Letteratitudini ricorda Napoleone Bonaparte.

SALVE AMICI DI LETTERATITUDINI, QUESTA SERA DESIDERO AFFRONTARE UN ARGOMENTO STORICO, ESATTAMENTE VOGLIO PARLARE DELLA FIGURA DI NAPOLEONE BONAPARTE , IL GENERALE (QUASI) INVINCIBILE!           

E’ UN PEZZO di STORIA BEN NOTA A TUTTI, MA CHE VALE SEMPRE LA PENA DI RICORDARE!

Il 5 maggio 1821 moriva nel disgraziato esilio dell’isola di Sant’Elena uno dei generali e leader politici più importanti della Storia. Ecco chi fu il grande Napoleone Bonaparte.

Tenne in pugno l’Europa, ispirando intellettuali e poeti, infiammò l’animo di metà continente, ma venne odiato dall’altra metà; fu soldato, generale, politicante e, infine, imperatore

Chi era dunque Napoleone Bonaparte ?

DALL’ITALIANO AL FRANCESE: I PRIMI PASSI DI UN SOLDATO

Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio sull’isola della Corsica il 15 agosto 1769. La Corsica era appena stata inglobata nel patrimonio del re di Francia, ma fino all’anno prima l’isola era sotto il controllo di Genova; Napoleone quindi nacque in una famiglia dove la lingua corrente era quella italiana!

Cresciuto sotto la bandiera francese però, Napoleone intraprese una carriera militare che lo portò lontano dai lidi italiani, verso Parigi , dove il giovane sottufficiale dell’esercito mirava a soddisfare la sua grande ambizione.

Allo scoppio della Rivoluzione Francese (1789) che pose fine all’antico regime monarchico, Napoleone prese parte all’esercito della neonata Repubblica francese, mostrando un precoce talento militare durante l’assedio di Tolone , dove nonostante le condizioni avverse riuscì a cacciare monarchici e inglesi che volevano la caduta dell’ideale rivoluzionario. Questa impresa gli valse i galloni di “generale di brigata “.

I PRIMI SUCCESSI MILITARI: LE CAMPAGNE IN ITALIA ED EGITTO

 Dopo la fine del feroce governo di Robespierre (1794), il giovane generale cadde in disgrazia per le sue simpatie politiche, ma si riprese la scena quando l’amico Paul Barras gli affidò nel 1795 l’incarico di reprimere dei rivoltosi che volevano il ritorno del re.

Nel 1796, a soli 27 anni fu mandato sul fronte italiano  per arginare le armate austriache che minacciavano i confini francesi per mettere fine alla Repubblica; era l’occasione tanto sperata: con uno sparuto esercito di 38.000 uomini Napoleone intraprese una sbalorditiva e impensabile avventura di conquista , mettendo rapidamente in fuga gli eserciti austro-piemontesi e impadronendosi in pochi anni di tutta l’Italia settentrionale e centrale.
In quei giorni molti patrioti italiani vedevano in Napoleone il tanto atteso liberatore, ma ben presto le loro aspettative di vedere un’Italia libera dall’oppressione straniera fu delusa.

Dopo numerosi saccheggi di beni e opere d’arte, Napoleone se ne tornò in Francia da conquistatore.

L’anno dopo il suo ritorno in Francia, nel luglio 1798 Napoleone era pronto per una nuova sfida e, desideroso di imitare le imprese in Oriente di Alessandro Magno, si fece assegnare dal governo repubblicano una spedizione in Egitto per scacciare gli acerrimi nemici inglesi.

Sbarcato in Africa sconfisse velocemente i Mamelucchi  (le milizie turche che governavano l’Egitto)  nella  Battaglia delle Piramidi, ma i suoi successi vennero resi vani dall’ammiraglio inglese  Horatio Nelson , il quale distrusse la flotta francese e bloccò Napoleone sulla terraferma.

Tagliato fuori, Napoleone allora risalì in Siria, ma le sue sortite vennero disturbate dalla traballante situazione in Patria. Coperto dagli onori e dalla fama, Napoleone allora decise di tornare a casa per prendersi definitivamente tutto il potere.

LA PRESA DEL POTERE

In seguito al suo ritorno da trionfatore, Napoleone venne acclamato dal popolo per divenire uno dei Tre Consoli che avrebbero retto il potere in Francia. La figura di Napoleone era però troppo ingombrante, e nel giro di poco, nonostante il mantenimento delle istituzioni repubblicane, si instaurò una dittatura con a capo il generale francese.

