Vangelo di Domenica 4 Ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Marco 10, 2-16

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

 

 

XXVII domenica del tempo orinario (B)
Mistero di comunione: i due saranno uno!
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)

E i due saranno una sola carne
La nostra epoca ha bisogno di meditare questo vangelo, in cui Gesù afferma la sacralità e la indissolubilità del matrimonio. La indissolubilità è ben più che una legge: essa indica il cammino della felicità. Spesso l’indissolubilità è compresa e vissuta come un obbligo, imposto dal di fuori, che limita la libertà degli sposi. Domandate cosa essa significa, e vi sentirete dare una definizione negativa: Indissolubilità è impossibilità di separarsi. Indissolubilità significa che non si finisce mai di conoscersi e di amarsi. Sposarsi significa vivere insieme questo sviluppo, è aiutarsi a inventarsi continuamente. Quando una persona è amata, cambia, fiorisce, si sviluppa. Gli sposi si sono amati un tempo perché avevano sperimentato che uno trasformava l’altra, che la vita era tutta differente, che il tempo trascorreva diversamente da quando si erano uniti. Ma poi sono tentati di riposare sulla loro unione, e allora si accorgono che hanno smesso di amarsi, di chiamarsi reciprocamente alla vita.

L’uomo non separi ciò che Dio ha unito …
Come spesso capita, i correttivi fanno più male che bene: il rimedio è indicato nella indissolubilità giuridica. Gli sposi dovrebbero lavorare per tutta la vita a legarsi, e invece si credono di colpo non più separabili: lui si dedica agli affari, molto più libero da quando si è legato indissolubilmente; lei, delusa, si volge verso i figli o una professione. Morire inconsciamente è quello che sappiamo fare meglio di ogni altra cosa! Se non ci si scrive più, si finisce per non avere più voglia di scriversi; se non ci si parla più, si finisce per non avere più nulla da dirsi; se non ci si guarda più, si finisce per non vedersi più. Non sono le liti, la povertà, neppure le infedeltà che uccidono un matrimonio: è l’abitudine. Gli uomini vivono di invenzioni che presto diventano convenzioni. L’indissolubilità non è una legge ma un programma, non è una negatività ma una possibilità, non è fondata sul contratto ma sulle esigenze dell’amore, non è una firma ma è una scelta, non è imposta da un’autorità civile o religiosa, ma è la conseguenza di un amore vero; non è un guanciale su cui gli sposi possono addormentarsi: è una chiamata quotidiana a rendere il loro amore sempre vivo, attraverso i piccoli gesti della vita.

… ma Dio li ha davvero uniti?
Il matrimonio è fondato sul consenso, ma oggi la psicanalisi dimostra che molti consensi, apparentemente liberi, sono inconsciamente viziati. Oggi bisogna anche riconoscere che a volte un matrimonio non è mai esistito o non esiste più. La morte del corpo scioglie gli sposi, ma la morte dell’amore scioglie ugualmente gli sposi. L’uomo non separi ciò che Dio ha unito. Ma siamo sicuri che Dio li ha uniti? E Dio unisce gli sposi senza amore? Di quante coppie si potrebbe dire: Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno! La fedeltà a un amore, a una persona, è una bella qualità umana; la fedeltà a un errore si chiama ostinazione, e nessuno può farne una virtù! Abbiamo bisogno di leggi, ma guai a farne degli assoluti!

La radice di ogni male: la sklerokardìa
La questione è l’atto di ripudio, che la legge di Mosè permetteva al marito qualora avesse trovato in lei qualcosa di indegno (Dt 24,1); su questo qualcosa di indegno i giuristi ebrei avevano opinioni diverse: per qualcuno si trattava dell’adulterio (al solito è preso in considerazione solo quello della donna!), per qualche altro poteva trattarsi anche della minestra scotta o dell’alito cattivo! Gesù non nega la possibilità di divorziare, ma ne individua la causa: la sklerokardìa o durezza di cuore, origine di ogni male e di ogni divisione. All’origine non era così, come leggiamo in Genesi 2: Dio sogna per la prima coppia una unità assoluta; quando all’orizzonte dell’uomo solitario appare la donna, l’uomo dice: Questa volta è vita della mia vita, e nasce un legame che neppure la morte spegne, perché forte come la morte è l’amore (Ct 8). Il matrimonio cristiano non è solo un contratto, la sanatoria di un errore, una sistemazione sociale, la somma di due patrimoni … ma un sacramento che va scelto e preparato. Il cristiano ha il diritto/dovere di vivere il sesso e l’eros, ma il sesso da solo è biologia, e l’eros da solo è egoismo; è l’amore che trasforma il sesso e l’eros in comunione, in sacramento, in gioia; è l’amore che fa passare dalla genitalità alla sessualità, alla persona, al dialogo, alla fecondità, alla famiglia.

Noi, i materialisti dello spirito!
Noi, in genere, siamo portati a materializzare tutto: l’amore diventa una cosa che si fa o che si compera; Gesù è presente realmente nell’ostia, la maturità si consegue a diciotto anni, il peccato è una macchia, l’indissolubilità è un contratto! Gesù invece interiorizza ogni legame: il pezzo di carta ha valore solo se corredato di amore. Come ci sono grandi amori senza matrimonio, così ci sono matrimoni senza amore; si può convivere sotto lo stesso tetto, per lunghi anni, senza amore, come due sconosciuti! Celebriamo, dunque, lo splendore, la santità del matrimonio cristiano, senza bigotterie e senza volgarità, senza rigorismo e senza lassismo. Coloro che sono già sposati, ritrovino la freschezza del loro primo “sì”, forse offuscato dall’abitudine; coloro che sono fidanzati, si preparino a questo santo e decisivo passo con serietà e nella preghiera; coloro che hanno alle spalle l’amarezza di un matrimonio fallito o in crisi, possano ritrovare nella preghiera, nell’amicizia, un aiuto per continuare a vivere con dignità. Ai miei confratelli nel sacerdozio, vorrei solo dire che la chiesa è maestra ma anche madre; nessun prete deve trasformarsi in giudice degli altri, peggio, in giustiziere della vita eterna, nessuno deve distribuire premi ai buoni e castighi ai cattivi, perché è difficile distinguere i giusti dagli ingiusti. Il comando di Gesù: Non giudicate vale per tutti, preti compresi, perciò dobbiamo accogliere, ascoltare, curare con profondo rispetto e con infinita delicatezza. Il giudizio spetta a Dio, perché lui ci ama. E poiché ci ama, non giudica nessuno! Il segreto è saper ricominciare; come la vita ricomincia ogni mattina. Volerlo tutti e due, perché domani è un altro giorno. BUONA VITA!

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