TEATRITUDINI E NONNITUDINI. RACCONTI IMMAGINARI E NEANCHE POI TANTO. PUTECA CELIDONIA. NONNO VITTORIO CICCARELLI DA NAPOLI . NONNA MATILDE MAISTO DA CANCELLO ED ARNONE.30 MARZO 2020

PUTECA CELIDONIA

“ Les temps sont durs pour les rêveurs”

Tempi duri per i sognatori

È così che dicono nel film ‘Il favoloso mondo di Amélie’ (regia di J. P Jeunet) e noi, mentre trascorrevano le nostre meravigliose giornate con i bambini e le prove, ci siamo ritrovati catapultati in una realtà quasi filmica e surreale.

A tali prove bisogna rispondere duramente, con molteplici corazze di fantasie… ed è così che piano piano ci siamo imbattuti nelle giornate ferme.

Mentre il tempo sembra restare immobile noi abbiamo provato a muoverci, dandoci dei compiti che sono diventati impulsi e stimoli per mantenere le nostri menti allenate.

Nonostante tutto, continuiamo le prove per il nostro prossimo spettacolo ‘Selene: personaggi in cerca di libertà’ ( in scena dal 14 Maggio al Ridotto del Teatro Mercadante), anche se separati. Ognuno per sé, ma comunque insieme!

“Proviamo, tentiamo una metodologia alternativa!” ci siamo detti.

Questo il primo motore e ad oggi ci dedichiamo ogni giorno con amore ai nostri personaggi: cerchiamo di scoprirli nei loro intimi segreti, li sogniamo nella notte e prendiamo spunto dalla loro saggia scrittura.

Poi cerchiamo di mettere in atto i pensieri e le teorie, pur mantenendo tra di noi quella distanza attraverso uno schermo doloroso che non permette il contatto con il calore e con il respiro dei nostri corpi e delle nostre anime.

Ma resta la voce che è anche corpo e non ci smentisce: allora cerchiamo di utilizzare bene il nostro strumento e continuiamo ad emozionarci nonostante tale distanza.

Diamo sfogo alla fantasia attraverso la scrittura personale e interiore per la nostra ricerca artistica, ci confrontiamo sulle proposte, non ci fermiamo. Cerchiamo di creare!

Per quello che si può, lavoriamo anche sui corpi dei personaggi: ne facciamo prove video che condividiamo, cerchiamo di migliorarci e di affinare la qualità con cui entriamo in relazione con essi.

Pensiamo al domani per arrivarvi cresciuti e pronti e pensando ad esso facciamo progetti, gettiamo basi affidandoci dei ruoli, quasi come se fossimo la grande ciurma di una preziosa nave da portare a riva.

La nostra nave come contorno, al posto del mare, è circondata dai nostri bambini e dalle loro famiglie che ogni mattina ci mandano il buongiorno, ci regalano speranze con di-segni colorati e con video animati d’amore.

È da questo amore che noi attingiamo forza e continuiamo a resistere e a remare.

Putéca Celidonia nasce nel 2018 nel quartiere Sanità dall’incontro di sei giovani della scuola del Teatro Stabile di Napoli. Dopo il percorso formativo scelgono di unirsi in una compagnia teatrale. I nomi putéca e celidonia derivano dal greco, Putéca da apothéke sta per bottega, luogo dove si costruisce e si crea. Celidonia, dal greco chelidòn, è la pianta erbacea che nasce spontaneamente nel bacino del Mediterraneo. I membri di Putéca Celidonia hanno messo in piedi un laboratorio di teatro per i più piccoli in un locale confiscato alla camorra nel cuore del Quartiere della Sanità con l’Associazione Opportunity.

VITTORIO

Il coraggio e la paura, dialogo immaginario, ma non troppo… di Vittorio Ciccarelli

Su dai, salta, salta su!
…ho paura!
Dai fifone, coraggio salta, …oplà.
Bravo! Hai visto? Ce l’hai fatta!
…ma tu nonno non hai mai paura?

Certo che ho paura, ma ho anche coraggio.
Se ci fai caso alla parola paura segue sempre la parola coraggio. Infatti, hai visto? Io ti ho detto: dai fifone, coraggio salta. Queste due parole camminano sempre insieme.

…e perché?
Perché sono sentimenti collegati tra loro e poi sono dentro di noi. La paura, come il coraggio, è un sentimento che ci fa umani. Tu ora vedi una società ordinata, rispettosa, ma prima non era così, prima del “coronavirus” vivevamo una società frenetica.

