
Disoccupazione giovanile: la grande piaga sociale dei nostri tempi
In tanti comuni e regioni a breve si voterà e come di consueto i giovani saranno oggetto di promesse di lavoro che ahimè, come sempre, non saranno mai mantenute;
Con la crisi internazionale degli ultimi tempi, il problema ha assunto rilevanza internazionale; La questione è drammatica soprattutto in Italia, particolarmente grave nel Mezzogiorno.
Il tema all’ordine del
giorno è la disoccupazione. Il problema più inquietante riguarda la
disoccupazione giovanile, e se il fenomeno è esteso a livello internazionale;
tuttavia, è in Italia che la situazione versa in condizioni disastrose. Un
giovane italiano su tre è senza lavoro, per non parlare dei coetanei spagnoli e
greci, dei quali uno su due è disoccupato. In base a questi dati, cosa possiamo
aspettarci dal futuro che ne deriva? La situazione attuale influenzerà
negativamente una serie di fattori, come le condizioni sociali, la crescita
economica, i consumi, e inevitabilmente crescerà il numero dei delinquenti.
Un fenomeno abbastanza grave è lo stipendio veramente misero di chi riesce a
trovare un’occupazione, e l’alta probabilità di perdere il lavoro. Diversi
fattori sono stati presi in considerazione come causa di questa situazione.
Alcuni pensano che il motivo sia la troppa istruzione: i giovano non vogliono
svolgere gli umili lavori di un tempo e pretendono troppo. Qualcosa
di reale c’è sicuramente in questa spiegazione, ma non del tutto, perché in
Italia negli ultimi anni il livello d’istruzione si è sollevato di pochissimo.
In problema risiede essenzialmente nel sistema produttivo italiano, che è
arretrato. Le imprese che in passato hanno contribuito alla nostra crescita
economica oggi sono in declino. Infatti, esse si basano più sul costo della
forza lavoro che sull’innovazione e la ricerca.
Vi è pochissima predisposizione ad assumere, non esistono risorse da destinare
alle assunzioni, i contratti di lavoro sono irregolari e parecchi consistono in
stage, collaborazioni occasionali e contratti a tempo determinato rinnovati
continuamente. Di conseguenza, la crescita è pari a zero e la richiesta di
personale qualificato è scarsa. L’immenso capitale umano di giovani istruiti
viene sprecato e la crescita si arresta, ed essi sono costretti ad
intraprendere mestieri sotto qualificati o andare all’estero, contribuendo alla
crescita economica di altri Paesi. Si parte già sconfitti se si pensa di poter
competere a livello mondiale senza investire nella ricerca e senza innovarsi.
Altre cause possono essere collegate all’inefficiente mercato del lavoro, alla
rigidità dei salari di chi ha la fortuna di avere un buon posto, allo
sfruttamento lavorativo, che non offre una formazione né la possibilità di un
impiego stabile. Inoltre, manca una burocrazia in grado di creare nuovi posti
di lavoro, e a causa delle tasse alte molti rinunciano a creare nuove aziende
che potrebbero incrementare i posti.
Esiste poi un esile collegamento tra scuola e lavoro. Il nostro sistema
formativo obbliga a stare anni e anni all’università, per frequentare poi corsi
di specializzazione e master inutili, in quanto sarebbe più efficace
l’esperienza lavorativa diretta. Di conseguenza l’ingresso nel mercato ritarda
e diventa sempre più difficile. Nessuno ha pensato di programmare bene la
formazione dei futuri lavoratori, di analizzare indirizzi, aggiornare
competenze, di effettuare un valido orientamento, ovvero, una volta individuato
qual è il settore di maggior crescita economica, pianificare lo sviluppo
preparando strutture adeguate alla formazione dei giovani, e che diano le
giuste competenze. Questo metodo deve coinvolgere tutte le attività formative,
dalla scuola alle aziende. Un altro modo per sconfiggere la disoccupazione è
riuscire ad aprire una propria attività e cercare di proporre nuove idee che
stuzzichino la curiosità della gente. Purtroppo, in Italia non è facile
realizzare un progetto del genere, per motivi legislativi e fiscali, e mettersi
in proprio significa rimetterci di tasca propria e non guadagnare niente.
Dunque, per rimediare a questa situazione, occorrerebbe innanzitutto diminuire
gli anni di università e i tempi dei corsi post-laurea. Tra laurea triennale e
specialistica, con circa cinquanta esami e la stesura di due tesi, se tutto va
bene il ciclo si completa dopo sei o sette anni. Ma poi in un concorso
qualunque viene scelto chi ha più titoli o chi ha esperienza; dunque, ci si
indirizza verso un dottorato, un corso di specializzazione, un master. Nel
frattempo, passano due anni e ci si accorge che si è trascorsa tutta la vita a
studiare, per un desiderio che probabilmente non si realizzerà.
Chi si stanca di lottare, inizia a propendere verso concorsi in un qualsiasi
ente pubblico. Una volta avuto il posto, questo viene utilizzato per
sopravvivere e non per esprimere le proprie potenzialità. Magari quel posto lo
avrebbe desiderato un’altra persona con meno titoli, e lo avrebbe svolto più
volentieri e con più passione. Invece, ritroviamo persone insoddisfatte del
proprio lavoro, che oltretutto svolgono male, e la crescita del Paese si
arresta.
Nunzio Zullo
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