IL GIOCO
IL GIOCO
Il gioco non è un passatempo, ma per il bambino è un lavoro vero e proprio, è la sua attività principale, perché attraverso questo impara e quindi, imparando, cresce.
Ma quale significato assume il gioco per il bimbo? Secondo la psicologa Cristiana De Ranieri al gioco possiamo attribuire una grande varietà di significati, tra cui: – Divertimento – Esplorazione del mondo, avventura e scoperta di sé – Esercizio delle proprie capacità individuali (fisiche e mentali) – Occasione di apprendimento – Attività liberatoria di tensioni nervose, scarica di emozioni forti come paura, rabbia, ansia, gioia etc. – Abbandono momentaneo della realtà con le sue regole per entrare in un mondo di fantasia nel quale ogni desiderio si può realizzare.
L ’esperienza del gioco,
secondo Elisa Martini dell’università di Bologna, insegna al bambino ad avere
fiducia nelle proprie capacità, attraverso questo processo diventa consapevole
del proprio mondo interno ed esterno e incomincia ad accettare l’interazione
tra queste due realtà. Inoltre, il gioco e le attività di socializzazione tra
genitori e figli, rappresentano dei buoni indicatori per
valutare il grado di benessere dei
minori e la qualità
delle relazioni genitore-figlio all’interno delle
famiglie.
Il gioco con i genitori diventa, quindi, per il bambino, un’occasione per
costruire legami
di intimità con le persone più importanti della sua vita.
In questo ambito emergono modalità diverse con cui padri e madri si rapportano
con figli e figlie.
Obiettivo di questo contributo è offrire un quadro generale su tali divergenze di interazione dei genitori con i loro bambini.
I dati qui utilizzati sono stati rilevati nell’ambito dell’Indagine Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”, attraverso un modulo specifico sull’infanzia, sulla base di una convenzione tra Istituto nazionale di statistica e Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.
L’indagine è stata condotta
su un campione di 20
mila famiglie per un totale di circa 49 mila individui; da
questo campione sono state estratte solo le famiglie con bambini dai 3 ai 6 anni.
Da tale indagine è emerso che ben il 72,8% dei bambini e delle bambine
dai 3 ai 6 anni gioca con le madri tutti
i giorni. I papà,
invece, sono presenti nei giochi infantili con una frequenza ben più bassa:
il 46,1%.
Se si considerano invece i bambini che giocano qualche volta a settimana, il
ruolo del padre nelle attività ludiche è più incisivo: 42,1%, rispetto al 22,8%
della madre.
Nel complesso, inoltre, durante l’infanzia del bambino la madre è
maggiormente coinvolta nella pratiche di cura o di sorveglianza (dar
da mangiare, vestire, far addormentare il bambino, etc.), ed è possibile
riscontrare lo stesso “primato”
anche nella sfera
ludico-ricreativa, attraverso l’analisi della frequenza e dei
tipi di giochi svolti con il bambino. Invece il lavoro di cura dei padri si
esplicita per lo più in attività ludiche o di semplice interazione sociale con
i figli.
Inoltre l’età dei genitori, in
particolar modo quella della madre sembra che incida sulla frequenza con cui
gioca con i propri figli, infatti: l’83% delle donne tra i 20 e i 24 anni gioca
tutti i giorni con il proprio bambino, contro il 56% delle donne con più di 44
anni.
Al contrario, per gli uomini, sembra che al crescere dell’età trovino maggiori
momenti di intimità con i propri figli, tanto che ben l’88,4% degli over
quarantacinquenni gioca con il bambino almeno qualche volta a settimana, a
fronte del 55% dei padri giovanissimi.
Anche il titolo
di studio dei genitori incide sul tempo che
questi dedicano a giocare con i propri figli: padri e madri con un basso titolo
di studio hanno una probabilità maggiore di giocare poco frequentemente con i
propri figli, forse perché impegnati in attività lavorative che li tengono
spesso lontani da casa; in generale, però, il titolo di studio dei genitori non
sembra influire in modo decisivo sulla qualità del rapporto con i propri figli.
Inoltre ci sono delle differenze nei giochi tra maschietti e femminucce con
mamma e papà: infatti i maschi svolgono giochi di movimento specialmente con il
padre circa il 60% contro circa il 41% con la madre, mentre disegnano e/o
colorano preferibilmente con la madre.
Il padre, invece, sembra prediligere questa modalità interattiva specialmente
con le bambine: più della metà di queste disegnano frequentemente con il
proprio papà. La tecnologia è un territorio più maschile e ciò emerge in modo
evidente anche nelle attività ludiche dei più piccoli: infatti, quasi un quarto
dei figli maschi giocano più frequentemente insieme ai padri con i videogiochi.
Anche le bambine si trovano a
giocare più spesso con i padri a questo tipo di gioco, ma in percentuali
nettamente inferiori a quelle dei loro coetanei maschi (12,6%).
Infine, più della metà delle bambine svolgono attività domestiche per gioco,
come cucinare, riordinare la casa, etc. a fronte di poco più di un quarto dei
maschietti, quest’ultimo dato merita un approfondimento in quanto sembra che
certe tipiche divisioni
di ruolo in base al genere nascano già nella prima infanzia.
Nel gioco i bambini si
adoperano con tutte le loro forze per diventare adulti; inoltre, l’attività ludica,
specialmente durante l’età evolutiva, è la forma più naturale e spontanea di socializzazione (Boccia).
Se il gioco viene svolto con i propri genitori diventa ancora più rilevante per
la formazione socio-psico-pedagogica del bambino: infatti, il gioco è
fondamentale per lo sviluppo
sociale, cognitivo, affettivo e per
la formazione della
personalità. Un ambiente sereno e la costante attenzione dei
genitori, soprattutto della madre, permetteranno ai minori di arrivare ad una
socializzazione ben riuscita.
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