ARIENZO. Nella Cattedrale Sant’Andrea Apostolo di cui è Arciprete don Mario De Lucia, per la presentazione del libro “S. Ecc. Monsignor PAOLO POZZUOLI”

Sono intervenuti S. Ecc. Monsignor Antonio Di Donna,

vescovo di Acerra, Monsignor Francesco Maria Perrotta, il prof. Salvatore Campitiello presidente dell’Assostampa Campania Valle del Sarno e tesoriere dell’Ordine dei giornalisti della Campania, il prof. Raffaele Raimondo, il dott. Giuseppe Guida e l’avv. Raffaele Russo, Sindaci rispettivamente di Arienzo e Vitulazio.

È sempre bello e particolarmente emozionante per me ritornare nella stupenda Cattedrale dedicata a Sant’Andrea Apostolo che, prima ancora di don Mario De Lucia, ha avuto come Arciprete Monsignor Francesco Maria Perrotta (dal 1967 al 2003), sia per lodare il Signore e pregare sulla tomba di Monsignor Paolo Pozzuoli, Vescovo della diocesi di Sant’Agata de’ Goti dal 1 aprile 1792 all’8 marzo 1799, epoca in cui la diocesi era ricca, fra i tanti centri, anche di Arienzo, sia per rivolgere una preghiera e un filiale e devoto pensiero a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, venerabile guida, santo maestro e illuminato predecessore al soglio vescovile di Sant’Agata de’ Goti di Monsignor Paolo Pozzuoli che “volle essere sepolto qui, davanti all’altare del Corpo di Cristo, per essere calpestato da quanti si recavano alla sacra Mensa”. Il legame fra il Santo ed il Monsignore, senz’altro solido e profondo, risale ai tempi in  cui Sant’Alfonso veniva ospitato nell’antico palazzo in Capua della nobile famiglia Lanza dove soleva ricevere soltanto cinque persone comprendenti anche Monsignor Pozzuoli, Rettore del Seminario della Città, che vi si recava soprattutto per ‘ispirarsi’ e ‘consigliarsi’ (le altre erano suor Maria Angiola del Divino Amore, la prima Superiora del monastero delle Carmelitane Scalze di S. Gabriele in Capua; don Lorenzo Jannotta, canonico della cattedrale; la signorina Filippa Farao e monsignor Adelmo Pignatelli, Arcivescovo di Capua nel 1777).

Sempre per ‘ispirarsi’ e ‘consigliarsi’, Monsignor Pozzuoli rinnovava le ‘visite’ al Santo anche nei periodi in cui, da Vescovo di Sant’Agata de’ Goti, soggiornava nel Palazzo vescovile in Arienzo, dimora preferita dai prelati santagatesi che ritenevano il clima molto più mite e salutare rispetto a quello della sede della Diocesi.

Dr. GiuseppeGuida, sindaco di Arienzo, Avv. Raffaele Russo sindaco di Vitulazio, prof. Salvatore Campitiello, presidente assostampa Campania valle del Sarno. Alla sx. Mons. Francesco Maria Perrotta, prof. Raffaele Raimondo e Paolo Pozzuoli. 

Ho esordito sottolineando che è sempre bello ed emozionante ritornare in Sant’Andrea Apostolo. Mi piace, infatti, ricordare che qui, mercoledì 21 gennaio dell’anno 1998, presentato dal carissimo amico Antonio Morgillo cui resto sempre particolarmente grato, incontrai per la prima volta l’Arciprete Francesco Maria Perrotta, don Ciccio, che mi accolse a braccia aperte, calorosamente, come un fratello minore ritrovato.

Vi ritornai altre 3 volte per partecipare ad altrettante celebrazioni eucaristiche, tutte presiedute da don Ciccio: l’8 marzo 1998, domenica, in suffragio dell’anima benedetta di Monsignor Paolo Pozzuoli nella ricorrenza del 199° anniversario della sua ascesa al cielo; domenica 16 giugno 2002 per il 262° anniversario della nascita del Monsignore e 25° del mio matrimonio; sabato 31 maggio 2003 nella speciale ricorrenza del 50° anniversario di sacerdozio di don Ciccio.