…Il “coronavirus”? … e cos’è il “coronavirus”?
Eh!… fu una pandemia catastrofica che sconvolse il mondo e che fece capire a tutti la necessità di cambiare, di rallentare, di cercare il senso del limite ed accettarlo. Prima di questa quaresima epocale si viveva senza più un’anima, la comunità umana non aveva più un’anima, si correva affannati e sempre con la voglia di adrenalina a mille. Spadroneggiavano i prepotenti in una dissennata competizione fatta di violenza, si folleggiava per inseguire il successo e tanti si portavano dentro il germe di un individualismo cinico e sedizioso che aveva spazzato via anche la banale “cazzimma napoletana”

…la ché ? La Cazzimma? Scusa nonno ma mi fai ridere.
Si, oggi possiamo anche sorriderci sopra, ma allora no. Allora imperava la sfida dell’estremo, il delirio dell’onnipotenza, la supponenza di sentirsi invincibili, il gusto di aver provato tutto, consumato e visto tutto. Niente suscitava più curiosità e interesse. Eravamo tutti frenetici, ma tutti spenti dentro, nessuno in grado di donare al’altro una emozione.
Tutti a correre per andare chissà dove. Le strade pullulavano di gente che ostentavano

e scandivano il ritmo di un benessere a tutti i costi, mortificando spregiudicatamente l’ambiente, depredando a più non posso beni condivisi armonicamente donati da una natura dolce e generosa. Galoppavamo nel peggiore dei modi una globalizzazione troppo spinta con una interconnessione mondiale ossessiva e fuori controllo.

…e poi?
E poi una sberla, un pugno nello stomaco di quelli che ti bloccano il respiro ci costrinse ad un improvviso isolamento sociale. Un’esperienza terrificante. Si fendeva un silenzio spettrale che ci riportava ad epoche mai conosciute, una desolazione che ti arrivava alle viscere.
Ci ritrovammo d’un tratto tutti armati di niente, fuggendo disordinatamente da un nemico senza volto e senza frontiere.

…sembra un racconto di guerra
Peggio, molto peggio. In guerra il nemico si materializza, lo puoi attaccare, qui invece no, combattevi un virus che ti teneva il fiato sul collo, un nemico invisibile, immateriale, che forse era intorno a te o peggio dentro di te, ne sentivi la sofferta presenza con una soffocante mancanza di vita; senza vederlo, senza toccarlo, assente alla percezione dei tuoi sensi, ma presente nel tuo corpo e nella veemenza del suo contagio.

… angosciante, trovo tutto molto angosciante
Si, infatti, in questa angoscia ci scoprimmo fragili, indifesi, vulnerabili, ci separammo l’uno dal’altro e ci barricammo, bardati di tutto, chi in agiate case e chi negli asfissianti e bui casermoni di periferia,vivendo la più grave crisi di socialità mai immaginata.

… e quelli che una casa non l’avevano?
Appunto, quelli erano gli scarti a cui nessuno pensava, gli altri, tutti uguali, senza, distinzione di ceto, tutti sintonizzati sulle stesse angosce depressive. Capimmo allora di aver bisogno del silenzio per toccare l’anima e fummo costretti ad accettare nel dolore, l’idea di una morte senza carezze come realtà ineludibile, al pari delle tante avvenute in mare che nonostante l’opulenza, la nostra aridità non volle né salvare né piangere.

…terribile, uno scenario buio, nonno, da brividi.
Si da brividi, un buio dentro il quale si mossero i generosi delle seconde file, uomini schivi che non vivono per l’esteriorità, quelli che fanno la storia senza cercare applausi, gioendo per i risultati che sanno conseguire e non per il piacere di mostrarli. Uomini veri, coraggiosi, che non recitano la vita e che non usano la paura come motore di consenso, ma come legame di cooperazione. Giganti! Giganti che spesero

oltre ogni limite il vigore del loro impegno e l’ossigeno dei propri polmoni, salvando e morendo nella bolgia dei corridoi di ospedali ridotti a disperati lazzaretti, mentre gli abituali soloni inondavano le Tv con improbabili e insopportabili farfugli.

…ti riferisci a medici e infermieri vero?
Si, certo, ma anche a spazzini e commesse e a tutti quelli che con il loro lavoro ci permisero di sopravvivere, mentre noi strombazzavamo nervosi e impauriti con coperchi e caccavelle sui nostri balconi. Fu la vittoria delle competenze, ciascuno con le proprie, piccole o grandi. Furono loro a capire per primi che nessuno si salva da solo e che l’interconnessione più preziosa è quella solidale tra le persone. Grazie a loro tornammo ad abbracciarci.

…nonno, capisco che ci sono tante lezioni da imparare
Si, la prima è che la pancia si mangia il cervello e poi anche il cuore degli uomini; che bisogna saper rimodulare la propria vita, leggersi dentro e capire le priorità dell’esistenza; avere il coraggio di resistere e di battersi per la giustizia e l’uguaglianza; di scegliere nuovi stili di vita e manifestare una nuova sensibilità ambientale per abbracciare con tenerezza le bellezze del creato e chinarsi devoti alla complessità del pianeta.

