Velocità della luce, perché non è possibile superarla in nessun caso?

La velocità della luce nel vuoto (299.792 km/s) è un limite scritto nella fisica del nostro cosmo. Nulla può andare più forte.

Se ci pensate, è proprio assurdo. Se a un corpo viene applicata una forza, infatti, la sua velocità non potrà che aumentare. O almeno così sembra, considerando le nostre esperienze di tutti i giorni. Oltre un secolo fa, però, Albert Einstein ha dimostrato che l’energia E di un corpo qualsiasi è legata alla sua massa m secondo la famosa equazione E=mc2, dove “c” è la velocità della luce (299.792,458 km/s).

Questa relazione dice, tra l’altro, che energia e massa sono due entità equivalenti, che possono trasformarsi l’una nell’altra. E questo è esattamente ciò che accade quando acceleriamo un oggetto (anche se noi non ce ne accorgiamo): l’energia che gli imprimiamo va in piccolissima parte ad aumentare la sua massa.

A mano a mano che la velocità aumenta, però, occorre sempre più energia per aumentarne ulteriormente la velocità, e questo accade perché sempre più energia si trasforma in massa. In pratica, quanto più ci si avvicina alla velocità della luce, tanto più l’oggetto diventa massiccio e inamovibile. Al 99,9% della velocità della luce, per esempio, un uomo di 80 kg avrebbe una massa di circa 2 tonnellate.

Cercare di “spingerlo” per fargli superare la “barriera” della luce avrebbe come unico risultato quello di aumentare la sua massa di tantissimo, lasciandone la velocità praticamente inalterata. Ecco perché la velocità “c” non può essere mai raggiunta.

Velocità della luce, com’è stata calcolata?

Dobbiamo all’astronomo danese Ole Rømer la determinazione della velocità della luce. Che non è infinita (nel vuoto è pari a 299 792 458 metri al secondo), ma è sempre relativa.

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Si è ritenuto a lungo che la luce avesse una velocità infinita. L’esperienza quotidiana sembrerebbe confermarlo: appena si accende una lampada, la luce inonda all’istante lo spazio. Tuttavia, già nel XVII secolo l’astronomo danese Ole Rømer ipotizzava che la luce avesse una velocità enorme, ma non infinita.

Fu proprio Rømer a determinare la velocità della luce nel 1676 mentre lavorava all’osservatorio reale di Parigi diretto al tempo da Giovanni Domenico Cassini.

I TENTATIVI DI GALILEO GALILEI. Prima di lui si era cimentato anche Galileo Galilei, ma senza successo. L’esperimento di Galileo prevedeva di porre due lanterne a una distanza di un miglio e di calcolare il tempo che la luce impiegava ad arrivare da un punto all’altro: insieme a un assistente prese una lanterna schermata e andò sulla cima di due colline che distavano un miglio. Galileo scoprì la sua lanterna, e l’assistente sull’altra collina, non appena vide la luce, scoprì a sua volta la lanterna.

6L’esperimento di Galileo Galilei

Lo scienziato pisano avrebbe quindi dovuto misurare il tempo necessario per vedere la luce dall’altra collina e a quel punto sarebbe stato sufficiente dividere la distanza per il tempo per ottenere la velocità della luce.

L’esperimento non portò a nessun risultato: per percorrere un miglio, la luce impiega circa 0,000005 secondi, un valore immisurabile con gli strumenti a disposizione di Galileo.

LA MISURAZIONE DI OLE RØMER. Se però le distanze da far percorrere alla luce diventano più ampie, una misurazione è possibile anche con strumenti meno sofisticati. È proprio quanto fece Rømer nel 1676 osservando il moto di  Io, una delle lune di Giove.

Io compie un’orbita completa intorno a Giove in 1,76 giorni. Rømer, però, si accorse che il tempo impiegato dalla luna non era sempre lo stesso. In certi periodi dell’anno, quando la Terra era più lontana da Giove, ci metteva più tempo; al contrario, quando Terra e Giove erano più vicini, la luna Io sembrava anticipare la sua rivoluzione.

La tesi di Rømer era semplice ma geniale: la differenza era dovuta alla velocità della luce: se questa non è infinita, allora deve impiegare un certo tempo per giungere da Giove alla Terra; quando la Terra è più lontana, ci mette più tempo.

IO, GIOVE E LA TERRA. L’ipotesi di Rømer non era ben vista dal direttore dell’osservatorio, Gian Domenico Cassini. Allora Rømer, per convincere il proprio capo, annunciò che l’eclissi di Io, prevista per il 9 novembre 1676, sarebbe avvenuta 10 minuti prima dell’orario che tutti gli altri astronomi avevano dedotto dai precedenti transiti della luna.

