Agenda teatrale dal 29 febbraio al 6 marzo 2016 in Campania, programmata dal Teatro Pubblico Campano

Teatro Massimo di Benevento
info 082442711
Martedì 1 marzo, ore 20.45

Teatro La Provvidenza di Vallo Della Lucania
info 0974717089
Mercoledì 2 marzo, ore 20.45

Teatro Umberto di Nola
info 0818231622
Giovedì 3 marzo, ore 20.45

Teatro Comunale di Lacedonia
info 3346632836 – 3337448095
Venerdì 4 marzo, ore 20.45

Teatro delle Arti di Salerno
info 089221807
Sabato 5, ore 21.00, e domenica 6 marzo, ore 18.30

Engage
presenta

Serena Autieri
in

La Sciantosa
Ho scelto un nome eccentrico
scritto da Vincenzo Incenzo

lighting design Valerio Tiberi
costumi Monica Celeste

in scena Alessandro Urso

con il Quintetto Eccentrico Italiano

Sull’ onda dello straordinario successo con cui è stata accolta da critica e pubblico nelle prime tappe italiane, Serena Autieri parte in tour con il suo One Woman Show “La Sciantosa – ho scelto un nome eccentrico”, spettacolo scritto da Vincenzo Incenzo e diretto da Gino Landi.
“Ho voluto rileggere in chiave nuova ed attuale il caffe chantant – racconta Serena – con un lavoro di ricerca e rivalutazione nel repertorio dei primi del ‘900, da brani più conosciuti e coinvolgenti, quali ‘A tazz’ e cafè e Come facette mammeta sino a perle nascoste come Serenata napulitana e Chiove, oggi ascoltabili solo con il grammofono a tromba.
Tra una rima recitata e una lacrima intendo riportare al pubblico quelle radici poetiche e melodiche ottocentesche e quei profumi arabi, saraceni e americani che Napoli ha ruminato e restituito al mondo nella sua inconfondibile cifra.
Ho voluto fortemente mantenere il clima provocatorio e sensuale di quei Caffè, e ricreare in teatro quel rapporto senza rete con il pubblico, improvvisando, battibeccando, fino a coinvolgerlo spudoratamente nella ‘mossa’, asso nella manica di tutte le sciantose”.
Nasce così ogni sera uno spettacolo nuovo e allo stesso tempo eterno. In fondo, dai tabarin ai talent show nulla è cambiato; la storia de “La Sciantosa” è una storia che non finirà mai.

Nota dell’autore
Incontrare la sciantosa e il suo “nome eccentrico” vuole dire aprire un baule magico con un immenso tesoro dentro. Vuole dire tuffarsi anima e corpo nell’oceano della tradizione classica e allo stesso tempo abbracciare le radici della modernità.
‘A tazz’ e cafè, Come facette mammeta, I’ te vurria vasà, prima di essere meravigliose canzoni sono testimoni e sentinelle di un mondo e di un’epoca da proteggere, di un tempo e di uno spazio in cui germogliano i princìpi tutti della cultura dello spettacolo che verrà.
Serena Autieri entra a schiaffo, con i panni di Pulcinella nei luoghi e nei codici del Caffè concerto e del varietà, ed è subito Napoli, arte di arrangiarsi, gioia e disperazione, mare romantico e vulcano incandescente. E’ guerra, colera, miseria ma è anche resurrezione, sorriso, amore.
Poi via la maschera e d’incanto Napoli è femmina. Una “mossa”, una rima recitata, una lacrima, ed eccole, quelle radici poetiche e melodiche ottocentesche e quei profumi arabi, saraceni, americani che ‘o paese d’’o sole, crocicchio di riferimenti locali e stimoli provenienti da ogni latitudine, ha ruminato e restituito al mondo nella sua inconfondibile cifra.
Il pretesto dello spettacolo è la prima grande protagonista di quel mondo, Elvira Donnarumma, “a capinera napoletana”, colei che sovvertì le regole dell’apparire; bassina,
tarchiata, ma con una voce che toccava le corde dell’anima.
Colei che raccolse i fiori sul palco di Eleonora Duse e Matilde Serao, che rifiutò per spirito patriottico il contratto in Germania, che sfidò la sua malattia ogni sera fino alla morte pur di non abbandonare il pubblico; lei che avvolta dalla bandiera italiana, in precario equilibrio e con gli occhi pieni di lacrime, cantò “Addio” davanti a tutta Napoli che la acclamava.
Serena Autieri legge Donnarumma in controluce, sdoganandone la fisicità, recuperata attraverso il gesto e la parola, in un’ora e mezza di spettacolo senza rete, sola sulla scena, attraversata dalla cometa elegante di un mimo ogni tanto a cadenzare il flusso narrativo. Fuori e dentro, dentro e fuori,
Serena gioca con il suo personaggio, lo presenta, lo incarna, lo lascia, lo riprende. La realtà feconda la finzione e viceversa in un gioco delle parti vertiginoso ed esilarante
La scena fa il resto. Una finestra che s’illumina nella notte, lo sciabordìo di onde in lontananza, una nave in partenza, valige sul molo.
Oggetti e proiezioni evocano i momenti. Tutto viene restituito a una lettura contemporanea mentre batte un cuore antico. C’è il vicolo, la scalinatella, ma c’è anche il futurismo, le camice nere, il Ballo Excelsior, l’avvento della radio.
Quadri come suggestioni, tagliati da un disegno luci che evoca più che dichiarare e musicisti che riportano nostalgie e profumi del tempo.
Ma il palco non basta, e allora Serena scende tra il pubblico, e lo spettacolo da qui in poi ogni sera è a soggetto. Il muro di Diderot cade (una lezione valida dai tempi di Plauto), e con il muro la sospensione del dubbio esistente tra finzione e realtà.
Gli spettatori diventano parte attiva e memoria di quello che fu, allo stesso tempo. Una sorta di non-sequitur visuale, dove la rottura della convenzione scatena la comicità. Risate, lacrime, riflessioni. Il pubblico è preso a schiaffi e carezze, come quel Pulcinella in incontinenza verbale magistralmente interpretato da Serena a inizio spettacolo, metafora vivente e straordinariamente attuale dell’accavallarsi folle di parole del nostro tempo.
E’ cafè chantant ma è anche talent show di oggi, perché cambiano i codici ma non il messaggio. E’ sguardo critico al presente, allo strapotere dell’immagine tritatutto, alla mai troppo considerata meritocrazia, ai valori al tramonto di patria e di famiglia. Ma è soprattutto amore, identità, rivendicazione. E passato che guarda al futuro.

Vincenzo Incenzo

Le canzoni dello spettacolo

Capinera – Giuliani (1918)
Palomma ‘e notte – Di Giacomo / Buongiovanni (1907)
Popolo-po’ – Murolo / Di Chiara (1917)
Fenesta vascia – Genoino / Cottrau (1825)
Lily Kangy – Capurro / Gambardella (1905)
I’ te vurria vasà – Russo / Di Capua (1900)
Guapparia – Bovio / Falvo (1914)
Come facette mammeta – Gambardella / Capaldo (1906)
Santa Lucia luntana – E.A. Mario (1919)
Ninì tirabusciò – Gambardella / Califano (1911)
‘O surdato ‘nnamurato – Califano / Cannio (1915)
Core ‘ngrato – Sisca / Cardillo (1911)
‘A tazza ‘e cafè – Capaldo / Fassone (1918)
Chiove – Bovio (1923)
Reginella – Bovio / Lama (1917)
Teatro Carlo Gesualdo di Avellino
info 0825771620
Martedì 1 marzo, ore 21.00

Il Rossetti – Teatro Stabile del Friuli e Venezia Giulia e Promo Music
presentano

Simone Cristicchi
in

Magazzino 18
scritto da Simone Cristicchi e Jan Bernas

regia di Antonio Calenda

musiche eseguite dalla FVG Mitteleuropa orchestra
diretta dal Maestro Valter Sivillotti.

Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento. Ed è ancor più straziante perché affida questa “memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione impressionante, ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità.
Una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi… Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.
Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e quasi 350 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia. Non è facile riuscire davvero a immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro poche cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà, povertà, insicurezza, e spesso sospetto.
Simone Cristicchi è rimasto colpito da questa scarsamente frequentata pagina della nostra storia ed ha deciso di ripercorrerla in un testo che prende il titolo proprio da quel luogo nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli esuli – senza casa e spesso prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o estenuanti viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa di poterne in futuro rientrare in possesso: il Magazzino 18.
Coadiuvato nella scrittura da Jan Bernas e diretto dalla mano esperta di Antonio Calenda, Cristicchi partirà proprio da quegli oggetti privati, ancora conservati al Porto di Trieste, per riportare alla luce ogni vita che vi si nasconde: la narrerà schiettamente e passerà dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, che forse si può definire “Musical-Civile”.
E sarà evocata anche la difficile situazione degli italiani “rimasti” in quelle terre, o quella gravosa dell’operaio monfalconese che decide di andare in Jugoslavia, o del prigioniero del lager comunista di Goli Otok…
Lo spettacolo sarà punteggiato da canzoni e musiche inedite di Simone Cristicchi, eseguite dal vivo.

Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli
Info 0974282362, 3383096807
Martedì 1 marzo, ore 20.45

Teatro Modernissimo di Telese Terme
Info 0824976106
Mercoledì 2 marzo, ore 20.45

Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli
Info 0974282362, 3383096807
Venerdì 4 marzo, ore 20.45

I due della città del sole srl
presenta

Luigi De Filippo in

Il berretto a sonagli
commedia in due parti di Luigi Pirandello
versione di Eduardo De Filippo

con
Stefania Ventura, Stefania Aluzzi, Francesca Ciardiello
Giorgio Pinto, Vincenzo De Luca, Claudia Balsamo, Marisa Carluccio

scene e costumi di Aldo Buti

regia Luigi De Filippo
In quel tragico e irrisolvibile gioco delle parti che è il teatro pirandelliano, un ruolo di primissimo piano tocca a Ciampa, protagonista de Il berretto a sonagli che Eduardo De Filippo, con l’intelligente ardire che animava ogni sua impresa, ha tradotto in lingua napoletana, ricca ma perfettamente comprensibile per gli spettatori.
Sia Eduardo (insieme alla sorella Titina) che Peppino affrontarono la commedia di Pirandello nel ruolo di Ciampa, disegnandolo in modo profondamente diverso: tanto quello di Eduardo era sommesso, ricco di pause, sottintesi, sguardi e gesti, quanto quello di Peppino risultava passionale, incalzante, irruente.
Beatrice, donna gelosissima, sospetta che il marito sia l’amante della bella moglie di Ciampa, commesso del loro negozio. La donna fa denuncia al commissariato. Il marito viene effettivamente trovato in compagnia della donna, ma il verbale non lo definisce delitto flagrante e il delegato è pronto a rilasciare i due.
Ma per Ciampa la giustificazione legale non basta. Davanti a tutto il paese passa per essere un “cornuto”. Non gli resta che ammazzare i due o chiedere a Beatrice di dichiararsi pazza. La pazzia della donna infatti aggiusterebbe tutto, poiché, secondo Ciampa “è facile simulare la pazzia, basta gridare in faccia a tutti la verità”.
E Beatrice, costretta anche dai propri parenti, si fa passare per pazza, convincendo tutti dell’innocenza di Ciampa e di sua moglie.
Un prestigioso traguardo. Una grande prova d’attore per Luigi De Filippo che di questa edizione della commedia è regista ed applaudito protagonista.
Luigi De Filippo si appropria del ruolo di Ciampa cercando e trovando, da grande maestro, una sintesi delle due letture ed esaltando la profonda e affascinante ambiguità del personaggio. Il pubblico che conosce ed ama la sua maschera comica si entusiasmerà scoprendo la sua inconsueta vena drammatica, i suoi toni più tormentati e riflessivi.

Teatro Italia di Acerra
Info 0818857258, 3333155417
Giovedì 3 marzo, ore 20.30

Teatro Carlo Gesualdo di Avellino
info 0825771620
Sabato 5, ore 21.00, e domenica 6 marzo, ore 18.30

