Vangelo di Domenica 18 Novembre 2018

DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018
Guardando al futuro
Vangelo di Marco 13, 24-32

‘Ma in quei giorni, dopo quelle tribolazioni, il sole si oscurerà, la luna perderà il suo splendore,  le stelle cadranno dal cielo, e le forze del cielo saranno sconvolte. ‘Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi, con grande potenza e splendore. Egli manderà i suoi angeli in ogni direzione. E da un confine all’altro del cielo e della terra egli radunerà tutti gli uomini che si è scelti. ‘Dall’albero del fico imparate questa parabola: quando i suoi rami diventano teneri e spuntano le prime foglie, voi capite che l’estate è vicina. Allo stesso modo, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. Io vi assicuro che non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano accadute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. ‘Nessuno sa quando verranno quel giorno e quell’ora; non lo sanno gli angeli e neppure il Figlio: solo Dio Padre lo sa’.

Le nostre storie personali precedono inserite nella storia più grande dell’umanità; alcuni periodi particolarmente difficili, come quello in cui viviamo, per il diffondersi del pensiero negativo di ostilità e avversione verso ogni altro diverso, considerato al di fuori dell’identità chiuse ed esclusive che pretendono supremazia e decidono esclusione; per l’impoverimento e le povertà, le guerre e i disastri ambientali.
Quindici giorni fa è stato ricordato il centenario della fine della prima tragedia mondiale, il giorno della “vittoria”. Ma come si può chiamare vittoria se quell’evento ha pienamente confermato le indicazioni severamente ammonitrici e inascoltate del papa di allora Benedetto XV: inutile strage, orribile massacro, orrenda carneficina? Che vittoria è quella che deve contare 10 milioni di morti, 650 mila italiani, a cui va aggiunta la spaventosa cifra di 10 milioni di morti causati dalla c.d. spagnola? Nella quale la devastazione e le distruzioni hanno prostrato le popolazioni e migliaia di persone sono state costrette alla profuganza? Tempi molto dolorosi e difficili.
Siamo portati a guardare al futuro personale, delle relazioni, delle comunità, dal Friuli, all’Europa, al Mondo intero.
Non mancano di certo le incertezze, le paure, le preoccupazioni. Anche la recente alluvione in Carnia ha determinato prostrazione, ha sollecitato reazione dignitosa e volenterosa, ha ripresentato gli interrogativi sulla condizione dell’intera area della montagna, sul progressivo spopolamento, sull’incertezza per il futuro, sull’abbandono e sulla mancanza di attenzione e prevenzione che favoriscono gli effetti devastanti dei fenomeni atmosferici.
Guardare al futuro chiede la nostra responsabilità personale e comunitaria; chiede cultura, etica, politica, economia, legislazioni. Porta a considerare che dovremmo agire come se tutto dipendesse da noi e che nello stesso tempo può accadere “qualcosa” di positivo o di negativo in modo inatteso e imprevedibile, espressione di quella dimensione misteriosa della vita che si presenta insieme alla sua concretezza.
Guardare al futuro significa cercare di elaborare e possibilmente superare le paure e le incertezze oggi così diffuse; questo è maggiormente possibile quando i diversi “io” personali diventano un noi che condivide, progetta, precede insieme, nell’incoraggiamento reciproco.
In questo progetto del futuro ci sono alcune questioni irrinunciabili, i contenuti stessi del progetto: giustizia, accoglienza, pace, fratellanza, salvaguardia dell’ambiente vitale, attenzione continua alla dignità di ogni persona umana, cura dell’anima, cioè delle dimensioni profonde dell’essere.
Il Vangelo di questa domenica (Marco 13, 24-32) con parole e immagini che appartengono al genere apocalittico, ci parla appunto del futuro nel quale alla fine dei tempi ci sarà l’intervento storico del Dio della liberazione e della vita, del “Figlio dell’Uomo” figura che indica Gesù di Nazaret. Verrà a confermare l’esito positivo della storia che lui ha introdotto con la sua presenza fra noi.
Camminare giorno sopo giorno seguendo il suo insegnamento, percependo la sua presenza non risolve in modo automatico le difficoltà e avversità, non favorisce salvacondotti e immunità, anzi carica di responsabilità e insieme nutre la speranza di esiti positivi.
Gli atteggiamenti richiesti sono la vigilanza, la fiducia e la perseveranza, rifuggendo da ogni irresponsabilità e anche da ogni impazienza infruttuosa procedendo animati dalla pazienza attiva

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *