Vangelo di domenica 17 Luglio 2016

Lc 10,38-42
Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

 

 

Domenica 17 Luglio 2016

17 luglio. XVI Domenica del Tempo ordinario (Anno C)

Dio: il più famoso Sconosciuto! (Lc 10,38)

A cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano  השרשים  הקדושים   francescogaleone@libero.it/sayeretduvdevan@yahoo.it

 

Questo brano del Vangelo di Luca va interpretato bene. Sovente incontriamo donne come Marta continuamente agitate e nervose, e altre donne, come Maria, che lasciano (o vorrebbero) la famiglia e il lavoro per stare in chiesa. Cerchiamo di approfondire  meglio:

  1. Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un certo villaggio. Notare il contrasto: mentre essi erano in cammino, Gesù e i suoi discepoli, solo lui entra in un villaggio. Perché i discepoli vengono lasciati fuori? Perché i discepoli non riescono a comprendere la novità che Gesù vuole portare proprio nel villaggio. Quando nei Vangeli abbiamo il termine villaggio (κωμη) è sempre in senso negativo; il villaggio è il luogo della tradizione, del passato, dove le novità vengono viste con sospetto. Quindi ogni volta che troviamo il villaggio è sempre un ambiente negativo di ostilità o incomprensione verso il messaggio di Gesù.
  2. Una donna di nome Marta… Marta in aramaico ha un significato che è tutto un programma: signora/padrona della casalo ospitò: quindi la casa è la sua. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale era seduta ai piedi del Signore: questo fatto di stare seduta ai piedi del Signore non va interpretato all’occidentale, come segno di contemplazione, di adorazione. Nulla di tutto questo; nella casa mediorientale, nella casa palestinese non esistono le sedie, si sta seduti per terra, allora essere seduti ai piedi di qualcuno significa ascoltarlo, accoglierlo. Anche Paolo dice che è stato istruito ai piedi di Gamaliele; anche nel Talmud si legge: Sia la tua casa un luogo di convegno per i dotti; impolverati della polvere dei loro piedi e bevi con sete le loro parole.
  3. Marta invece era distolta per i molti servizi… nella tradizione ebraica la donna era confinata in cucina, è l’uomo fa gli onori di casa. La donna no, è invisibile e fa i molti servizi. Maria è stata capace di trasgredire il tabù della religione e della morale e fa il ruolo proprio dell’uomo; questo Marta non lo sopporta e rimprovera Gesù per la libertà che si è presa la sorella.
  4. Mia sorella mi ha lasciato da sola a servire? Dille dunque che mi aiuti: notiamo come qui tutto per Marta è centrato su sé stessa. Dille dunque che mi aiuti: è imperativo, non una richiesta. Marta è una perfetta osservante delle regole, che però si permette di giudicare la condotta degli altri. Quindi incolpa Gesù dell’assenza della sorella. Ma Gesù a sua volta rimprovera Marta.
  5. Marta, Marta… quando c’è il raddoppio di un nome o di un termine, ha sempre un significato di rimprovero, come quando Gesù dice Gerusalemme, Gerusalemme e pianse su Gerusalemme. Marta sembra il ritratto del nostro animo, la nostra condizione quotidiana. Del resto, perché mai dobbiamo fermarci? E come potremmo ormai? Se lo facciamo, siamo subito gettati a seccare sulle sponde cosparse di relitti di quel fiume vorticoso che travolge le nostre esistenze. Chi si ferma, è perduto! E allora bellum omnium contra omnes! E l’anima? Ma se esiste davvero un’anima immortale, cosa dovrei farne, non ho tempo da perdere con una cosa che non si vede e non si tocca. Tutto sembra svuotarsi sotto il vento incessante dell’affanno; la bramosia è stata chiamata dinamismo, la nostra pace si fonda sul conto in banca, la nostra gloria si chiama ambizione, la conoscenza è diventata strumentale. Ricordiamo il dipinto del Giudizio universale? Tutto il dinamismo frenetico è riservato all’inferno. A grappoli, scompostamente come in preda a cieca voluttà, le anime si precipitano verso la loro pena ancora sotto l’effetto di quella frenesia che ha segnato la loro vita. Chi potrebbe fermare una sola di quelle anime? Fermarsi significherebbe la salvezza, il paradiso!