Marisa Laurito e Charlie Cannonin

Sud and South
Amici per la pelle…in concerto

Sud and South è un concerto – spettacolo esuberante, vitale e creativo come il Sud. Ha
come protagonisti due personaggi del Sud molto diversi tra loro ma anche molto simili,
perché uniti dallo stesso mood: Marisa Laurito e Charlie Cannon.
Sud and South racconta l’umore e la passione della gente del Sud attraverso un viaggio nella musica… una straordinaria musica che accomuna ed ha reso famose ed eterne, canzoni… capolavori napoletani, spagnoli ed sudamericani. Sud and South si avvale della firma di acclarati professionisti. Uno spettacolo che viaggia sull’eterno ed affascinante tema dell’amore e non solo.
Un concerto che si diverte e fa divertire il pubblico, che viene spesso coinvolto nelle improvvisazioni di Marisa Laurito accompagnata da uno straordinario cantante solista, Charlie Cannon, artista molto apprezzato nel mondo della musica.
Un’artista che ha accompagnato molte importanti voci italiane: Milva, Renato Zero, Zucchero, Ornella Vanoni. Un protagonista straordinario che con la sua voce potente e melodica riesce a regalare emozioni ed energia senza fine.
Marisa Laurito, in questo spettacolo concerto, riprende tra le mani le redini della sua tradizione, la canzone napoletana. Dopo il grande successo come protagonista, di uno spettacolo che ha fatto epoca e che è rimasto nel cuore del pubblico, “Novecento Napoletano“ per la regia di Bruno Garofalo, Marisa ritorna sulla scena della musica napoletana in veste di chansonnier e tra una canzone e una butade, dialoga, improvvisa ed appassiona il pubblico cantando insieme a Charlie e interpretando successi internazionali oltre alle canzoni napoletane, che sono nel cuore di tutti.
Charlie e Marisa insieme, sprigionano la loro felicità di cantare e interpretare canzoni che hanno appassionato il pubblico di tutto il mondo, le canzoni della tradizione che fanno cantare tutti e che rappresentano il meglio della musica napoletana, americana e spagnola in Italia e all’estero.
La loro energia e gioia di stare in scena è contagiosa, così come la loro passione per il Sud, alla quale dedicano questo spettacolo, che parte dalle piazze italiane, per arrivare ai teatri stranieri, portandosi dietro tutti gli aromi, il gusto e la gioia di vivere del Sud di molti paesi, ma soprattutto dell’Italia.
La regia di questo concerto spettacolo è firmata da Marisa Laurito, i colorati costumi sono di Graziella Pera, la direzione musicale di Marco Persichetti.
Sud and South è uno spettacolo gioioso e senza tempo che nasce dalla voglia di cantare un mondo che non morirà mai e che continuerà a far sognare nuove generazioni grazie alle fantastiche melodie senza tempo.
Uno spettacolo che nasce dalla voglia dei protagonisti di divertire e divertirsi ed il risultato di questa armonia e vitalità lo fa diventare uno spettacolo di travolgente intrattenimento.

Teatro Politeama di Torre Annunziata
Info 0818611737, 3381890767
Giovedì 3 marzo, ore 20.45

Teatro Comunale di Airola
Info 0823711844
Venerdì 4 marzo, ore 20.45

Che Spettacolo sas
presenta

Benvenuti a…
di Giacomo Rizzo

con Giacomo Rizzo, Diego Sanchez, Antonella Elia

regia Giacomo Rizzo

Il nuovo spettacolo di e con Giacomo Rizzo e Diego Sanchez con la partecipazione di Antonella Elia.
Lo spettacolo riporta in scena il vero varietà fatto di costumi sfavillanti , sensuali ballerine, musiche suonate dal vivo, sketch e canzoni che hanno fatto la storia dello spettacolo internazionale.
Un connubio di emozioni, situazioni esilaranti e numeri di gran classe fanno si che lo spettatore venga letteralmente rapito. Una compagnia di veri artisti racconta l’evoluzione del Varietà dal 1800 ai giorni nostri, costruendo un vero e proprio viaggio che ripercorre tutte le tappe salienti di oltre 100 anni di tradizione, partendo dal Café Chantant per poi passare all’Avanspettacolo , passando per la sceneggiata e la Rivista fino ad approdare ai moderni Musical.
Tra motivetti da canticchiare, accattivanti coreografie ed esilaranti situazioni comiche il pubblico diventerà parte integrante di un grande spettacolo.

Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere
Info 0823799612
Venerdì 4 marzo, ore 21.00

Gianfranco Gallo e Massimiliano Gallo
in

E’ tutta una farsa!
(ovvero: Petito’s Play)
scritto e diretto da Gianfranco Gallo

con Gianluca Di Gennaro

I fratelli Gallo potrebbero definirsi anche i “Petito’s brothers”, vista la loro esperienza nel recitare i testi del celebre “Totonno ‘o Pazzo” rivisti totalmente dalla riscrittura originale di Gianfranco che riesce a creare uno stile teatrale tutto nuovo e particolare . In linea con questa scelta che da anni ormai decreta il successo dei loro spettacoli , la nuova messa in scena s’intitola “E’ tutta una farsa” ovvero Petito’s Play, in cui i due fratelli giocano con tutta la comicità della nostra tradizione spaziando dalla Commedia dell’Arte , alla farsa appunto, fino ai fenomeni moderni da esse contaminati. I Gallo, al di là del Cinema e della TV, frequentano con amore il Teatro, casa madre dalla quale sono partiti e che mai dimenticano. La commedia si ispira a varie opere di Antonio Petito per un divertimento senza tempo.