La previsione si verificò puntualmente e Cassini dovette convincersi. Rømer spiegò che la velocità della luce era tale che aveva impiegato 22 minuti per percorrere il diametro dell’orbita terrestre. Rømer, che aveva un valore impreciso del diametro dell’orbita terrestre, calcolò la velocità della luce in 220.000 km al secondo, una misura non corretta (la velocità precisa è 299.792,458 km/s), ma certamente la più prima mai misurata fino ad allora.

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L’eclissi di Io e la velocità della luce. Quando la Terra si allontana da Giove, la luce che proviene da Io (è la luce del Sole, riflessa dalla luna) impiega più tempo a raggiungerci. L’orbita di Io sembra rallentare. Ma in realtà non è così, e Rømer utilizzo questo effetto per calcolare con una certa precisione la velocità della luce nel vuoto. |

L’ANNIVERSARIO DEL 7 DICEMBRE. Rømer comunicò la sua scoperta alla Accademia delle Scienze e la notizia venne poi pubblicata il 7 dicembre 1676, data che viene oggi comunemente ricordata come quella della prima determinazione della velocità della luce.

Nel 1790 il matematico olandese Christiaan Huygens utilizzò l’idea di Rømer per calcolare il maniera più precisa la velocità della luce e riuscì a ricavare un valore numerico molto vicino a quello accettato oggi.

In seguito la velocità della luce è stata misurata dai fisici con precisione assoluta: un raggio luminoso viaggia nel vuoto a 299.792.458 metri al secondo. In un secondo potrebbe compiere sette giri e mezzo della Terra seguendo la linea dell’equatore.

CHE FINE HA FATTO RØMER. Dopo il soggiorno parigino, nel 1681 fece ritorno in Danimarca, dove si mise a insegnare astronomia all’Università di Copenhagen. Degli scritti scientifici prodotti in quell’epoca non è rimasto quasi nulla: furono distrutti nel grande incendio divampato in città nel 1728. La sua passione per le unità di misura riguardò anche il quotidiano: in qualità di matematico reale fu il principale responsabile dell’introduzione di un sistema nazionale per i pesi e le misure in Danimarca nel 1683 (inizialmente basato sul “piede del Reno”: ma nelle intenzioni di Rømer, si sarebbe dovuto riferire a costanti astronomiche, un risultato che si raggiunse solo dopo la sua morte).

Ideò inoltre una scala delle temperature che porta il suo nome: oggi non è più in uso, ma il fisico tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit l’avrebbe usata come base per elaborare l’omonima scala. Negli ultimi anni della sua vita fu nominato capo della polizia di Copenhagen, e mentre riformava quell’organo dall’interno (perché ritenuto corrotto) non perse l’occasione di inventare qualcos’altro: i primi lampioni stradali – a olio – della città.

PIÙ VELOCE DELLA LUCE? In realtà non c’è cosa più veloce nell’universo della luce. Anzi, non può esserci nulla di più veloce, anche in linea teorica, come ha postulato Albert Einstein nella sua celebre teoria della relatività speciale. Dalle sue formule si deduce che in natura esiste un limite massimo di velocità. Ciò ha a che fare con la massa delle cose: ogni oggetto, secondo Einstein, aumenta la sua massa quanto più velocemente si muove (ovvero, oltre un certo limite, l’energia che spinge un oggetto si trasforma quasi tutta in massa e soltanto per una frazione sempre più piccola in velocità).

Questo diventa evidente solo a velocità elevate: se si potesse sparare nello spazio una palla da tennis della massa di 55 grammi a una velocità di 500 milioni di chilometri all’ora, la massa dell’oggetto aumenterebbe a 62 grammi. Se la velocità raggiungesse 1.079 milioni di km/h – corrispondente a circa il 99,98 per cento della velocità della luce – la massa della palla sarebbe di ben 2,5 chilogrammi.

Ogni ulteriore approssimazione alla velocità della luce farebbe aumentare la massa della palla, e al 99,9999 per cento sarebbe di 1,2 tonnellate. A quel punto, però, per imprimere un incremento di velocità sarebbe necessaria una forza immane. Per accelerare una grande massa, infatti, ci vuole più spinta di quanta ne occorra per una massa piccola.

In pratica: quanto più veloce è la palla, tanto maggiore diventa la massa, e di conseguenza più dispendiosa in termini di energia una sua ulteriore accelerazione. Fino alla situazione limite, in cui qualsiasi aumento di velocità richiederebbe un’energia maggiore di quella disponibile nell’universo: il non plus ultra della velocità che un corpo può raggiungere.

 

http://www.focus.it/scienza/scienze/velocita-della-luce-superare

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