Fermiamo lo scempio delle cave

Sul mensile Informare ho letto un bell’articolo a firma di  Renato Perillo del WWF in merito al progetto sull’Erbario digitale dei Tifatini. Sul loro sito ho visto un mondo ricco di piante e di fiori che rischiano di scomparire. Così ho deciso di ritornare sul tema delle cave, riprendendo una nota del WWW: “Ogni specie porta il ricordo dell’evoluzione che l’ha prodotta. La loro estinzione per cause non naturali è una perdita permanente di una possibile fonte di risorse per l’ambiente  e per l’uomo. E’ come bruciare una biblioteca senza neppure averne sfogliato un volume”. Ben detto!

Anche per questo dobbiamo fermare la maledizione delle cave che continuano a devastare le nostre colline con un pauroso dissesto idrogeologico nella conurbazione casertana: intere colline sono state divorate e sfregiate dai cosiddetti “cavaioli”, che nonostante i divieti di legge continuano imperterriti la loro opera predatoria. In questo modo ci viene sottratto un patrimonio identitario, con la distruzione del paesaggio che dovrebbe essere tutelato come un bene primario (come sostiene l’Art. 9 della Costituzione).

Ma ancora peggio appare il silenzio assordante, il disinteresse dell’opinione pubblica di fronte a tale devastazione. A partire dai cittadini che dovrebbero essere più vigili ed attivi, quanto meno nel denunciare questo scempio. Mi riferisco in primo luogo a quelle associazioni ambientaliste, del terzo settore che negli anni scorsi si erano fatte sentire, mentre ora rimangono silenti. Per essere esplicito fino in fondo mi riferisco a Legambiente, di Italia Nostra e del WWF, della Lipu e di Libera Presidio di Caserta, dei vari comitati cittadini di giovani come Caserta Cittàviva.

Per non parlare della stampa, a partire dal principale quotidiano locale (su cui la parola “cava” non si può utilizzare) fino ai vari social e giornali on line. Tutti ciechi e muti di fronte a questo fenomeno. Sembra scattata una sorta di autocensura collettiva nei confronti dei cavaioli e dei potentati che li proteggano (a partire dai proprietari dei cementifici Cementir e Moccia di S. Clemente fino a Casagiove)

Per chi lo avesse dimenticato, possiamo ricordare che le colline tifatine spinsero L. Vanvitelli a costruire la Reggia Vanvitelliana nel sito attuale in quanto i Tifatini facevano da  cornice naturale, da sfondo al palazzo reale con annesso giardino, fontane e cascate.                                                                      In questi giorni di emergenza sanitaria e climatica lo sfregio delle cave appare ancora più vistoso, enorme, inquietante. Purtroppo ora quelle colline non ci proteggono più come una volta, con un dissesto idrogeologico senza pari. Non basta la chiusura delle attività dei due cementifici (dei veri “mostri industriali” nel pieno della conurbazione casertana), bisogna impedire che in vari punti si continui a scavare ed estrarre calcare (come si può vedere a occhio nudo), bisogna fermare del tutto queste attività, che da decenni ci divorano la vita e la salute.                                                                      Per queste ragioni dobbiamo chiedere con forza alle istituzioni locali ed anche alle più alte autorità dello Stato e della Regione di bloccare questa folle corsa verso la distruzione dell‘eco-sistema in una delle aree a più alta densità urbana e produttiva.

Tra l’altro, come hanno messo bene in evidenza alcune indagini negli anni scorsi, è proprio dalle attività estrattive e dalla lavorazione del calcestruzzo che prende corpo uno dei filoni più redditizi dell’economia criminale e camorrista, quello del cosiddetto “movimento terra”. Al riguardo, come è avvenuto in tante altre realtà, si possono progettare interventi per riutilizzare le cave destinandole ad altre attività di tipo sociale e produttivo, in primo luogo per ripristinare i siti naturali, con opere di “ripascimento”. In merito l’università (a partire dal Polo Scientifico) può dare un contributo decisivo per rilanciare un dibattito ed un confronto su nuove idee di crescita sostenibile per il nostro territorio. Tra l’altro le cave incidono negativamente anche sui lavori del nuovo Policlinico, da tempo bloccato per il quale si auspica una ripresa del cantiere.

A Caserta, come sta avvenendo per alcuni beni comuni, su queste tematiche è necessario riprendere un movimento di lotta, non tanto di denuncia, quanto di proposte e progetti con la mobilitazione delle principali associazioni giovanili ed ambientaliste, in collaborazione con le scuole e l’università, ma anche con le forze sociali e del mondo del lavoro (a partire dai sindacati).                                                           

Pasquale Iorio                                                                                  Caserta, 15 gennaio 2021

Le Piazze del Sapere

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