Note dell’autore e regista

La Tradizione a volte viene spacciata per immobilismo culturale e vista come una corpo morto mentre è esattamente il contrario. Tradizione viene da Trans e Dare dunque vuol dire trasmettere.
Per trasmettere bisogna conoscere il passato, il presente e immaginare un futuro, per cui, chi fa tradizione non è il custode di un morto né un imbalsamatore ma è più che altro un Medium.
Il mio Teatro apparentemente classico, voglio definirlo un Teatro di “Oltradizione”, che viene dall’Oltre ed è diretto ad Oltre. Io riscrivo tutto e svelo cio’ che dal passato deriva e che si è trasformato e trasmesso fino a me per andare oltre me. Non riuscirei a imbalsamare Petito, io lo rivelo come calco del volto di Totò, di Troisi e di tanti altri. Per il resto c’è il Museo.
Da sempre la rappresentazione teatrale mi affascina per la sua unicità, per la sua esistenza negata sera dopo sera , per le sue ceneri disperse durante il rituale collettivo, per il miracolo che compie attraverso la sintesi attore/autore e pubblico, sintesi che crea ciò che è e che sarà irripetibile: un mondo che ad ogni finale si nega agli spettatori, agli attori e all’autore che vi avevano trovato rifugio. Il Teatro napoletano di tradizione che preferisco e che preferisco rimodellare dunque, proprio per questi motivi, è quello della farsa, dei Petito, della maschera, del travestimento, dell’invenzione, del corpo, dell’effetto, della mutazione, della scomparsa.
A mio parere due sono le linee discendenti dal nobile Teatro comico di tradizione napoletana: quella della Commedia dell’Arte e quella del testo scritto, la prima derivante addirittura dalle atellane , l’altra, proveniente dalla prima, ma riformata da Eduardo Scarpetta con la messa in scena di testi che poco o nulla lasciavano all’improvvisazione e con l’abolizione della maschera per la creazione di personaggi più reali seppur proiezioni evidenti dei tipi fissi della commedia dell’Arte stessa.
Per dirla in breve, nel Teatro comico di Napoli, c’è chi, da sempre, segue la lezione di Petito e chi quella di Scarpetta. Un manifesto recente della Commedia dell’Arte furono i comici del Varietà, del Cafè Chantant, dell’avanspettacolo e cioè i Villani, i Maldacea, Maggio, Totò , forse anche in parte il primo Troisi con la Smorfia, i Giuffrè e tantissimi altri.
In linea diretta e non invece, sono seguaci della riforma scarpettiana, intesa come regola per rappresentazioni con aderenza precisa ad un testo scritto e chiuso, i De Filippo, il Viviani delle commedie, gli stessi critici del teatro di Scarpetta, Di Giacomo e Bracco e poi Ruccello e tutti i nuovi drammaturghi napoletani. Io ho scelto ancora Petito e mi sono divertito ad intrecciare le trame di due suoi lavori: la famosa ‘Na campagnata e tre disperate ed Inferno, Purgatorio e Paradiso.
La mia sfida è quella di dimostrare che il Teatro della farsa è un Teatro che rende libero chiunque si interessi a lui. Niente di morto, niente di vecchio, solo antico e vivo. Nel mio testo Totò incrocerà i De Rege, Troisi si vestirà da Petito, la commedia dell’Arte metterà la sua maschera al teatro moderno per tracciarne la provenienza.
Un mondo di maschere in cui la maschera non ci sarà, non è necessaria, in un Teatro potente perché nudo e dotato di una forza centripeta ineguagliabile nell’assetto delle trame ingegnose e fantastiche.
Antonio Petito, che è stato il Pulcinella più famoso della Storia, è secondo me il vero assassino di Pulcinella. Le sue farse sono talmente dirompenti nell’invenzione e nella vis comica, che possono fare a meno di essere datate, vestite e mascherate, sono già oltre quel che rappresentarono. Possono scorrere come magma fino ad invadere anche i testi scritti e intoccabili.
Petito inventore di trame, giunge fino agli inamidati lavori di Curcio ed io mi diletto a segnarlo con la riga blu. La mia scenografia rappresenta una grande maschera di Pulcinella che si apre e si chiude, che fagocita gli attori che vi recitano dentro e che gli attori stessi alla fine chiuderanno per uscire da essa, una grande maschera simbolo di un intera genìa di teatranti e non di un personaggio singolo.

Gianfranco Gallo

Teatro Verdi di Salerno
info 089662141
Sabato 5, ore 21.00, e domenica 6 marzo, ore 18.30

Teatri Uniti – Napoli Teatro Festival Italia
in collaborazione con l’Università della Calabria
presentano

Dolore sotto chiave/Pericolosamente
due atti unici di Eduardo De Filippo
Dolore sotto chiave e Pericolosamente
con un prologo da I pensionati della memoria di Luigi Pirandello

con
Tony Laudadio, Luciano Saltarelli, Giampiero Schiano

scene e costumi Lino Fiorito
luci Cesare Accetta
suono Daghi Rondanini

regia Francesco Saponaro

Un dittico realizzato nel nome di Eduardo De Filippo, a oltre trent’anni dalla sua scomparsa, che riunisce i due atti unici Dolore sotto chiave e Pericolosamente.
Con questa messinscena, Francesco Saponaro, regista di lunga consuetudine con la drammaturgia napoletana, da Scarpetta a Moscato, fino al successo internazionale di Chiòve di Pau Mirò e dell’edizione castigliana di Io,l’erede, affronta un Eduardo meno frequentato, dove incombe, silenzioso, il tema della morte (sia essa reale, presunta o, semplicemente invocata) tra sfumature grottesche colorate di umorismo nero. Lo spettacolo si arricchisce di un’ouverture, adattamento in versi e in lingua napoletana della novella del 1914 di Luigi Pirandello I pensionati della memoria. In scena tre interpreti Tony Laudadio, Luciano Saltarelli e Giampiero Schiano. Scene e costumi Lino Fiorito, luci Cesare Accetta, suono Daghi Rondanini.
Dolore sotto chiave nasce come radiodramma nel 1958, andato in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Capasso. Viene portato in scena due volte con la regia dell’autore, con Regina Bianchi e Franco Parenti nel 1964 (insieme a Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello) per la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli e nel 1980 (insieme a Gennareniello e Sik-Sik) con Luca De Filippo e Angelica Ippolito.
“Dolore sotto chiave – così il regista Francesco Saponaro – parte da un’intensa ispirazione pirandelliana. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e sottintesi: i buoni sentimenti come la carità cristiana, la compassione o la mania borghese della beneficenza diventano armi improprie per dissimulare, negli affetti, quella segreta predisposizione dell’essere umano al controllo e al dominio sull’altro”.
Dall’interno borghese dei fratelli Capasso, in Dolore Sotto chiave, si passa al salotto dei coniugi Arturo e Dorotea, in Pericolosamente (del 1938). L’atto unico, dall’apparente fulmineità di uno sketch, grande successo del Teatro Umoristico dei De Filippo, gioca tutto sul classico litigio coniugale. Ogni volta che Dorotea dà sfogo alle sue intemperanze Arturo, per ripristinare l’ordine familiare, impugna la rivoltella caricata a salve e le spara, scatenando la comica reazione di terrore da parte dell’ignaro amico Michele appena rientrato a Napoli da un lungo viaggio di lavoro.
Francesco Saponaro ha recentemente diretto due documentari, entrambi prodotti da Rai Cinema e Digital Studio in collaborazione con Teatri Uniti: Eduardo la vita che continua, sull’impegno civile e sociale del grande drammaturgo napoletano, andato in onda in prima visione su Rai 5 in occasione del trentennale della sua scomparsa, e Eduardo e i burattini, originale allestimento di due atti unici eduardiani con le guarattelle di Brunello Leone, presentato all’ultimo Festival di Giffoni Valle Piana, alla presenza di Luca De Filippo, magistrale doppiatore dei ruoli paterni.