  6. Noi sbagliamo se pensiamo che Maria fosse pigra o passiva. Quando la chiama il Signore, Maria subito si alza; il lunedì di Pasqua, sulla tomba è lei la prima, e poi corre ad avvertire Pietro. Si può, si deve raggiungere questo difficile e necessario equilibrio tra azione e contemplazione: diventare contemplATTivi. Quando il Signore parla, quando ci parla, cosa dobbiamo fare se non ascoltare? Ascoltare non è facile, specie quando la Parola è viva, tagliente come una spada. Niente è più felice e doloroso di questa Parola. È precisamente questo che Marta non ha potuto sopportare. Marta non è una donna attiva ma esagitata, non è occupata ma preoccupata. Non è capace di ascoltare tranquilla, lasciando che la Parola la trasformi dentro. Trova quella Parola noiosa e sterile. Si sente condotta là dove non le piace andare. Lei non vuole diventare una donna nuova, e allora si alza con un pretesto, accende il fuoco, fa rumore, interrompe grossolanamente Gesù perché scuota la sorella. Cristo, sempre paziente, non la rimprovera, si limita a difendere la sorella: Marta è rimproverata non perché lavora ma perché non si lascia lavorare dalla Parola; non perché è attiva ma perché si agita e non lascia tranquilli. Cristo non loda l’ozio né la pigrizia, ma sa che il peggior nemico è l’agitazione. Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano!
  7. Maria ha scelto la parte migliore… Cerchiamo di cogliere, al di là dei luoghi comuni, il significato profondo di questa scena. Marta e Maria non sono il simbolo di due stati esterni di vita, ma di due atteggiamenti interiori. Non ci troviamo di fronte all’opposizione tra la vita attiva, considerata bassa e inferiore, per i comuni mortali, e la vita contemplativa, considerata nobile e superiore, per gli aristocratici dello spirito. Il Vangelo lo insegna a chiare lettere: Marta è tutta presa dai molti servizi: va sottolineato quel totale assorbimento, quell’agire assoluto, quella frenesia della cose, quel primato del fare insomma. La nostra vita non dev’essere tutta presa dalle cose e dal fare. Dobbiamo sempre tenere una finestra aperta e lasciar passare la luce di Dio. L’errore di Marta fu quello di accogliere Gesù come un ospite di riguardo, da accogliere bene secondo le leggi dell’ospitalità orientale. Non comprende che Gesù è ben più che un ospite di riguardo; è l’Altro, il mistero, il maestro che ha varcato la soglia della sua casa. La vera accoglienza è quella dell’ascolto; davanti a Gesù non è poi importante apparecchiare la tavola, ma ascoltare, sedendo ai suoi piedi.
  8. La contemplazione non trova posto nella nostra società. Perciò alcuni anni fa volli trascorrere un giorno di vita contemplativa, in un convento di clausura a Perugia. Per capire, per cambiare. Subito provai smarrimento, panico. Non siamo più abituati all’assenza di voci, ai grandi spazi silenziosi, alla solitudine con se stessi. Nella cella, avvolta dal silenzio, la vita, là fuori, è come guardarla dall’alto di un aereo. La prospettiva cambia, la geografia diventa interiore, la storia ti appare umile e fragile. Ti sembra di vedere le cose per la prima volta: ciò che davvero vale non è quanto hai lasciato alle spalle, nella furiosa lotta quotidiana, nella babele delle chiacchiere e dei desideri, ma è il piccolo segno di speranza e di gioia, di amore e di pace che dal convento ti orienta verso i valori assoluti. Cantano le monache del coro: La luce che tramonta ci ricorda che siamo poveri senza la tua luce. Signore, donaci uno sguardo nuovo, un cuore nuovo. Ti senti rinascere: di nuovo capace di stupore e di allegria. Prima di ripartire dalla mia breve clausura, leggo su un foglietto destinato agli ospiti: Sapiente è chi orienta l’esistenza verso Dio. Bella questa testimonianza finale, che forse stupirà qualcuno: Bisogna che gli uomini ritrovino il gusto della contemplazione. La contemplazione è la diga che fa risalire l’acqua nel bacino. Così scriveva A. Moravia nel 1964. A tutti buone vacanze e BUONA VITA!

 

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