
Cancello ed Arnone: la Festa di Sant’Antuono

Cancello
ed Arnone (Matilde Maisto) – Nonostante il pessimo periodo che stiamo vivendo ed in
modo direi molto ovattato, da poco spente le luci delle festività natalizie già si sente aria di nuove feste tra i rioni
cittadini. Ricorre la festività di Sant’Antuono, infatti nell’Italia
meridionale Sant’Antonio Abate è comunemente chiamato “Sant’Antuono”.“Làmp’,
saettà e tuòno…chesta è ‘a mùseca ‘e Sant’Antuono”.
Sant’Antonio Abate, è una festa di origini antichissime, festeggiarne la
ricorrenza significa, ogni anno, scatenare le forze positive e, grazie
all’elemento apotropaico del fuoco, sconfiggere il male e le malattie sempre in
agguato. Una festa di buon auspicio per il futuro e all’insegna dell’allegria.
Anche nella città di Cancello ed Arnone è d’uso, per il 17 gennaio di ogni
anno, festeggiare Sant’Antonio Abate, con grandi falò che scoppiettano nella
fredda serata invernale nei rioni cittadini. La gente che si riversa per le
strade cantando e ballando, inneggia al Santo affinché offra protezione.
Si tratta di una folkloristica tradizione, che unendo il sacro con il profano
crea armonia tra tante persone ed un sano divertimento.
Per giovedì 17 gennaio p.v. grandi falò sono previsti, quindi, nei vari
rioni di Cacello ed Arnone, gli uomini si adoperano per raccogliere legna da
bruciare sul falò, mentre le donne si danno da fare per preparare le tipiche
pietanze previste per la serata, pasta e fagioli con le cotiche, “Salsiccia e
friarielli” e pane casereccio, il tutto bagnato da un frizzante vinello.
Ovviamente non manca mai la prelibata mozzarella, l’oro bianco del nostro
territorio.
Ma ricordiamo chi è Sant’Antuono? Meglio noto come Sant’Antonio Abate.
Sant’Antuono nel meridione per distinguerlo da Sant’Antonio da Padova, chiamato
anche Sant’Antonio il Grande, Sant’Antonio d’Egitto, Sant’Antonio del Fuoco,
Sant’Antonio del Deserto, eremita egiziano considerato il fondatore del
monachesimo cristiano e il primo degli abati. Sant’Antuono d’Egitto perché è lì
che è nato, Sant’Antuono il grande perché lottatore contro gli inferi,
Sant’Antuono del fuoco perché scese fino all’inferno accompagnato da un
maialino per rubare il fuoco a Satana e donarlo agli uomini, Sant’Antuono del
deserto perché e lì che morì seppellito con il grugno da un maialino che lo
accompagna nelle figurine e nelle icone cristiane.
La tradizione cristiana cancella Prometeo, che secondo la mitologia ruba il fuoco
agli dei per donarlo agli uomini, mettendo al suo posto Sant’Antuono che
diventa subito famoso come lottatore e avversario del diavolo. Il racconto
popolare del viaggio di Sant’Antuono nel mondo degli inferi si inquadra nei
riti di iniziazione che si facevano all’inizio del ciclo riproduttivo della
natura, a simboleggiare il fuoco purificatore della rinascita della vita.
Sant’Antuono diventa il santo custode del focolare, il protettore degli animali
a cui, come per il fuoco, è legata l’esistenza degli uomini.
Il legame fra il Santo ed il fuoco era stretto non a caso il 17 gennaio, una
data importante per la società contadina perché coincideva con il rito
dell’uccisione del maiale, simbolo dell’alimentazione grassa e saporita del
periodo carnevalesco. Il 17 di gennaio davanti alle chiese si raccoglievano gli
animali che il prete sin dalle prime ore del mattino iniziava a benedire nella
piazza antistante al sagrato, secondo un’antica e consolidata tradizione
proteggeva tutti gli animali da morie e malanni e continuava fino al tramonto
quando si accendevano grandi falò intorno ai quali si chiacchierava e mangiava.
In alcuni casi il fuoco rimaneva acceso per tutta la notte fino alle prime luci
dell’alba e le persone rincasavano con il tizzone benedetto con cui accendevano
il fuoco nelle proprie abitazioni in segno di buon augurio.
Numerose sono le leggende relative al 17 gennaio, la più simpatica risulta una
molto antica e diffusa nella notte di Sant’Antuono dove narra che gli animali
parlavano nelle stalle e raccontavano i soprusi ma soprattutto i difetti e vizi
dei propri padroni e si lamentavano delle violenze e dei maltrattamenti subiti
nel corso dell’anno. Proprio a riprendere questi racconti in alcuni paesi della
Basilicata, come Tricarico e San Mauro Forte per ricordarne quelli più famosi,
all’alba del 17 gennaio, la popolazione viene svegliata da un cupo suono di
campanacci agitati da alcuni figuranti travestiti da vacche, giovenche e da
tori governati da un vaccaro, che si radunano presso la chiesa dedicata al
Santo per la benedizione. Dalla piazza inizia a sfilare un corteo nel rito
della transumanza che attraversa tutte le vie del paese accompagnato da un
lungo e rumoroso corteo di persone nelle vesti di contadini che, indossando
camici e cappucci bianchi, suonano ritmicamente grossi campanacci appesi
all’altezza delle ginocchia, nella speranza di buoni raccolti. In questo
giorno, in anni orami lontani come ad una richiesta di benedizione della casa e
della famiglia veniva sacrificato il maiale, proprio il 17 gennaio in
coincidenza con la festa di Sant’Antuono abate.
Santo venerato da agricoltori e contadini perché protettore dei loro beni,
raffigurato con accanto all’animale simbolo di abbondanza e di autosufficienza
alimentare, il maiale. Il protetto maiale che con il suo lardo curava l’herpes
zoster il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio, una malattia che nella credenza
popolare si riteneva venisse “regalata” da un’anima che transitava in
purgatorio ad una persona a cui si voleva bene ma che stesse peccando, che si
ravvedesse da quello che stava compiendo ed in nome di Sant’Antonio guarire
usando una parte di corpo del suo protetto, il lardo del maiale. Proprio per
questa virtù terapeutica attribuita al lardo, ai monaci fu concesso il
privilegio di allevare in assoluta libertà i porci riconosciuti come
appartenenti al convento perché muniti di un campanello al collo e che venivano
non solo tollerati nelle piazze, nei vicoli e nei cortili dei villaggi e città
ma anche alimentati dalla popolazione con cibi e avanzi di ogni genere.
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