Una nota di Francesco Saponaro

“Dolore sotto chiave parte da un’intensa ispirazione pirandelliana. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e sottintesi: i buoni sentimenti come la carità cristiana, la compassione o la mania borghese della beneficenza diventano armi improprie per dissimulare, negli affetti, quella segreta predisposizione dell’essere umano al controllo e al dominio sull’altro.
In casa dei fratelli Capasso, un interno borghese dove una camera della morte ha custodito per undici mesi il simulacro del dolore, Dio e i morti sono presenti fino al punto da essere invocati come vere presenze, giudici supremi del bene e del male. Eduardo riesce a intrecciare diversi registri e generi che si inseguono sul filo del cinismo e dell’ironia.
La vicenda si colora di risvolti comici, a tratti paradossali carichi di morbosa e grottesca esasperazione. In Dolore sotto chiave viene evocato un oggetto-simbolo, usato come sottile minaccia di suicidio dal povero Rocco Capasso: la rivoltella, che in Pericolosamente (1938) si materializza e si trasforma in un vero e proprio strumento di tortura coniugale e rimedio alle bizzarrie improvvise di una moglie bisbetica.
L’atto unico, dall’apparente fulmineità di uno sketch, grande successo del Teatro Umoristico dei De Filippo, gioca tutto sul classico litigio coniugale. Ogni volta che Dorotea dà sfogo alle sue intemperanze Arturo, per ripristinare l’ordine familiare, impugna la rivoltella caricata a salve e le spara, scatenando la comica reazione di terrore da parte dell’ignaro amico Michele appena rientrato a Napoli da un lungo viaggio di lavoro.

Nonostante il testo nasca alla fine degli anni trenta, Eduardo ne potenzia la carica visionaria per sperimentare nuovi linguaggi anche nel cinema. Adatta Pericolosamente e dirige Marcello Mastroianni, Luciano Salce e Virna Lisi ne L’ora di punta, episodio del film Oggi, domani e dopodomani (1965) riuscendo a ottenere uno spiazzamento assolutamente contemporaneo.
In pieno boom economico, la febbrile sete di emancipazione femminile può placarsi, ancora una volta, soltanto con uno sparo. Ma è un sparo che si moltiplica all’infinito. L’infallibile metodo di Arturo viene copiato da tutti i mariti: il colpo risuona nelle case dei vicini, nel quartiere, per le strade, tra grattacieli e clacson di una metropoli che deflagra di pistolettate”.

Teatro Di Costanzo-Mattiello di Pompei
info 0818577725 – 3337361628
da venerdì 4 a domenica 6 marzo
(feriali ore 20.30 – festivi ore 18.15)

Teatri Uniti
presenta

Toni Servillo legge Napoli
con Toni Servillo

Lassammo fa’ Dio – Salvatore Di Giacomo
Vincenzo De Pretore – Eduardo de Filippo
A Madonna d’e’ mandarine – Ferdinando Russo
E’ sfogliatelle – Ferdinando Russo
Fravecature – Raffaele Viviani
A sciaveca – Mimmo Borrelli
Litoranea – Enzo Moscato
‘O vecchio sott’o ponte – Maurizio De Giovanni
Sogno napoletano – Giuseppe Montesano
Napule – Mimmo Borrelli
Primitivamente – Raffaele Viviani
Cose sta lengua sperduta – Michele Sovente
‘ A Livella – Antonio De Curtis (Totò)
‘A casciaforte – Alfonso Mangione

Napoli, città dai mille volti e dalle mille contraddizioni nella quale da sempre convivono vitalità e disperazione, prende vita nella voce di Toni Servillo.
Toni Servillo legge Napoli è un viaggio nelle parole di Napoli, da Salvatore Di Giacomo a Ferdinando Russo, da Raffaele Viviani a Eduardo De Filippo e Antonio De Curtis, fino alla voce contemporanea di Enzo Moscato, Mimmo Borrelli, Maurizio De Giovanni e Giuseppe Montesano.
Ne emerge una fuga dalle icone più obsolete della napoletanità, ma insieme un bisogno perentorio di non rinunciare ad una identità sedimentata da quattro secoli di letteratura.

Teatro Nuovo di Salerno
info 089220886
Sabato 5, ore 21.00, e domenica 6 marzo, ore 18.30

Don Felice e le pillole dell’amore
regia Ugo Piastrella.

con
Ugo Piastrella, Ciro Girardi, Antonello Cianciulli.

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