Vangelo di Domenica 11 gennaio 2015

Gesù di Nazaret in mezzo alla gente

Vangelo Marco 1, 7-11

Alla folla annunziava: “Dopo di me sta per venire colui che è più potente di me; io non sono degno nemmeno di abbassarmi a slacciargli i sandali. Io vi battezzo soltanto con acqua, egli invece vi battezzerà con lo Spirito santo”. Proprio in quei giorni, da Nazaret, un villaggio della Galilea, arrivò anche Gesù e si fece battezzare da Giovanni nel fiume. Mentre usciva dall’acqua, Gesù vide il cielo aprirsi e lo Spirito santo scendere su di lui come una colomba. Allora dal cielo venne una voce: “Tu sei il Figlio mio, che io amo. Io ti ho mandato”.

 

Battesimo del Signore
Nel battesimo di Gesù, il nostro battesimo
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)

Alla riscoperta del proprio battesimo
> Se chiedessimo: “Cos’è il battesimo?”, avremmo qualche risposta, perché “battesimo” e “battezzare” sono termini ricorrenti; significano: iniziare, inaugurare. Abbiamo così il battesimo dell’aria, di una nave, di un bambino. Battesimo significa inizio. Il sacramento del battesimo ci rende figli di Dio non in senso naturale ma adottivo; l’adozione non è solo esteriore ma interiore, per cui possiamo rivolgerci a Dio e chiamarlo Padre. Questa è la nostra nuova dignità: formiamo la famiglia di Dio. Chi ha adottato un bambino, può meglio comprendere questa verità. Non si tratta di un’adozione a distanza, ma Dio chiama noi, estranei, nella sua casa, e ci dà tutto: nome, cognome, affetto, vita eterna.
> Questa scena del battesimo è stata scritta per noi, perché almeno una volta all’anno facciamo memoria di questa misteriosa e dimenticata adozione. Purtroppo nessuno di noi ricorda il giorno del suo battesimo. E’ un male! Chi di noi ricorda di essere stato profumato con olio benedetto, di avere ricevuto una veste bianca, di avere promesso di seguire Cristo e di rinunziare al male? Ricordi lontani, e perciò è urgente riflettere su quell’inizio della nostra storia di salvezza: da quel momento siamo entrati nella chiesa, famiglia di Dio. Il battesimo di acqua, di privilegio, di separazione, lo hanno chiesto altri per noi; ma il battesimo di fuoco, di consacrazione, di testimonianza, dobbiamo chiederlo noi.
> Nati e vissuti in una religiosità senza fede, in una cristianità senza cristianesimo, dobbiamo riscoprire, come i neocatecumenali, le esigenze e la grandezza della nostra fede. “Riconosci, o cristiano, la tua dignità”. E’ difficile, perché viviamo in una religiosità scenografica, folcloristica, post-cristiana, ricca di giocattoli religiosi, ma povera di valori autentici. Se pensiamo che la famiglia non è più oggi l’unica agenzia educativa; che i genitori non possono fare scelte definitive per i figli; che molti figli non avranno un’educazione religiosa; che molti genitori chiedono il battesimo per paura o per tradizione o per convenienza (un padrino importante!); se pensiamo che la legge 194 sull’aborto provoca un calo demografico; che dobbiamo convivere con culture e religioni diverse dalla nostra; che verrà introdotta anche in Italia la legge sull’eutanasia, come già è stata approvata la legge sulle fecondazione eterologa; se pensiamo che solo il 15% di giovani fa riferimento al vangelo nella vita; che il 70% rifiuta l’etica della chiesa; che l’80% si stacca dalla parrocchia dopo la cresima … è a tutti evidente che cristiani non si nasce, ma si diventa! Nati e vissuti in una religiosità da scenario (in una “cristianità senza cristianesimo”, direbbe S. Kierkegaard), dobbiamo riscoprire le esigenze e la grandezza, la gioia e la fatica di essere cristiani. Non è facile, perché viviamo in un’epoca da molti definita post-cristiana, dove sarà sempre più necessario scegliere, rischiare, schierarsi. Qualcuno addirittura sostiene che i cristiani sono una razza in via di estinzione! Ciò che deve contare non è fissare la data o il ristorante o il regalo, ma percorrere insieme un cammino di fede.

Dal battesimo di “acqua” al battesimo di “Spirito”
La Scrittura di oggi insegna con evidenza che il battesimo veramente importante non è tanto il “battesimo di acqua”, ma il “battesimo di Spirito”. Mentre il battesimo “di acqua” è un rito religioso che separa il neonato dalla comunione degli uomini, il battesimo “di Spirito” rende il battezzato solidale con tutte le gioie e le speranza del mondo, al di fuori di ogni discriminazione. Senza gridare nelle piazze, senza spettacolarismi, ma nel segreto e nel silenzio: è un compito di straordinaria importanza. Abbiamo tutti la possibilità di fare il bene nella famiglia, nella scuola, nella società. Questo vivere secondo le beatitudini dovrebbe diventare uno stile del cristiano, che dunque non si distinguerà più per il cumulo delle pratiche religiose; noi stiamo perdendo tante caratteristiche esterne, che ci distinguevano dagli altri; ma questa è una grazia: immergendoci nel mondo, come Gesù ha fatto con la sua incarnazione, noi troviamo continue occasioni per vivere il vangelo; noi siamo nella possibilità di vivere come fermento dentro la pasta; la pasta non è per il lievito, ma è il lievito per la pasta; il mondo non è per i cristiani, ma i cristiani sono per il mondo. Il battesimo esce così dalle angustie sacrali e diventa invece assunzione di responsabilità.

Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?
Sono parole che ricordano, da vicino anche se con spirito diverso, quelle altre del filosofo F. Nietzsche. Una sorta di male-educazione religiosa ci ha abituati a guardare il cielo, a fissarci sulle realtà eterne, svalutando le cose terrene. Ci è stata insegnata che la vera dignità dell’uomo, la più alta, è la contemplazione. E allora, più intensa si fa la fede, più distratto diventa il cuore davanti alla storia. La grande tradizione ascetica del cristianesimo sembra essersi costruita sull’ideale della “fuga mundi”. Il compito del credente è, invece, di andare fino ai confini della terra per annunciare il vangelo. Non è di starsene sulla terra a contemplare i cieli, ma di accettare la condizione itinerante, come una caratteristica della fede. Quindi la contemplazione cristiana si immerge nel divenire. Il suo vero luogo non è il cielo immutabile, le stelle fisse o la candida rosa, ma la terra degli uomini in faticoso cammino. Gli eremiti ci sono sempre stati, prima di Cristo e fuori del cristianesimo. Il desiderio della solitudine è un profondo anelito dello spirito umano, ma è un anelito che non può salvare, perché può creare illusioni di salvezza, può essere una forma di evasione alienante in cui forse si nasconde del narcisismo religioso. Il Signore ci invita a tenere gli occhi sulla terra, perché la terra è un luogo teologico, è epifania divina, è regno di Dio che viene.

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