…e poi nonno?
E poi tanto altro che scoprirai vivendo, bimbo mio, avendo cura dell’anima, nutrendoti di arte e cultura, il vero fertilizzante per crescere elegante e gentile con il fascino irresistibile dell’uomo sensibile.

…Grazie nonno, si può dire allora che il deserto è fiorito?

Speriamo…speriamo…

Vittorio Ciccarelli è stato importante dirigente sindacale napoletano e tra i principali collaboratori del Sindaco Rosa Russo Iervolino nei suoi anni di Sindacatura

***

MATILDE

Un breve racconto di Matilde Maisto, che scrive alla sua famiglia in una circostanza molto critica della vita. E’ piuttosto personale, lei dice, ma io penso che molte altre persone possano vivere momenti così e provare sentimenti più o meno similari. Condivido con voi tutti le mie emozioni, le mie sensazioni in questo momento in cui il COVID 19 riesce a catturare tutta la nostra attenzione, facendoci andare anche “oltre” con la nostra mente!

ALLA MIA AMATA FAMIGLIA NEL TEMPO DEL CORONAVIRUS

 Purtroppo questa sera ho un po’ di febbre, è indubbiamente un brutto momento per avere un poco di febbre, devo dire che sinceramente sono spaventata, ma non eccessivamente. Mi agita molto di più vedere Gianni che mi viene a guardare continuamente, che mi chiede come ti senti? Elisa che mi domanda: mamma, ma oltre alla febbre che sintomi hai?

IO STO BENE RAGAZZI!!

Cercate di stare tranquilli, altrimenti agitate anche me. Comunque è da tempo che avrei voluto scrivere una lettera a voi tutti e, forse, questo è il momento più opportuno. Già lo sapete, ma voglio ripetervelo ora: VI AMO  TUTTI IMMENSAMENTE!

GIANNI e’ l’amore, il compagno, l’amico, il rompiscatole della mia vita. Sono stata così bene insieme a lui, ha saputo sopportarmi e supportarmi sempre con infinito amore che io ho ricambiato e ricambio finché avrò un attimo di vita.

LUCA, il mio figlio maggiore, un ragazzo buono, sensibile, amorevole, che a volte sembra burbero, ma che ha un cuore enorme. E’ proprio a lui che affido, oltre alla sua famiglia, anche Elisa, quando io e suo padre non ci saremo più. Vorrei tanto che andaste d’accordo, che in ogni momento della vostra vita faceste prevalere l’amore fraterno che vi lega, nonostante entrambi abbiate un carattere spigoloso.

ELISA, la mia eterna bambina, sembra forte, ferrea, intraprendente, ma è fragile come un fiore di campo che appassisce al primo soffio di vento. Non soffrire tesoro se io me ne andrò, pensa che questa sarà stata la volontà di Dio e che io non voglio che tu stia male. Devi farti coraggio, resistere e continuare a vivere anche per me! Mi raccomando! Il mio desiderio maggiore è che tu vada d’accordo con tuo fratello e tua cognata. Loro sono la tua famiglia e la famiglia viene prima di ogni altra cosa.

ADRIANA, sono ormai diversi anni che sei venuta in famiglia, all’inizio abbiamo fatto fatica a comprenderci, ma piano, piano ci siamo conosciute meglio ed abbiamo imparato a volerci bene, accettando sia i nostri pregi che i nostri difetti. Tu sei giovane, eppure sei stata capace di insegnarmi tante cose. Con te ho capito anche qual’ è la mia “pietra d’inciampo” e spero di riuscire a rimediare alle mie debolezze. Ti voglio bene e so che anche tu ne vuoi a me: Sii sempre felice insieme al mio Luca!

SOFIA, la gioia della mia vita, non so se tu sarai capace di comprendere fino in fondo quello che in questo momento di dirò, ma la nonna ti ama più di ogni altra cosa al mondo e nonostante tu sia la più piccolina della famiglia, sei molto intelligente, riesci a comprendere sempre anche le sfumature della voce di chi ti parla. Ora ti voglio dire che la nonna conta proprio su di te affinché tu sia l’anello di congiunzione tra tutti i membri della famiglia. Devi volere bene a tutti quanti e il tuo affetto deve fare da collante fra tutti. Non piangere, tu sai che la nonna starà solo dormendo e se ascolterai con attenzione, mi troverai sempre nel tuo cuoricino, pronta per fare un cartellone oppure una partita a UNO, oppure ballare e ascoltare la musica. Spero che potremo ritrovarci nel mondo che Dio/Geova sta preparando per le persone buone, noi però dobbiamo fare del nostro meglio per meritarlo. Ti amo bambina, ricordati qualche volta della tua nonnina e sappi che io sarò sempre accanto a te!

Moglie/Mamma/Nonna Matilde

Matilde Maisto Coordinatrice del Gruppo Letteratitudini di Cancello ed Arnone

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