Tossiremo tutti nei nostri smartphone? – Sul Coronavirus, dal Post

Come si distingue la tosse da COVID-19?

Tra di voi c’è probabilmente qualcuno che negli ultimi mesi si è ritrovato a tossire per qualche giorno, e si è quindi chiesto se fosse un sintomo della malattia causata dal coronavirus o meno. La tosse è infatti uno dei sintomi più ricorrenti dopo la febbre: si presenta in quasi il 70 per cento dei casi, con frequenza e forme diverse, non sempre semplici da definire o da ricondurre a una infezione da SARS-CoV-2. 

Quando parlano di “tosse secca” da COVID-19 le autorità sanitarie internazionali e dei singoli paesi fanno riferimento a un sintomo “di recente comparsa” e che comporta episodi che possono durare per più di un’ora, durante i quali si tossisce di frequente. Tre o più episodi in una giornata potrebbero essere un ulteriore indicatore.

Il problema è che ci sono un sacco di altre malattie, compreso il comune raffreddore, che possono causare una tosse secca di questo tipo. Fare una diagnosi può quindi essere difficile, nel caso in cui non siano presenti o siano meno evidenti sintomi come febbre, difficoltà a riconoscere odori e sapori, mal di testa persistente, spossatezza o difficoltà respiratorie.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge vuole capirci qualcosa di più e, dalla scorsa primavera, ha avviato un progetto piuttosto ambizioso per sviluppare algoritmi che riescano a riconoscere automaticamente una tosse da COVID-19. Hanno approntato un’applicazione, che può essere scaricata liberamente, attraverso la quale si può rispondere a un questionario sulle proprie condizioni di salute e inviare una registrazione della propria voce, del respiro e di alcuni colpi di tosse.

Sfruttando i dati ricevuti nei primi mesi attraverso l’app, che si chiama COVID-19 Sounds, i ricercatori hanno realizzato uno studio preliminare, riuscendo a far rilevare a un algoritmo la malattia nell’80 per cento dei casi. Il risultato è promettente, ma richiederà altre ricerche e una maggiore raccolta di dati per portare a qualcosa di più concreto.

L’idea ha attirato molto interesse, ma è presto per dire se in futuro potremo tossire nel microfono del nostro telefono per scoprire se abbiamo la COVID-19. Nel caso, sarà bene igienizzarlo, dopo.

Da Paris
Chi arriverà da Parigi e da altre aree della Francia, con o senza tosse, dovrà sottoporsi ai test per rilevare l’eventuale presenza del coronavirus. La decisione è stata confermata ieri dal ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo una valutazione del preoccupante aumento dei casi rilevati in Francia. Nell’ultima settimana è stato segnalato un aumento di oltre 70mila casi.

Mappa
Per farvi meglio un’idea dell’andamento della pandemia in Europa, la mappa qui sotto mostra il numero di casi rilevati ogni 100mila abitanti nelle due prime settimane di settembre. La situazione è appunto difficile nell’area di Parigi e del Sud della Francia, e in buona parte della Spagna.

Madrid
A proposito di Spagna, la regione del paese più interessata da nuovi casi rilevati è quella della Comunità di Madrid. La situazione per il governo locale, guidato da Isabel Díaz Ayuso, del Partito Popolare (PP, il principale partito di destra spagnolo), è molto critica: dopo avere rivendicato maggiore autonomia dal governo centrale, ora Ayuso ha chiesto aiuto al primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, del PSOE, il principale partito di centrosinistra del paese, riconoscendo di non riuscire a gestire la crisi solo a livello locale.

Anche nel Regno Unito la situazione sta peggiorando, e il governo ha deciso nuove restrizioni, che potrebbero rimanere a lungo.

Scuole in Europa
Le scuole sono ricominciate da una decina di giorni in Italia e secondo le prime stime sono stati rilevati casi positivi in 300 istituti: serviranno comunque dati ufficiali per farsi un’idea più concreta, anche se non sono stati ancora annunciati piani per raccoglierli e produrli. Nel resto d’Europa le scuole hanno riaperto praticamente ovunque e con precauzioni simili alle nostre, anche se diversi paesi non sospendono le lezioni per le classi dove viene riscontrato un caso positivo. Trovate tutto qui, per farvi meglio un’idea.

Fretta
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha sostenuto in più occasioni che un vaccino contro il coronavirus sarà disponibile entro metà ottobre, nonostante la realtà sia molto diversa e le stesse aziende farmaceutiche non abbiano ancora elementi per fare previsioni certe su tempi ed esiti delle sperimentazioni. Queste incertezze sono diventate ancora più evidenti negli ultimi giorni, in seguito alla diffusione di nuovi dettagli sui test clinici in corso, pubblicati da Pfizer e Moderna, impegnate nello sviluppo di vaccini ritenuti tra i più promettenti. 

È molto raro che a uno stadio iniziale delle sperimentazioni un’azienda farmaceutica fornisca informazioni sui progetti che ha elaborato per valutare sicurezza ed efficacia di un proprio prodotto. Pfizer e Moderna hanno deciso di farlo in seguito alle forti pressioni ricevute negli Stati Uniti dalla comunità scientifica e da molti osservatori, preoccupati dal fatto che i tempi della sperimentazione potessero essere sfruttati a fini politici e forzati per portare a qualche risultato prima delle elezioni presidenziali, che si terranno il prossimo 3 novembre. È tutto molto incerto, ma non c’è nulla di strano.

Complici
Leggendo questa newsletter, consultando il sito del Post e abbonandovi, state contribuendo a fare il Post ogni giorno, concretamente. E ve ne siamo grati.

Ci sentiamo venerdì, e buon autunno (nonostante tutto, dai). Ciao!

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *