Buon Giovedì

Buona giornata con le ballerine di Degas

Edgar Degas, Autoritratto, 1854-55, Museo d’Orsay, Parigi.

La maggior parte delle opere di Degas sono attribuite alla corrente dell’Impressionismo. In realtà Degas è da considerarsi un impressionista fuori dagli schemi in quanto nei suoi dipinti tendeva a discostarsi dagli altri artisti del gruppo. A differenza di questi ultimi infatti, interessati a rappresentare la luce e l’atmosfera, nutriva una certa diffidenza verso la pittura en plein air (diffidenza che lo accomunava all’amico e collega Édouard Manet); non raffigurava la natura, prediligendo gli spazi chiusi, non rinunciava ai colori bianco e nero (considerati dei non-colori dagli altri impressionisti) e prestava molta attenzione al disegno, della cui importanza fu un instancabile sostenitore. Inoltre, per la realizzazione dei suoi dipinti, Degas si serviva spesso e volentieri della fotografia (nata proprio nell’Ottocento) che gli permetteva di catturare l’istantaneità della scena, aiutandolo così nello studio del disegno e del movimento. Non è un caso, infatti, che i suoi quadri, caratterizzati da audaci tagli prospettici, abbiano inquadrature tipicamente fotografiche.

Il tema delle ballerine, come si è detto, è quello che gode di maggiore popolarità in tutta la produzione artistica di Degas. Egli era molto interessato alle fisionomie assunte dalle danzatrici quando erano in movimento. Nelle prime opere dedicate al balletto, Degas raffigura le ballerine in maniera canonica, ovvero quando si muovono con leggiadria e grazia a passo di danza. Presto, però, l’artista decise di abbandonare questo metodo di indagine alquanto sterile, iniziando ad interpretare i corpi delle ballerine in maniera più scientifica. In pratica, preferì concentrarsi su ciò che avveniva sul retro del palcoscenico, sulle prove, sui momenti di riscaldamento e di rilassamento, ovvero quello in cui gli arti si assestavano, assumendo posizioni disarmoniche e talvolta goffe. I corpi delle danzatrici, quindi, anziché essere idealizzati, venivano colti in una maniera drammaticamente realistica che ne offuscava la grazia.

Attraverso queste opere, Degas ha anche descritto, seppur involontariamente in quanto non spinto da un intento di denuncia, il vero mondo del balletto. Un mondo, all’epoca, popolato da fanciulle che spesso provenivano dagli strati più bassi della società. Entrare in un corpo di ballo, dunque, significava svolgere un lavoro che permettesse loro di vivere dignitosamente e sostenere la propria famiglia. Ma esso era un mestiere tutt’altro che facile. La vita di una ballerina dell’Ottocento era infatti dura e ingiusta, fatta di fatica fisica, rigore, pressioni psicologiche, rivalità, competizioni e anche di sfruttamento sessuale. Molte ragazze, infatti, non si limitavano a danzare: la prostituzione era parte integrante della loro attività.

Pare addirittura che al teatro dell’opera di Parigi, il Palais Garnier, ci fosse una sala dietro al palcoscenico in cui le ballerine oltre a scaldarsi prima di uno spettacolo, potevano incontrare i signori (spesso iscritti a un club dell’opera) che desideravano socializzare con loro e fare loro proposte indecenti. Cedere alle avances di questi uomini nobili, ricchi e potenti, significava ottenere rapidi avanzamenti di carriera, parti migliori e altri tipi di comodità e privilegi. Degas, dal canto suo, seppur sia noto che non abbia mai avuto rapporti carnali con le danzatrici, spesso approfittava della loro posizione di debolezza per obbligarle ad estenuanti sessioni di posa, costringendole a snodare le loro giunture. « Forse le ho trattate come animali troppo spesso », dichiarerà poi.

Tra le più famose e interessanti opere di Degas dedicate al tema delle ballerine, vi è sicuramente La lezione di danza. Il dipinto, realizzato tra il 1873 e il 1876, è frutto di un lungo lavoro di atelier del quale sono rimasti bozzetti e schizzi preparatori. La scena raffigura una lezione che si svolge nel foyer di danza dell’Opéra di Parigi in rue Le Peletier, dove Degas poteva accedervi grazie all’intercessione di un amico direttore d’orchestra.

Al centro del dipinto è ritratta un ballerina che si appresta a eseguire gli esercizi sotto l’occhio vigile dell’anziano maestro. Quest’ultimo è il celebre coreografo francese Jules Perrot (colui che insieme a Jean Coralli curò le coreografie di Giselle, balletto simbolo del Romanticismo) colto mentre osserva attentamente i passi dell’allieva. Le altre fanciulle intorno, non osservate dal maestro, approfittano del momento di pausa abbandonandosi a pose poco aggraziate ma naturali e spontanee.

La ballerina a sinistra in primo piano con il fiocco rosso tra i capelli è sorpresa mentre si sventola con un ventaglio e ai suoi piedi s’intravedono un annaffiatoio (utilizzato per bagnare leggermente il pavimento affichè non si scivolasse sul parquet) e un cagnolino. Alla sua sinistra, seduta sul pianoforte, una ballerina con il fiocco giallo si gratta la schiena con la mano, lasciandosi scappare una smorfia di fastidio; un’altra, in piedi alle spalle di Perrot, si osserva un braccio con fare inelegante mentre quella posta più in alto sullo sfondo si sistema insofferente il collarino. Tra le altre vi è chi si aggiusta i capelli, chi ha le braccia conserte, chi allunga le gambe, chi si acconcia il costume, chi appoggia il viso alla mano e chi è seduta con i piedi divaricati, secondo una posa usuale per i danzatori.

Seppur realizzata in studio, quest’opera rassomiglia a un’istantanea fotografica, dà l’impressione di essere nata di getto, coglie un attimo a caso tra gli innumerevoli possibili, fissa un’immagine che sembra essere – per usare le parole dello stesso Degas – « spiata dal buco della serratura ». Il punto di vista è leggermente ribassato e il taglio diagonale, fotografico, sottolineato dalle linee di fuga delle tavole del pavimento, allunga la prospettiva della scena, che include anche uno specchio in cui si riflette una finestra con vista sulla città e da cui proviene la luce che illumina il dipinto.

Edgar Degas, Studio preparatorio di ballerina che si gratta la schiena, 1873-74, Museo del Louvre, Parigi.

Intorno alla seconda metà degli anni ottanta del XIX secolo, Edgar Degas si avvicinò alla scultura, considerandola « un’esperienza da aggiungere alle altre ». Soggetti prediletti delle sue sculture continuavano ad essere, oltre ai fantini e alle donne alla toletta, le ballerine. Tra queste, la più celebre è Ballerina di quattordici anni, realizzata tra il 1879 e il 1881. La scultura originale è in cera, è alta 98 cm e rappresenta una giovanissima ballerina in atteggiamento di attesa, col busto eretto, le mani dietro la schiena, il volto rivolto verso l’alto e la gamba destra avanzata di mezzo passo col piede ruotato a squadra. In tulle e in raso sono invece gli altri elementi dell’opera quali il corsetto, il tutù e il nastro del fiocco con cui sono raccolti i capelli. La statua è collocata su una base lignea che allude ai parquet delle scuole di danza o alle tavole dei palcoscenici.

Per realizzarla Degas s’ispira ai manichini delle mostre etnografiche, alle statue in cera di Madame Tussauds a Londra, a certe sculture cattoliche che Degas aveva visto in Spagna dove era stato in viaggio e alle statuine del presepe napoletano (a Napoli Degas aveva a lungo soggiornato in quanto il nonno lì possedeva una banca.). Alla sua prima esposizione, l’opera, dato il suo impressionante realismo, fu bersaglio di critiche feroci. La fisionomia scimmiesca e il volto come mummificato della ballerina scatenarono commenti quasi ilari. L’originale in cera è oggi esposta al Museo d’Orsay a Parigi mentre diverse copie prodotte in bronzo patinato, sono esposte nelle gallerie di tutto il mondo.

La modella che posò per quest’opera fu la giovanissima danzatrice Marie van Goethem, le cui fattezze sono riconoscibili anche nel suddetto dipinto La lezione di danza (è la ballerina in primo piano a sinistra che seduta sul pianoforte si gratta la schiena). Marie è passata alla storia non solo per essere stata la modella preferita di Degas ma anche per la sua triste vicenda esistenziale. Di origini belghe, Marie nacque a Parigi nel 1865 da un umile sarto e da una lavandaia alcolizzata e crebbe nell’assai degradato quartiere di Notre-Dame de Lorette. Fin da piccola Marie sognava di diventare una ballerina e nel 1878 il suo sogno divenne realtà: dopo soli due anni di lezioni prese alla scuola di ballo dell’Opéra di Parigi, superò l’esame di ammissione al corpo di ballo, debuttando sul palcoscenico nello stesso anno, con La Korrigane. All’Opéra Marie incontrò Edgar Degas che si disse disposto a pagarla se avesse accettato di posare per lui come modella. Da quel momento in poi l’impegno di Marie per la danza si fece discontinuo, fino a cessare del tutto.

A causa delle troppe assenze accumulate, la ragazza finì per non essere più ammessa alle lezioni di danza. Il suo sogno di diventare una stella del balletto quindi svanì e, sull’esempio della madre, si abbandonò al vizio dell’alcol. Finì per frequentare osterie poco raccomandabili presso cui iniziò a prostituirsi. Venne persino arrestata per aver tentato di derubare uno dei suoi clienti. La sua burrascosa storia ha ispirato diversi scrittori che le hanno dedicato opere letterarie come The Painted Girls di Cathy Marie Buchanan e Marie, Dancing di Carolyn Meyer.  Di Marie van Goethem si persero le tracce dopo che il suo nome fu cancellato dai registri dell’Opéra di Parigi. Non si sa, dunque, come e dove abbia concluso i suoi giorni. Di lei restano solo quel corpo acerbo di adolescente e il suo sogno mai realizzato di diventare un’étoile, immortalati dall’arte di Edgar Degas, il più realista degli impressionisti.

Valeria Auricchio.

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