Che le emozioni non finiscono mai l’ho sperimentato riflettendo sull’ipotetica esistenza di un filo rosso che lega don Ciccio e il sottoscritto a Monsignor Pozzuoli e il sottoscritto medesimo a don Ciccio.

Don Ciccio, da Arciprete della Cattedrale Sant’Andrea Apostolo, oltre ad essere stato il custode saggio, devoto e illuminato della tomba del Monsignore, ne ha curato anche l’agiografia.

Personalmente, venuto alla luce 202 anni dopo Monsignor Pozzuoli, ne sono legato dal cognome, dai nomi di battesimo (Paolo Antonio) e da una data, 16 giugno, molto significativa perché sancisce sia il giorno e il mese della nascita del Monsignore sia quelli del mio matrimonio.

Al carissimo don Ciccio mi lega la data di nascita: 30 novembre.

Il libro “S. Ecc. Monsignor Paolo Pozzuoli”, ideato e realizzato da don Ciccio, a prescindere dalle intrinseche, notevoli valenze, ha, a mio modesto parere, almeno due pregi, incommensurabili e profondamente rappresentativi: un fiore per ricordare la memoria di Monsignor Paolo Pozzuoli e un dono per i Vitulatini e gli Arienzani.

Infatti, per Monsignor Paolo Pozzuoli, Vitulazio ed Arienzo sono, come dire, l’Alfa e l’Omega della sua vita terrena.

Vitulazio gli ha dato i natali e Arienzo ne ha raccolto e ancora oggi ne conserva le spoglie mortali.

Della ‘grandezza’ di Monsignor Paolo Pozzuoli, l’unica e sola traccia trovata nelle dimore dei discendenti è la foglia dell’albero genealogico di famiglia dov’è ‘ristretto’.

Mai nessuno che si sia preoccupato di recuperarne, ricordarne e trasmetterne la memoria.

Stessa sorte, tapina, è toccata non solo ai tre fratelli del Monsignore, valenti sacerdoti, chiamati ad approfondire e sviluppare una liturgia sempre più intensa ed essenziale, ma anche agli altri ecclesiastici, uomini e donne, della famiglia.

Uniche eccezioni, tracce concrete – siamo però negli anni 1829, 1844 e 1935 – sono rappresentate dai testamenti pubblici di Maria Giovanna Pozzuoli, del Primicerio don Luigi Pozzuoli, e di don Francesco Maria Pozzuoli, per tutti zio canonico, fratello di nonno Paolo, raccolti rispettivamente dal Notar Giuseppe Cecaro fu Pasquale, Notar Cecaro Giuseppe e dal Regio Notaro Francesco del Prete, fu Antonio.

La foglia che attirò il mio sguardo – andando indietro nel tempo, ricordo che era il 22 dicembre dell’anno 1994 – mi spinse ad incontrare il Vescovo Paolo Pozzuoli.

Un dottore commercialista con studio in Sant’Agata de’ Goti, recuperata una fotocopia della paginetta contrassegnata dal n.53 di un testo riportante la Cronotassi dei Vescovi, me la consegnò raccomandandomi vivamente di non farne cenno con alcuno, trattandosi di un foglio riservato.

Da siffatta ‘esperienza’, è iniziato un tour oneroso e bellissimo, avvincente e fruttifero al tempo stesso: da Sant’Agata de’ Goti (Pro Loco) a Casapulla (Municipio), da Capua (Archivio Diocesano e Museo Campano) a Roma (Padri Redentoristi).

La svolta quando lessi la pagina ‘girocittà caserta’ de IL MATTINO di giovedì 11 dicembre 1997.

Detto quotidiano, nel riportare la notizia dei “festeggiamenti nella ricorrenza del Bicentenario della traslazione del corpo di S. Clemente Martire, promossi dall’Arciprete Francesco Perrotta”, evidenziava che “il 12 dicembre 1797, alle ore 21:00, la cassa dove stava il corpo unitamente col sangue del glorioso Martire, tutta suggellata … fu aperta dal sacro prelato monsignor Paolo Pozzuoli, vescovo di S. Agata de’ Goti, avanti a testimoni tutti probi …”. 

