Buon Mercoledì
Buona giornata con una poesia di Jacopone da Todi
Jacopone da Todi
Il pianto della Madonna
Nunzio | Donna del paradiso, lo tuo figliolo è priso, Jesu Cristo beato.Accurre, donna, e vide |
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5 | che la gente l’allide ! credo che ‘llo s’occide, tanto l’on flagellato. |
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Madonna | Como esser porrìa che non fece mai follia, |
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10 | Cristo, la speme mia, om’ l’avesse pigliato ? |
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Nunzio | Madonna, egli è traduto, Juda sì l’ha venduto trenta denar n’ha ‘vuto, |
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15 | fatto n’ha gran mercato. | ||
Madonna | Succurri, Magdalena, gionta m’è adosso piena ! Cristo figlio se mena, como m’è annunziato. |
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Nunzio | 20 | Succurri, Donna, aiuta ! ch’al tuo figlio se sputa e la gente lo muta, hanlo dato a Pilato. |
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Madonna | O Pilato, non fare | ||
25 | lo figlio mio tormentare, ch’io te posso mostrare como a torto è accusato. |
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Popolo | Crucifige, crucifige ! Omo che se fa rege, |
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30 | secondo nostra lege, contradice al senato. |
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Madonna | Priego che m’entendàti, nel mio dolor pensàti; forsa mò ve mutati |
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35 | de quel ch’avete pensato. | ||
Nunzio | Tragon fuor li ladroni che sian suoi compagnoni. |
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Popolo | De spine se coroni ! ché rege s’è chiamato. |
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Madonna | 40 | O figlio, figlio, figlio ! figlio, amoroso giglio, figlio, chi dà consiglio al cor mio angustiato ?Figlio, occhi giocondi, |
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45 | figlio, co’ non respondi ? figlio, perché t’ascondi dal petto o’ se’ lattato ? |
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Nunzio | Madonna, ecco la cruce, che la gente l’aduce, |
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50 | ove la vera luce dèi essere levato. |
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Madonna | O croce, que farai ? el figlio mio torrai ? e che ce aponerai |
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55 | ché non ha en sé peccato ? | ||
Nunzio | Succurri, piena de doglia, ché ‘l tuo figliol se spoglia; e la gente par che voglia che sia en croce chiavato. |
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Madonna | 60 | Se glie tollete ‘l vestire, lassàtelme vedire come ‘l crudel ferire tutto l’ha ‘nsanguinato. |
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Nunzio | Donna, la man gli è presa | ||
65 | e nella croce è stesa, con un bollon gli è fesa, tanto ci l’on ficcato !L’altra mano se prende, nella croce se stende, |
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70 | e lo dolor s’accende, che più è multiplicato.Donna, li piè se prenno e chiavèllanse al lenno, onne iontura aprenno |
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75 | tutto l’han desnodato. | ||
Madonna | Ed io comencio el corrotto. Figliolo, mio deporto, figlio, chi me t’ha morto, figlio mio delicato ? |
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80 | Meglio averìen fatto che ‘l cor m’avesser tratto, che, nella croce tratto, starce descilïato. |
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Cristo | Mamma, o’ sei venuta ? | ||
85 | mortal me dài feruta, ché ‘l tuo pianger me stuta, ché ‘l veggio sì afferrato. |
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Madonna | Figlio, che m’agio anvito, figlio, patre e marito, |
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90 | figlio, chi t’ha ferito ? figlio, chi t’ha spogliato ? |
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Cristo | Mamma, perché te lagni ? voglio che tu remagni, che serve i miei compagni |
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95 | ch’al mondo agio acquistato. | ||
Madonna | Figlio, questo non dire, voglio teco morire, non me voglio partire, fin che mò m’esce il fiato. |
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100 | Ch’una agiam sepultura, figlio de mamma scura, trovarse en affrantura mate e figlio affogato. |
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Cristo | Mamma col core affetto, | ||
105 | entro a le man te metto de Joanne, mio eletto; sia il tuo figlio appellato. |
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Cristo | Joanne, esta mia mate tollela en caritate |
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110 | aggine pietate ca lo core ha forato. |
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Madonna | Figlio, l’alma t’è uscita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, |
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115 | figlio attossicato !
