Buon Sabato

Buona giornata con la rubrica “I film più belli e famosi della storia del cinema”

Io e Annie (1977): perché l’amore finisce?

Distribuito in Italia con il titolo di Io e le donne, poi modificato in Io e Annie, si tratta del lungometraggio che ha consacrato in controverso cineasta Woody Allen, che agli Oscar del 1978 ottenne numerose nomination e diverse statuette tra cui quella al miglior regista, alla miglior sceneggiatura originale e al miglior film; Diane Keaton conquistò a sua volta il premio come miglior attrice protagonista.

Trama di Io e Annie

Alvy Singer (Woody Allen), comico e commediografo di successo, dopo la rottura con Annie (Diane Keaton) ricostruisce, partendo dalla propria infanzia, i suoi complicati rapporti con le donne e l’influenza che tali rapporti hanno avuto sulla sua vita e sulla sua arte, interagendo direttamente con il pubblico tramite la rottura della quarta parete e l’uso di una voce narrante che guida lo spettatore nella struttura cronologicamente non lineare del film.

Recensione di Io e Annie

Io e Annie, spesso considerato il capolavoro di Woody Allen, nonostante si possa definire una commedia romantica, non cede a nessuno degli stereotipi del genere e si presenta come un classico film “alla Allen”, ovvero un’autoanalisi spesso ironicamente esasperata in cui la relazione sentimentale è un pretesto per mostrare allo spettatore le dinamiche del comportamento e della psicologia dell’autobiografico protagonista. Tuttavia, l’evidente ammirazione con cui Allen dipinge il personaggio di Annie, costruito appositamente per Diane Keaton (il cui vero nome è appunto Diane Hall, detta Annie dal regista), impedisce al film di trasformarsi in un’elucubrazione solipsistica – accusa spesso rivolta ai lavori di Allen: il personaggio di Annie, per quanto analizzato in relazione a quello di Alvy, incontestabilmente il protagonista del film, non è una mera funzione ma un carattere a tutto tondo, che sfugge allo spettatore non perché ricada in uno stereotipo di “manic pixie dream girl” ante litteram ma perché sfugge allo stesso Alvy, che alla fine del suo tentativo di “ricostruire i cocci della loro relazione” arriva alla conclusione che è impossibile dare un senso compiuto e appagante all’esperienza vissuta con la donna, e per estensione con tutte le altre donne che nel film compaiono e che sono state o saranno presenti nella sua vita.

io e Allen
Diane Keaton e Woody Allen in Io e Annie

Quello che non riesce nella vita il protagonista prova a realizzarlo nell’arte: la commedia che Alvy scrive alla fine del film sulla sua relazione con Annie è una spiegazione della raison d’être del film stesso, oltre che una dichiarazione di quello che per Allen è il proprio cinema, ovvero un tentativo di autoanalisi in cui la critica verso gli altri personaggi si accompagna a una altrettanto presente autocritica del protagonista stesso, la cui forte autoironia mette in luce i difetti di Alvy – e quindi di Allen – facendo sì che anche i detrattori del regista possano trovare nell’opera non un’autoglorificazione ma la rappresentazione, autoreferenziale ma nella sua semplicità anche universale, della fine di una relazione e della ricerca ossessiva del perché tale relazione sia finita.

Alvy: Non so proprio dove abbia sbagliato, non riesco a crederci, in qualche modo lei è sbollita per me. Sarà… sarà per qualcosa che ho fatto?

Passante: Non è mai per qualcosa, la gente è fatta così. L’amore svanisce.

Alvy: L’amore svanisce, Dio che pensiero deprimente…Io e Annie (Annie Hall)

Il problema è che un perché non c’è. Come afferma una passante con cui Alvy interagisce in uno dei numerosi momenti metacinematografici del film, “l’amore svanisce”: questa apparentemente semplice presa di coscienza, ovvero l’accettazione del fatto che anche il più romantico e appagante amore potrebbe finire perché la vita, le persone e le scelte da esse prese sono varianti imprevedibili, è il fulcro dell’opera, che offre sì un pretesto per una ricostruzione autobiografica da parte di Alvy-Allen ma mostra anche la difficoltà universale di accettare la fine di una storia d’amore. Alvy e Annie si incontrano, si amano e poi si lasciano: Alvy prova in tutti i modi a capire perché le cose siano andate così ma un motivo logico semplicemente non c’è e a quel punto è nell’arte – nella commedia che Alvy scrive e nel film che Allen dirige – che quello che nella vita non ha senso può trovare un significato.

Note positive

  • Sceneggiatura brillante, divertente e intelligente
  • Narrazione originale, non lineare e spesso metacinematografica ma mai in modo forzato
  • Rappresentazione ironica ma realistica delle relazioni sentimentali
  • Interpretazioni di Allen e Keaton ma anche di tutto il cast secondario

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