Per rinsaldare la forza dello Stato, Napoleone attuò una serie di riforme  che miravano ad  accentrare quanto più potere possibile nelle mani del governo centrale, cioè lui stesso!

Se da un lato si definiva una società borghese basata su principi illuministici e merito dunque, dall’altra si vietò la libertà di stampa e ogni forma di opposizione al nuovo governo.

 Se da un lato si definiva una società borghese basata su principi illuministici e merito dunque, dall’altra si vietò la libertà di stampa e ogni forma di opposizione al nuovo governo.

L’IMPERO E LA CONQUISTA  D’EUROPA

Nel 1804, al culmine del suo potere, Napoleone si auto-incoronò Imperatore di Francia: emblematico dello straripante potere napoleonico fu il fatto che il Papa, il quale di norma poneva sul capo la corona del sovrano per simboleggiare il benestare divino alla cerimonia, fu relegato a semplice spettatore!

Napoleone stesso si mise la corona in testa, pronunciando la famosa frase: ” Dio me l’ha data e guai a chi me la toglie! “

Insignito di un potere pressoché assoluto, Napoleone si rivolse allora contro i nemici esteri, iniziando una cavalcata inarrestabile: Austria, Regno di Napoli, Prussia e stati tedeschi furono ripetutamente surclassati dal genio militare dello stratega francese e dopo ogni vittoria, Napoleone poneva al comando della zona o un suo stretto parente o un suo uomo di fiducia.

Le battaglie come quelle di Marengo, Austerlitz e Ulma divennero celebri per la maestria con cui l’Imperatore condusse le sue truppe a dominare gran parte dell’Europa. Unico nemico rimasto in piedi fu l’Inghilterra, potenza marittima che, sempre con l’ammiraglio Nelson, aveva spazzato via le navi francesi a Trafalgar nel 1805  (dove lo stesso Nelson però morì).

IL DECLINO

Inebriato dalle sue vittorie, Napoleone appariva invincibile. La sua inestinguibile sete di conquista lo spinse allora contro l’immenso Impero Russo (che pure gli era stato alleato).

Non potendo competere con i francesi sul piano militare, i russi del generale Kutuzov attuarono la strategia della “terra bruciata“, distruggendo campi e città per attirare Napoleone nel cuore dello sterminato territorio russo.

Kutuzov infatti contava che una volta arrivato il gelido inverno i soldati francesi si sarebbero trovati in mezzo al nulla, senza rifornimenti o indumenti adeguati a quelle bassissime temperature. Così accadde e Napoleone fu costretto ad una disperata ritirata che costò la vita a quasi tutto il suo esercito.

I nemici del generale (stranieri e francesi) approfittarono immediatamente del momento di debolezza dell’Imperatore sconfitto e innescate una serie di rivolte, Napoleone venne sconfitto a Lipsia dalle potenze straniere che riportarono sul trono francese un monarca e confinarono Napoleone sull’isola d’Elba (Toscana).

LA CADUTA DEFINITIVA E L’INIZIO DEL MITO

Stanco, deluso e quasi impotente, Napoleone riuscì comunque a fuggire dall’Elba e in una rapida riscossa (detta “i Cento giorni di Napoleone”) sembrò ad un certo punto, in grado di riprendersi il potere.

La definitiva sconfitta di Waterloo (18 giugno 1815) però chiuse per sempre la partita e l’ormai ex-imperatore venne esiliato sull’isoletta atlantica di Sant’Elena, dove morì nel 1821.

Le imprese di Napoleone, l’eroe che nonostante le umili origini era arrivato in cima all’Europa, hanno avuto molta risonanza tra artisti ed intellettuali: Alessandro Manzoni quando apprese la notizia della sua morte scrisse il Cinque Maggio (giorno della dipartita del generale), una poesia di celebrazione della grandezza di un uomo, con pregi e difetti, che prese per mano la Storia e la cambiò per sempre.

5 Maggio, il testo della poesia di Manzoni dedicata a Napoleone

 Alessandro Manzoni ha dedicato la poesia  5 Maggio a Npoleone Bonaparte  per omaggiare  la sua figura, morto proprio in questo giorno nel 1821. Lo scrittore italiano che aveva incontrato il generalissimo all’età di quindici anni, al teatro alla Scala ne era rimasto molto colpito.