Figlio bianco e vermiglio, |
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120 | Figlio bianco e biondo, figlio, volto iocondo, figlio, perché t’ha el mondo, figlio, così sprezato ?Figlio, dolce e piacente, |
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125 | figlio de la dolente, figlio, hatte la gente malamente treattato !O Joanne, figlio novello, morto è lo tuo fratello, |
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130 | sentito aggio ‘l coltello che fo profetizzato.Che morto ha figlio e mate de dura morte afferrate, trovarse abracciate |
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135 | mate e figlio a un cruciato. |
La lauda mette in evidenza gli ultimi, drammatici momenti della vita di Cristo e si caratterizza per il fatto che l’attenzione, anziché sulla sofferenza di Gesù, è focalizzata su quella della Madonna. Attingendo ai Vangeli, ad alcuni testi latini che avevano già messo in primo piano la sofferenza della Vergine1, a rappresentazioni sacre diffuse nel XII secolo in Italia settentrionale2 e centrale3, Jacopone mette in scena una sorta di Passione della Vergine. L’impostazione teatrale di questo testo — con tutta evidenza differente da quelli fin qui antologizzati — si inserisce nella tradizione della lauda perugina, che si orientava, piuttosto che verso l’ascetismo o il misticismo, nella direzione di una divulgazione del Vangelo e di una umanizzazione dei temi religiosi. La lauda perugina era affidata alla recitazione di alcuni solisti e di un coro, e costituisce un passo importante verso quello spettacolo che nel Quattrocento avrebbe preso il nome di “sacra rappresentazione”. Le caratteristiche tematiche della lauda perugina contribuiscono a spiegare uno dei dati più significativi di questa lauda: il fatto cioè che la passione della Vergine risulti, in gran parte, una passione profondamente umana; che Maria appaia, più che come «donna de Paradiso», anzitutto come una madre disperata; che si mostri spesso ignara delle implicazioni teologiche della sofferenza del figlio4.
L’incomunicabilità tra Maria ed i vari interlocutori (vv. 4-83).
Le prime venti strofe che seguono alla ripresa (e cioè i vv. 4-83) hanno funzione prettamente diegetica. La narrazione è affidata in gran parte al Nunzio, che esorta Maria a correre ai piedi della croce e interviene successivamente (vv. 64-75) a descrivere i particolari della crocifissione in maniera fortemente realistica.
A fronte di questo racconto stanno le invocazioni della Madonna, che — inutilmente — cerca di chiamare in causa vari interlocutori. Dapprima viene invocato l’aiuto della Maddalena (vv. 16-19), che però tace; all’invocazione rivolta a Pilato (vv. 24-27) risponde implicitamente, in modo ostile, la folla, il cui Crucifige sancisce la scelta in favore di Barabba. Nessun effetto ottiene neanche l’invocazione al Popolo (vv. 32-35). Allora Maria invoca ripetutamente il figlio, con significativi riferimenti alla fisicità del legame (v. 47, vv. 60-63). Infine, in mancanza di una risposta, Maria chiama come sua interlocutrice la croce, ribadendo la propria umanissima ma inascoltata protesta sull’innocenza di Gesù (v. 55). Si è detto prima che la Passione di Cristo diviene qui Passione della Vergine; ma si potrebbe osservare che, prima ancora che alla Passione, il personaggio di Maria rimanda al dogma della Incarnazione: la Madonna è madre e in nome di questo legame invoca su di sé tutte le sofferenze del figlio (significativo in tal senso il lamento dei vv. 76-83).
La crocifissione viene descritta in tre strofe (vv. 64-75), collocate esattamente al centro del componimento: la lauda potrebbe pertanto essere suddivisa in un primo blocco di quindici strofe (che contengono il dialogo, o meglio il mancato dialogo tra Maria e gli altri personaggi) e in altre quindici strofe che contengono il lamento funebre (che comincia con i già citati vv. 76-83 e riprende da v. 112 alla fine) inframmezzato dall’unico vero dialogo del componimento: quello tra la madre e il figlio.5
Il dialogo tra la Madre ed il Figlio (vv. 84-111).
A tale dialogo sono dedicate sette strofe. Si tratta, anche stavolta, di un dialogo segnato da una forte incomunicabilità. La voce di Cristo che scende dall’alto della croce appartiene a una dimensione soprannaturale, molto diversa da quella di Maria. Dapprima egli rimprovera affettuosamente la madre per essersi recata in quel luogo; poi le ricorda il suo dovere di rimanere a fianco degli apostoli; infine, di fronte al disperato «voglio teco morire» del v. 97, la affida all’apostolo Giovanni. Non è certo casuale che Cristo pronunci esattamente tre battute, come non era casuale il fatto che il racconto della crocifissione fosse anch’esso contenuto in tre strofe (vv. 64-75): si tratta di riferimenti impliciti alla Trinità e quindi alla natura divina di Gesù. Maria invece rimane umanissima perfino quando chiama in causa il mistero della Trinità: la triplice invocazione del v. 89 («figlio, pat’e mmarito»), trasferisce infatti lo Spirito Santo in una dimensione quotidiana e familiare (tanto che il verso può tranquillamente interpretarsi come l’affermazione che, per una madre, il proprio figlio è tutto).
Il piano soprannaturale su cui si muove Cristo e quello umano di Maria si intersecano tuttavia nell’uso di una parola, il vocativo «mamma», ripetuto per tre volte da Cristo; una parola che rimanda etimologicamente, come si è notato nel commento, a quella stessa fisicità dell’allattamento già richiamata da Maria al v. 47.
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