Bisognava dunque contattare l’Arciprete don Ciccio Perrotta.

Dopo l’indimenticabile primo incontro, accennato in premessa, seguirono le visite a don Ciccio, inesauribile e preziosa fonte di cultura, di vita, ed ogni sorta di insegnamenti, visite che più si intensificavano più ne manifestavano il fascino particolarissimo.

La sobrietà, l’indole, l’etica, l’educazione, l’onestà morale e intellettuale sono ancora una caratteristica inimitabile del suo stile.

A volte lo raggiungevo a casa della sig.ra Francesca Ferrara di cui mi è vivo e dolce il ricordo, altre laddove era impegnato da conferenziere oppure da relatore nella presentazione di libri.

Memorabile, in proposito – ma anche tutte le altre che si sono succedute, pur rimanendo nello scrigno dei ricordi, recano il sigillo dell’indimenticabile e, all’occorrenza, affiorano vive e pronte – la mia prima partecipazione alla presentazione di un libro di don Ciccio. Il titolo Memorie delle monache lateranensi o rocchettine – Manoscritto inedito di Giovanni Andrea Buffolino 1672.

Un manoscritto, trovato per caso dopo indicibili peripezie, che annette alla storia locale quella di Roma, di Napoli, dell’umanità, le cui parole non erano di facile interpretazione, tanto che don Ciccio, alla fine, con il suo splendido candore, confessò che, erano ‘rimaste cinque parole da interpretare; ben venga, quindi, chi possa riuscirci’.

Fin da subito don Ciccio mi confidò che aveva sempre desiderato scrivere un libro per rinnovare la memoria di Monsignor Pozzuoli, un “sant’uomo”, una vera “eccellenza”, come intende e riporta nei suoi libri “Deo Gratia et Mariae” e “TOZZOLE”.

Intanto, mentre il tempo sembrava scorrere veloce, all’improvviso, il buon don Ciccio, un vulcano di cultura in continua eruzione che ama trasferire in carta stampata, in libri assolutamente unici, straordinari, tutto quanto è oggetto delle sue notevoli e consistenti ricerche, dei pensieri e ricordi della sua vita, con saggia intuizione, valutazione e lungimiranza, ritenne maturati i tempi per realizzare il libro.

Nella recondita ma non improbabile convinzione che aveva già pronta la bozza di Monsignor Pozzuoli, ‘suggerì’ di partire dalla storia di Vitulazio, iniziando cioè dal Catasto Onciario, l’archetipo dell’attuale censimento, il primo dell’epoca, primo esemplare e primo modello – risale all’anno anno 1737-, con le tante e più dettagliate e disparate notizie contenute: dai residenti ai nuclei familiari, dalle attività esercitate da ciascuno agli animali allevati e posseduti sia da cortile che per lavoro, dai beni immobili ai terreni di proprietà o condotti in fitto, finalizzato cioè all’applicazione e riscossione delle tasse che venivano calcolate in ‘oncia’, la moneta allora corrente.

Tutto frutto, in definitiva, di ricerche minuziosamente accurate, rigorose e documentate. Emergono la storia e l’origine del toponimo di Vitulazio, quelle delle località Agnena, e Tutuno con la Villa Tutuno al Monticello, la Chiesa parrocchiale, le Cappelle dell’Agnena e dei Luciani, il culto della Santa Patrona, Maria SS. dell’Agnena, e i miracoli per Sua intercessione. Indi i personaggi, i mestieri, dei quali alcuni noti, altri meno ed altri ancora mai sentiti: il tutto corredato di tante note inedite e pregiate, che costituiscono la bellezza del libro.

Premesso che non era stato fissato un termine per la realizzazione di questo libro, l’inserimento delle ‘novità’ suggerite da don Ciccio richiesero ulteriore tempo ed impegno. Mi ha sicuramente e sinceramente confortato l’aver letto nei giorni scorsi che, per scrivere un libro, non bisogna avere fretta.

A prescindere, una mattina dello scorso mese di settembre, don Ciccio mi telefonò dicendo: “Paolo, adesso basta; chiudiamo tutto perché bisogna assolutamente stampare il libro”.

