotto stress il sistema sanitario della Lombardia, dove finora si è registrato il maggior numero di casi, e c’è la preoccupazione che la situazione possa ulteriormente peggiorare con il diffondersi della malattia. Anche per questo sono importanti le misure di contenimento che da una decina di giorni interessano soprattutto Lombardia e Veneto: non servono a fermare in assoluto il contagio, ma a rallentarlo, in modo che gli ospedali e il personale che ci lavora dentro (come L.) abbiano più tempo per occuparsi dei pazienti, dilazionando nel tempo lo sforzo.

In Italia, i casi positivi continuano ad aumentare.
I casi positivi in Italia dall’inizio dell’epidemia sono 2.036: di questi, 52 sono persone decedute e 149 guarite. Gli individui attualmente positivi sono quindi 1.835. La regione con più casi continua a essere la Lombardia, con 1077, seguita dall’Emilia-Romagna con 324 casi, in Veneto ce ne sono 271.

Nel fine settimana il governo italiano ha approvato un nuovo decreto con tre approcci distinti per altrettante aree del nostro paese. Sono stati confermati i divieti di uscita e l’isolamento nella cosiddetta “zona rossa” per i due focolai nel lodigiano e a Vo’, in provincia di Padova. È stata poi identificata un’area più ampia che comprende Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna dove restano sospesi gli eventi sportivi (tranne quelli a porte chiuse) e sono chiusi cinema, teatri e discoteche. I musei potranno riaprire se garantiranno un afflusso controllato di visitatori; bar e ristoranti dovranno a loro volta evitare gli assembramenti di persone ed effettuare servizi al tavolo e non al banco. Per il resto d’Italia, il governo suggerisce di preferenza il lavoro da casa per chi può, richiede di collocare disinfettanti per le mani negli uffici della pubblica amministrazione e in quelli aperti al pubblico e di procedere con pulizie più frequenti dei mezzi pubblici (con prodotti igienizzanti per le superfici). Qui altre informazioni sulla Lombardia, e qui sul Veneto.

I casi di coronavirus nel mondo sono ormai 90mila e le persone morte risultate positive sono più di 3mila. La maggior parte dei contagi e dei decessi è avvenuta in Cina, soprattutto nella provincia di Hubei dove è iniziata l’epidemia. L’Italia è il terzo paese per numero di casi positivi, dopo la Cina e la Corea del Sud. Molti paesi europei negli ultimi giorni hanno segnalato decine di casi, mentre in Francia sono stati superati i 130 casi.

E proprio la Francia, dopo giorni di relativa inazione, ha attivato misure più drastiche per ridurre il rischio di nuovi contagi e preparare meglio le sue strutture ospedaliere. Ieri ha anche tenuto chiuso il Louvre di Parigi, uno dei musei più famosi al mondo, dopo il protrarsi delle discussioni tra il personale e i dirigenti su come applicare le istruzioni fornite dal governo francese per contenere la diffusione. Per ora non ci sono notizie di accresciuti controlli negli aeroporti francesi per chi proviene dall’Italia.

Il coronavirus sta diventando un problema serio anche per le competizioni sportive, tra il rinvio delle partite e la sospensione di altre gare. Soprattutto il ciclismo potrebbe risentirne: è uno sport che passa per le strade e non si può disputare a porte chiuse come altre discipline. Iniziano a esserci dubbi e preoccupazioni sulla possibilità di effettuare la Milano-Sanremo, per esempio.

Domani questa newsletter compie una settimana, qui trovate l’archivio con le puntate precedenti: se non se ne accumuleranno troppe sarà un buon segno. Ci sentiamo domani, ciao!

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