Vangelo di domenica 27 Settembre 2015

Lo scandalo dell’incoerenza

Vangelo di Marco 9,38-43.45.47-48

Giovanni disse a Gesù: “Maestro, abbiamo visto un uomo che usava il tuo nome per scacciare i demoni. Noi abbiamo cercato di farlo smettere, perché non è uno dei nostri”. Ma Gesù disse: “lasciatelo fare. Perché non c’è nessuno che possa fare un miracolo in nome mio, e poi subito si metta a parlar male di me. Chi non è contro di noi, è con noi”. “E se qualcuno vi darà anche soltanto un bicchiere d’acqua per il fatto che siete discepoli di Cristo, vi assicuro che riceverà la sua ricompensa. Se qualcuno fa perdere la fede a una di queste persone semplici che credono in me, sarebbe meglio per lui essere gettato in mare con una pietra di mulino legata al collo”. “Se la tua mano ti fa commettere il male, tagliala: è meglio per te entrare nella vera vita senza una mano, piuttosto che avere tutt’e due le mani e andare all’inferno, nel fuoco senza fine. Se il tuo piede ti fa commettere il male, taglialo: è meglio per te entrare zoppo nella vera vita, piuttosto che essere gettato nell’inferno con due piedi. Se il tuo occhio ti fa commettere il male, strappalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, piuttosto che avere due occhi ed essere gettato nell’inferno, dove si soffre sempre e il fuoco non finisce mai.

XXVI domenica del tempo orinario (B)
Dio non appartiene a nessuno, perciò appartiene a tutti!
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it

Ove c’è un uomo, ivi è presente lo Spirito
Abbiamo due modi, due possibilità, di interpretare in genere la parola di Dio:
▪ alcuni, obbedendo ad una tradizione istituzionalizzata, considerano il mondo come una vasta estensione in cui mandare i propri missionari; per questi, il mondo è coperto da una densa tenebra di errore, la chiesa emerge come una vetta luminosa, alla quale tutti devono tendere, perché fuori dalla chiesa non c’è salvezza. Dio ama tutti gli uomini, è vero, ma li ama attraverso la chiesa, definita società perfetta. Questa visione può suscitare nei credenti forme di compiacimento collettivo, di superbia storica, di rifiuto di comunione, di aggressività religiosa;

▪ c’è un’altra interpretazione, più evangelica, ed è la convinzione che Dio ama tutti gli uomini, che il rapporto fra Dio e la creatura è immediato, che Dio prepara nel mondo il suo regno attraverso lo Spirito che vagava nell’abisso delle origini, e che vaga ancora nella storia degli uomini. A partire da questa premessa dell’amore universale di Dio, la chiesa emerge come il luogo in cui si vive con maggiore consapevolezza questo disegno di amore. Allora i cristiani non si considerano dei venditori di prodotti di salvezza, perché la salvezza viene da Dio, e lo Spirito riempie tutta la terra; il loro atteggiamento non è di conquista ma di ascolto. Ove c’è un uomo, ivi è presente lo Spirito.

Non ripetiamo l’errore degli apostoli che dicono a Gesù: Quello non era dei nostri, perché gli uomini sono tutti dei nostri, come noi siamo di tutti. Noi tendiamo al regno, che invochiamo ogni volta che preghiamo la preghiera del Padre nostro. E di questo regno nessuno conosce i confini, le forme, le dimensioni. Esso è un mistero. Gli operatori di questo regno sono tutti quegli uomini e donne di buona volontà che, in silenziosa operosità, costruiscono la civiltà dell’amore. Questa società aperta rompe in noi ogni orgoglio cattolico, perché ritroviamo l’umiltà evangelica, la solidarietà con gli uomini; di¬ventiamo, secondo la bella espressione di Origene, “amici del genere umano”. Gli uomini non sono divisibili in due gruppi, dentro o fuori, buoni o cattivi, eletti o dannati, credenti o atei. Quanta gente non è in grazia, ma è impregnata e minacciata dalla grazia, percorsa dall’immenso e pazien¬te amore di Dio: Nel più freddo avaro, nel cuore della prostituta, nel più disonesto ubriaco c’è un’anima immortale santamente occupata a respirare e che, esclusa di giorno, pratica l’adorazione notturna (P. Claudel).

Dio non è “mono-polita”, ma è “cosmo-polita”
La tentazione continua è questa: sequestrare Dio, monopolizzarlo a proprio uso e consumo, ingabbiarlo nelle nostre teologie, dimenticando che Dio, padre universale, non si lega mai a nessun individuo, a nessuna razza, a nessuna religione, che Dio illumina ogni uomo. Le nostre chiese, i nostri preti corrono questo rischio, perché si possono presentare in termini oggettivi come i distributori sicuri della grazia di Dio, e invece potrebbero essere anche maschere, schermi, montature… che contrabbandano per divino quello che è umano, quella che è volontà di Dio con quella che è volontà umana, quella che è Parola di Dio con quella che è parola umana! Per questo Dio manda alla sua chiesa – sancta et semper sanctificanda, reformata et semper reformanda, casta meretrix – profeti e santi e maestri con il compito di riportarla alla santità delle origini. Quindi, sono necessari insieme spirito e istituzione, gerarchia e profetismo, maestri e pastori. Accettare la verità senza chiedere la carta di identità a nessuno, riconoscere il bene anche se fatto fuori della nostra chiesa, e tutto questo senza perdere la nostra identità.

Nessun egoismo di gruppo!
Alcuni credenti non riescono a vivere se non dividono, se non costruiscono muri, se non distribuiscono carte di identità, se non compilano elenchi di chi è dentro e di chi è fuori. Se una persona dice una parola nuova, originale, inedita, subito viene convocata e giudicata: “Da dove viene? Ha i titoli a posto? E’ in regola con i contributi? Chi gli ha concesso la patente di esorcista? Quale ruolo occupa nella chiesa ufficiale?”. Il discepolo gretto, il gruppo chiuso non sopporta la libertà dello Spirito, si sente tradito: Non dovrebbe Dio far piovere solo sul nostro campicello e far sorgere il sole solo sul nostro campanile? Giovanni, l’apostolo preferito, si incarica di difendere l’ortodossia, di mettere ordine nella casa di Dio! In realtà ha solo paura della concorrenza; la sua condanna mette a nudo la sua incapacità. A volte incontriamo persone che con protervia impietosa osano giudicare quanti escono dalla nostra chiesa o dal nostro gruppo; a volte incontriamo anche superiori che con brutalità ci inchiodano davanti all’alternativa: o dentro o fuori. Forse hanno ragione, ma non sempre chi resta è migliore, e forse chi esce mostra più coraggio di tanti don Abbondio! Dobbiamo usare il vangelo, il nome di Gesù non “contro qualcuno” ma “per qualcuno”, nello stile della famiglia, nell’arte del dialogo, nel rispetto della diversità. Gli steccati sono visibili anche in casa cattolica, tra cattolici e cristiani e ortodossi; l’espressione separati in casa si può benissimo applicare anche a certe realtà ecclesiali. Per fortuna c’è Mosè, che corregge l’errore: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!”. Per fortuna c’è Gesù, che non firma le nostre scomuniche: “Non glielo proibite!”. BUONA VITA!

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