In effetti  il “Manzoni rimase colpito dal suo sguardo penetrante (evocato al v. 75 con l’espressione «i rai fulminei») e dal magnetismo emanato dalla sua persona, in cui riconosceva l’artefice del trapasso da un’epoca storica a un’altra; ciò malgrado, egli non manifestò né plauso né critica nei confronti di questa figura di condottiero, a differenza di altri poeti suoi contemporanei (quali Ugo Foscolo e Vincenzo Monti). Dopo aver appreso l’inaspettata e tragica notizia, il poeta, colto da improvviso turbamento, si immerse in una profonda meditazione di carattere storico ed etico, conclusasi quando – sempre leggendo la Gazzetta di Milano – seppe della conversione di Napoleone, avvenuta prima del suo trapasso. Egli fu profondamente commosso dalla morte cristiana dell’imperatore e, preso quasi da un impeto napoleonico, compose di getto il primo abbozzo di quello che sarà Il cinque maggio, in soli tre giorni (la gestazione dell’opera, iniziata il 18 luglio, fu conclusa il 20), con una rapidità decisamente estranea al suo temperamento riflessivo”.

IL TESTO COMPLETO DEL “5 MAGGIO” DI MANZONI

Ei fu. Siccome immobile,
       dato il mortal sospiro,
       stette la spoglia immemore
       orba di tanto spiro,
5        così percossa, attonita
       la terra al nunzio sta,
       muta pensando all’ultima
       ora dell’uom fatale;
       né sa quando una simile
10        orma di piè mortale
       la sua cruenta polvere
       a calpestar verrà.
       Lui folgorante in solio
       vide il mio genio e tacque;
15        quando, con vece assidua,
       cadde, risorse e giacque,
       di mille voci al sonito
       mista la sua non ha:
       vergin di servo encomio
20        e di codardo oltraggio,
       sorge or commosso al subito
       sparir di tanto raggio;
       e scioglie all’urna un cantico
       che forse non morrà.
25        Dall’Alpi alle Piramidi,
       dal Manzanarre al Reno,
       di quel securo il fulmine
       tenea dietro al baleno;
       scoppiò da Scilla al Tanai,
30        dall’uno all’altro mar.
       Fu vera gloria? Ai posteri
       l’ardua sentenza: nui
       chiniam la fronte al Massimo
       Fattor, che volle in lui
35        del creator suo spirito
       più vasta orma stampar.
       La procellosa e trepida
       gioia d’un gran disegno,
       l’ansia d’un cor che indocile
40        serve pensando al regno;
       e il giunge, e tiene un premio
       ch’era follia sperar;
       tutto ei provò: la gloria
       maggior dopo il periglio,
45        la fuga e la vittoria,
       la reggia e il tristo esiglio;
       due volte nella polvere,
       due volte sull’altar.
       Ei si nomò: due secoli,
50        l’un contro l’altro armato,
       sommessi a lui si volsero,
       come aspettando il fato;
       ei fe’ silenzio, ed arbitro
       s’assise in mezzo a lor.
55        E sparve, e i dì nell’ozio
       chiuse in sì breve sponda,
       segno d’immensa invidia
       e di pietà profonda,
       d’inestinguibil odio
60        e d’indomato amor.
       Come sul capo al naufrago
       l’onda s’avvolve e pesa,
       l’onda su cui del misero,
       alta pur dianzi e tesa,
65        scorrea la vista a scernere
       prode remote invan;
       tal su quell’alma il cumulo
       delle memorie scese!
       Oh quante volte ai posteri
70        narrar sé stesso imprese,
       e sull’eterne pagine
       cadde la stanca man!
       Oh quante volte, al tacito
       morir d’un giorno inerte,
75        chinati i rai fulminei,
       le braccia al sen conserte,
       stette, e dei dì che furono
       l’assalse il sovvenir!
       E ripensò le mobili
80        tende, e i percossi valli,
       e il lampo de’ manipoli,
       e l’onda dei cavalli,
       e il concitato imperio,
       e il celere ubbidir.
85        Ahi! Forse a tanto strazio
       cadde lo spirto anelo,
       e disperò; ma valida
       venne una man dal cielo
       e in più spirabil aere
90        pietosa il trasportò;
       e l’avviò, pei floridi
       sentier della speranza,
       ai campi eterni, al premio
       che i desideri avanza,
95        dov’è silenzio e tenebre
       la gloria che passò.
       Bella Immortal! benefica
       Fede ai trionfi avvezza!
       scrivi ancor questo, allegrati;
100        ché più superba altezza
       al disonor del Golgota
       giammai non si chinò.
       Tu dalle stanche ceneri
       sperdi ogni ria parola:
105        il Dio che atterra e suscita,
       che affanna e che consola,
       sulla deserta coltrice
       accanto a lui posò.

A cura di Matilde Maisto

Ecco qui di seguito il video su FB

https://www.facebook.com/matilde.maisto/videos/10221823148121328

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