Vangelo di domenica 15 Marzo 2015

 Dal Vangelo secondo Giovanni 3,14-21

In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

Quarta domenica di quaresima (B)
Dio è fedele alle sue promesse!
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)

La vita eterna
Riconosciamolo francamente: nessuno di noi ama, qui e subito, la vita eterna. Nonostante i dolori, le sofferenze, i fallimenti … siamo così innamorati di questa “valle di lacrime”, che la vita eterna la rinviamo sine die, il più lontano possibile. Ma non è questo che ci deve preoccupare! E’ naturale che noi amiamo questa vita e questo mondo. Quello però che dobbiamo comprendere è che la vita eterna è in qualche modo già in noi. Per il credente, la vita eterna è già cominciata; essa sarà certo un “salto di qualità”, ma nello stesso tempo è un processo che inizia nell’oggi che viviamo. La vita eterna ci attende, eppure è già cominciata, se noi pratichiamo l’invito di Giovanni a fare il bene e ad evitare il male. Questa piccola-grande verità ci aiuterà a non relegare la vita eterna tra i lontani e remoti futuribili, e a collocarla invece al centro del nostro “essere-nel-mondo… In-der-Welt-Sein”, come scrive l’esistenzialista M. Heidegger. È sbagliato aspettate il giudizio finale. Esso si svolge ogni giorno. Il nostro futuro è già iniziato, e ne sentiamo la pace e la luce quando aderiamo in pienezza a Dio.

Testimoniare Gesù alla luce del giorno!
In questo brano, colpisce la figura di questo “notabile giudeo” Nicodemo. Il Talmud, documento fondamentale delle tradizioni giudaiche, cita un certo Nicodemo ben Gurion, uomo ricco, potente, generoso, vissuto a Gerusalemme e contemporaneo di Cristo. Dal racconto del vangelo, appare come una personalità, uno scriba appartenente alla corrente dei farisei, membro del Sinedrio, la massima struttura del giudaismo. Incontreremo Nicodemo in altri due episodi: durante il processo contro Gesù (Gv, 50) e in occasione della sepoltura di Gesù (Gv 19, 39). Questo personaggio fa visita a Gesù, di notte! Particolare importante per comprendere il contrappunto ombra-luce. Per chi si avvicina a Gesù di nascosto, gli studiosi hanno coniato il termine “nicodemismo”, poco usato eppure tanto attuale. Oggi, sotto la pressione delle ideologie, numerosi credenti hanno la tendenza a nascondere la propria identità, a non uscire allo scoperto. Eppure è proprio oggi, in epoca di esplicita de-cristianizzazione, che i credenti non devono limitarsi a visitare Gesù di notte. Non a tutti è concesso l’eroismo dei santi, ma a tutti è possibile manifestare liberamente la propria fede.

Dio ha tanto amato il mondo …
L’esperienza quotidiana ci dimostra il cosmo e l’uomo come sprovvisti di amore. Solo un’informazione pia e funzionale può sostenere che questo è il migliore dei mondi possibili! Lasciamolo pure credere a Leibniz e seguaci. La cultura scientifica ci costringe a guardare il fenomeno della vita come un’evenienza provvisoria e senza garanzie, a ricordare gli innumerevoli cataclismi che hanno preparato la vita, questa nostra vita. La conoscenza storica ci mostra quanto la terra sia stata insanguinata dall’uomo (e spesso nel nome di Dio: milioni di persone sono sterminate per fame, mentre milioni di persone hanno problemi di linea). Insomma, qualunque osservazione facciamo nel passato e nel presente, in senso diacronico e sincronico, resta l’interrogativo: “Ma Dio ama davvero il mondo?”. Questa è la realtà, e noi dobbiamo stare attenti ad ogni slogan devozionale. La stessa crocifissione di un Uomo giusto, abbandonato da tutti, con il trionfo dell’iniquo potere religioso e politico, è un segno non dell’amore di Dio, ma dell’assenza di Dio. “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Siamo di fronte al paradosso evangelico: da un lato, noi affermiamo l’amore onnipresente e fedele di Dio; dall’altro, questo amore è misterioso, esige fiducia. Tenendo uniti questi due estremi, ci è possibile entrare nella logica nuova della fede, che è e resta la logica dell’oscuro, della mancanza di prove, dell’abbandono in Dio. La fede, nella sua essenza, è rischio, salto, fiducia, è un dubbio superato, è credere in Dio prima ancora di vederlo.

Vi ho chiamati amici!
Dio, per farci capire quanto ci ama, ricorre alle diverse esperienze di amore che l’uomo ha nella sua vita. Tutti gli amori, coniugale o paterno, materno o amicale … sono faville di un unico incendio che ha in Dio la sua sorgente e il suo modello. La Bibbia in tante pagine ci descrive Dio come un padre che ama; anche nel vangelo di oggi, Dio padre ama tanto gli uomini da darci il suo Figlio (Gv 3, 16). Altre volte Dio vi viene presentato come una madre: “Si dimentica forse una donna del suo bambino?” (Is 49, 15). L’uomo conosce anche un altro tipo di amore, quello sponsale; tutti i termini tipici dell’amore tra un uomo e duna donna sono presenti nella Bibbia, compreso il termine “seduzione”. Anche a questo tipo di amore Dio fa ricorso per convincerci che il suo amore è vero! Gesù si serve di tutte le precedenti immagini, ma ne aggiunge una nuova, quella dell’amore di amicizia: “Vi ho chiamati amici” (Gv 15, 15). L’amicizia è un legame più forte della stessa parentela. La parentela consiste in legami di sangue, l’amicizia invece consiste in legami di gusti, di ideali, di interessi. Forse tanto amore ci spaventa, ci viene da pensare: ci avesse amati di meno, ci sentiremmo più tranquilli. Sì, perché il Dio che mette paura ci ricorda le regole violate, ma il Dio che ama ci ricorda l’amore tradito. Forse ora possiamo comprendere anche l’ira di Dio: non è la collera di in sovrano che scopre dei sudditi ribelli, ma è l’ira di un innamorato che non riesce a fare capire il suo amore. Buona vita!

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