Che fatica, che stress! Quanto tempo è trascorso!

Nuovo e maggiore conforto l’aver letto che l’avvenuta certificazione e attestazione della bellezza del libro è dovuta all’opera della creativa e prolifica penna dell’illustre prof. Raffaele Raimondo, che, bontà sua, al di là di ogni mio eventuale merito, mi onora della sua smisurata amicizia.

Un gigante, un fuoriclasse dell’istituzione scolastica condotta sempre ai vertici, iniziata da discente, proseguita da docente e completata da dirigente, un’eccellenza dunque della cultura e del giornalismo che ‘vezzosamente’ dice di praticare da free-lance, libero cioè contrattualmente da vincoli redazionali, felice di stare per primo fisicamente sul posto, sulla notizia, poterla viverla e testimoniarla in diretta, gestirla operando in assoluta autonomia e riferirla con quel rigore morale e intellettuale che lo caratterizza.

Raffaele Raimondo, da critico acuto, nell’evidenziare che il libro è “un’opera poderosa, veramente preziosa in cui si rinvengono la valorizzazione a tutto campo della memoria storica, l’impegno a far luce e a prendere posizione su una serie di situazioni e fatti controversi, l’utile pubblicazione di alcuni manoscritti e documenti inediti”, ha sottolineato di aver notato “un filo cronologico frastagliato o una grafica non sempre agevole per i lettori”.

Mi è gradita l’occasione per ricordare che Raffaele Raimondo, profondo studioso di tutto quanto abbraccia lo scibile umano, è dotato di una incredibile versatilità che lo proietta sui più ambiti palcoscenici che ospitano incontri culturali di rilievo; ancora, da instancabile divulgatore qual è, viene unanimemente stimato e straordinariamente apprezzato per la vis oratoria e la contagiosa forza argomentatrice. Unisce, come dire, alla vasta e mirabile cultura le arti che hanno reso famose le nove muse.

Ultimamente abbiamo registrato un suo ennesimo successo, coronato da lunghi applausi, all’Istituto Salesiano di Caserta dove, per gli iscritti all’UNITRE, ha trattato temi di alto livello e assoluta rilevanza etica, sociale, istituzionale di cui ci piace riportare i titoli “L’uomo/la donna: fisicità, mentalità, affettività”; “Il cittadino/la cittadina: diritti, doveri, rapporti con le istituzioni”; “Pensionato/pensionata: aspetti e problemi finanziari e relazionali”.

È impegnatissimo nel sociale e in politica dove è rimasto l’unico puro, fedele ai sani principi etici, morali e religiosi ereditati dai suoi cari, che ha interiorizzato e fatti propri legandoli agli altri, intrisi di una insuperabile onestà morale e intellettuale.

E questo libro è – mi sia consentito senza presunzione alcuna ma con un pizzico di orgoglio – il libro che mancava. Il libro che non c’era e adesso c’è.

Rinnovo a don Ciccio i sensi della mia straordinaria riconoscenza ed immensa gratitudine per questo mirabile dono che rimarrà negli annali della Storia della Diocesi di Sant’Agata de’ Goti e delle Comunità di Arienzo e Vitulazio.

Un vivo e doveroso ringraziamento a Padre Emilio Lage, Padre Redentorista in Roma, per il notevole, incommensurabile contributo nella ricerca del materiale ritenuto necessario e indispensabile per l’economia redazionale del libro, e per l’affetto filiale che continua a riservarmi.

Sentitamente e sinceramente ringrazio don Gianfranco Boccia, direttore dell’Archivio diocesano di Capua, e la prof.ssa Rosalba De Riso, di considerevole preparazione e competenza, di pregiata professionalità, che non mi hanno mai lesinato pareri e documenti.

Ringrazio ancora il sig. Gennaro D’Amato, funzionario della Biblioteca presso il Museo Campano, per ogni suo collaborativo intervento.

Non posso dimenticare il prof. Claudio Lubrano, presidente della Pro Logo di Sant’Agata de’ Goti, sempre pronto a fornirmi la sua fattiva collaborazione che ringrazio calorosamente.      

Paolo Pozzuoli

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