La mozzarella in Russia

Estratto dal volume a cura di P. Iorio “Una vita per i diritti, la cultura e lo sviluppo locale”, Rubbettino editore 2019

Mio suocero Antonio Luise era un imprenditore capace di trasformare in oro tutto quello che toccava, come una sorta di re Mida. Basti pensare alla costruzione di una azienda casearia di eccellenza, il Caseificio Luise, uno dei più antichi, sulla Domiziana, che ancora oggi è rinomato nel campo della mozzarella di bufala DOP (gestito con cura dal figlio Mario, laureato in architettura).  A proposito della mozzarella, un prodotto unico, vera eccellenza del territorio casertano, mi sovviene una simpatica vicenda inerente al viaggio che intrapresi a metà degli anni ’70 – da poco sposato. Luca Pavolini, direttore de «l’Unità», ci convocò a Roma per preparare la visita-studio che allora si organizzava con i giovani comunisti e ci diede istruzioni sul viaggio, sollecitando ognuno di noi a portare qualche omaggio agli ospiti sovietici, per ricambiare la loro accoglienza di partito-fratello. Su suggerimento di alcuni compagni esperti decisi di portare due confezioni di mozzarelle, fresche di lavorazione del caseificio di mio suocero, uno dei più rinomati per la qualità dei prodotti caseari. Si poteva ben dire ai russi che stavano per ricevere una delle migliori mozzarelle del mondo.                                                                                                                                               Come al solito, al nostro arrivo nel più grande hotel della Piazza Rossa, venne organizzata una cena con una delegazione del partito e del comitato centrale del PCUS. Mi ricordo che, allora, noi delle delegazioni comuniste europee passavamo la dogana senza alcun controllo. Per questo i colleghi delle altre province mi “sfottevano”, chiedendomi se mi fossi comportato come il “solito napoletano” che si recava nella capitale dell’impero sovietico portandosi oggetti vari (in particolare sigarette e blu-jeans) per conquistare le ragazze nella metro o nella Piazza Rossa, che ci inseguivano fin dentro l’albergo. Io risposi che di solito non fumavo né indossavo jeans.                         Mentre eravamo intenti a degustare un aperitivo a base di vodka e caviale, notammo che dal tavolo opposto i russi facevano segni nella nostra direzione. Il direttore Pavolini mi chiamò e mi chiese di raggiungerli. Gli altri cominciarono a sorridere pensando che avessi fatto qualche trasgressione al protocollo. Anche io cominciai a preoccuparmi e mi chiesi cosa fosse andato storto.                                                                                                                                                Siccome sul tavolo della presidenza campeggiava un ampio vassoio, contenente gli oltre 10 kg di mozzarella fresca, mi venne il dubbio che si fosse avariata per il lungo viaggio. Perciò chiesi a Luca se c’erano problemi con la mozzarella, se per caso era andata a male. E lui mi rispose che il problema era ben altro in quanto il segretario cittadino e il presidente del comitato centrale del PCUS, insieme con gli altri ospiti sovietici, erano rimasti sbalorditi dopo aver assaggiato l’oro bianco – così lo definirono. La loro sorpresa nasceva dal fatto che non avevano mai provato quel prodotto caseario, pur avendo nelle zone asiatiche della immensa URSS sterminati allevamenti, da cui ricavavano meravigliosi formaggi freschi e yogurt. Per queste ragioni l’interprete mi chiese se potevo fornire la formula chimica per produrre la mozzarella anche con il loro latte. Gli risposi che per me sarebbe stato molto complicato spiegare loro il procedimento di lavorazione e cagliatura da cui si ricavava il prodotto e i suoi derivati, come la ricotta di bufala, i bocconcini, le trecce, i caciocavalli e il burro. Per cui proposi loro di organizzare una visita al caseificio di mio suocero dove il curatino – la figura strategica del processo produttivo e di trasformazione, depositario di competenze antiche – avrebbe potuto spiegare tutte le fasi di lavorazione, e anche di coltivazione delle terre e allevamento delle bufale nell’azienda dei Mazzoni.                                                         Per la verità questa storia mi è stata utile in seguito anche in molte occasioni per spiegare con un esempio pratico come si possono formare e trasmettere i saperi contestuali e le competenze nelle varie professioni.

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *