C’è stato davvero un “assalto” alle farmacie? – Sul Coronavirus, dal Post

L’obbligo del Green Pass per tutti i lavoratori, ormai in vigore da quasi una settimana, non ha comportato i grandi disguidi temuti alla vigilia della sua introduzione. Ci sono state proteste e manifestazioni variamente partecipate da chi lo contesta, ma nel complesso i settori considerati più a rischio, come quelli dei trasporti e della logistica, hanno continuato a funzionare senza particolari problemi. 

Forse l’effetto più visibile dell’obbligo di Green Pass per chi lavora sono state le code all’esterno di alcune farmacie, formate per lo più da persone che non hanno ritenuto di vaccinarsi e che quindi devono sottoporsi a un tampone per ottenere una certificazione temporanea, la cui validità è di 48 ore (72 ore se invece si svolge un più costoso test molecolare). Alcuni giornali hanno parlato di “assalto alle farmacie”, ma da cosa ci hanno raccontato farmacisti e altri lavoratori del settore la situazione è rimasta tutto sommato sotto controllo nonostante il forte aumento della domanda.

Fino alla settimana scorsa, infatti, si effettuavano circa 200mila test antigenici rapidi al giorno: da venerdì si è quasi sempre superata la quota di 300mila. Se consideriamo i dati dall’inizio della pandemia, il record di test rapidi è stato raggiunto martedì 19 ottobre, con 548mila. Le farmacie che offrono il servizio di test rapido antigenico in Italia sono circa 10mila, su un totale di 19 mila. 

Soprattutto nei primi giorni dopo l’introduzione dell’obbligo sono state segnalate lunghe code all’esterno di alcune farmacie in diverse città italiane, specialmente in quelle in cui non era stato previsto un servizio di prenotazione. Ce lo ha confermato Massimo Mana, presidente di Federfarma Piemonte: «Quasi tutte hanno organizzato le prenotazioni e non hanno avuto problemi. Chi ha lasciato la libertà di presentarsi senza appuntamento si è accorto che è una modalità ingestibile proprio a causa della domanda così alta».

Ci sono state segnalazioni su un intasamento delle prenotazioni in alcune farmacie, perché c’è chi ha preferito prenotare un tampone ogni due giorni fino alla fine dell’anno, per evitare imprevisti e contrattempi. Ciò ha fatto sì che non ci fossero posti disponibili per chi invece non è interessato a fare un test per avere un Green Pass temporaneo, ma ha semplicemente l’esigenza di verificare se sia o meno positivo al coronavirus, magari perché ha qualche sintomo o perché è entrato in contatto con qualcuno che aveva poi scoperto di essere contagioso.

Diversi lavoratori non vaccinati per ora sembrano essere determinati a fare test a oltranza, con la prospettiva di doversi infilare un tampone nel naso ogni paio di giorni, ci ha detto Mana: «Noi parliamo con queste persone, cerchiamo di convincerle, ma non ti stanno a sentire. Hanno già deciso che andranno avanti così fino a quando non verrà revocato l’obbligo di Green Pass».

Il governo confidava che il Green Pass obbligatorio per i lavoratori facesse aumentare la quota di persone vaccinate, inducendo anche gli indecisi a farlo. Per ora è stato così solo in parte e nel frattempo nelle prossime settimane capiremo se l’alta richiesta di tamponi possa essere sostenibile, se con il loro aumento si scopriranno più postivi, o se ci saranno conseguenze e problemi per tutte le altre persone che vanno in farmacia per altri motivi che non siano i test. Per ora, come mostra anche il grafico qui sotto, il punto certo rimane l’aumento dei tamponi giornalieri. Costo
Il prezzo massimo dei test rapidi svolti in farmacia è stato fissato a 15 euro per gli adulti e a 8 euro per i minori (7 euro sono integrati dallo Stato). I farmacisti dicono che il guadagno è limitato rispetto agli sforzi: Federfarma stima che oscilli tra uno e tre euro a tampone. Chi riesce a fare molti tamponi riesce ad avere buoni margini, ma i rappresentanti del settore dicono che l’impegno è comunque molto grande, specialmente per le farmacie più piccole e meno attrezzate. 

Indagato
L’ex commissario straordinario per l’emergenza COVID-19, Domenico Arcuri, è indagato dalla procura di Roma nell’inchiesta per l’importazione dalla Cina di 800 milioni di mascherine durante i primi mesi dell’emergenza coronavirus. Arcuri è accusato di peculato e abuso d’ufficio. Già alla fine del 2020 la procura aveva ipotizzato il reato di corruzione, ma al termine delle indagini i magistrati avevano chiesto l’archiviazione.
Assistenti familiari
Ci sono molti assistenti familiari che non sono vaccinati, molti di loro sono stranieri che lavorano in Italia e si prendono cura delle persone anziane e non autosufficienti. Migliaia di assistenti familiari, badanti e colf sono quindi sprovviste del Green Pass e le famiglie non sanno bene come fare, visto che dovrebbero valere anche per loro i controlli per poter lavorare.

Si stima che il problema riguardi tra i 500mila e gli 800mila assistenti familiari. Tra i rappresentanti delle associazioni che abbiamo consultato, è opinione condivisa che il governo italiano abbia pensato l’obbligo del Green Pass per le aziende trascurandone o sottovalutandone l’impatto in molti altri settori. Soprattutto i controlli sono pensati per chi ha un tipico rapporto di lavoro tra imprenditore e dipendente o dirigente dell’amministrazione pubblica e impiegato. Nel lavoro domestico, invece, le aziende sono le famiglie. Il rapporto tra datore di lavoro e dipendente è molto più stretto: molte e molti badanti diventano parte della famiglia.

Il sistema dei controlli studiato dal governo, inoltre, non tiene conto delle caratteristiche di un settore in cui il datore di lavoro è spesso una persona anziana che ha bisogno di assistenza costante. Molti anziani non hanno familiarità con l’utilizzo dello smartphone, indispensabile per controllare ogni giorno il Green Pass nei casi in cui il lavoratore non sia vaccinato e quindi occorra verificare la validità dell’ultimo test negativo.

Anche sulle conseguenze del mancato rispetto dell’obbligo non ci sono certezze. In una normale azienda il lavoratore rimane a casa senza stipendio, contributi e ferie. In molti casi, però, i lavoratori domestici abitano nella stessa casa delle persone che assistono. Hanno spostato lì la residenza e i loro effetti personali, ed è evidente come in questi casi il rapporto segua dinamiche diverse e più personali di quello tradizionale in azienda. Anche volendo licenziare un collaboratore non vaccinato, insomma, farlo può essere complicato per motivi personali e pratici. A che punto siamo
Nell’ultima settimana in tutte le regioni la percentuale di occupazione delle terapie intensive di malati gravi di COVID-19 è stata inferiore al 10 per cento, una delle soglie di allerta che vengono valutate per regolare il passaggio dall’area bianca a quella gialla (insieme alla percentuale di occupazione dei reparti e all’incidenza settimanale di nuovi casi ogni 100mila abitanti). 

Il grafico qui sotto mette a confronto l’andamento giornaliero nelle terapie intensive tra il 2020 e il 2021. Nonostante la variante delta, ormai prevalente in Italia e più contagiosa, l’andamento dei ricoveri in questi reparti è molto più contenuto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La differenza mostra soprattutto l’efficacia dei vaccini contro il coronavirus, che offrono un’alta protezione contro le forme gravi della malattia, un segnale piuttosto incoraggiante. Tanto che ci siamo vediamo rapidamente qualche altro dato. Nonostante il considerevole aumento dei tamponi, che ha ampliato le possibilità di individuare il virus anche tra le persone asintomatiche, l’andamento dei contagi sembra essere sotto controllo. Negli ultimi sette giorni sono stati trovati 18.802 nuovi casi di coronavirus, il 5,9 per cento in più rispetto ai sette giorni precedenti, ma con il numero dei tamponi eseguiti quasi raddoppiato.

Nell’ultima settimana il dato dei decessi – che comunque vengono comunicati a volte anche dopo settimane o mesi – è stato stabile rispetto ai sette giorni precedenti: ne sono stati segnalati 267, tre in più rispetto alla settimana dal 7 al 13 ottobre.

DAD continua
In quasi tutte le università italiane sono riprese le lezioni in presenza dopo un anno e mezzo di didattica a distanza, ma non a Ferrara: l’università ha deciso di confermare la DAD in molte facoltà fino alla fine del primo semestre.

Nelle ultime settimane gli studenti hanno chiesto più volte l’introduzione della didattica “mista”, in presenza e lasciando la possibilità di seguire i corsi anche da casa. La notevole prudenza di Unife, il nome con cui è conosciuta l’università di Ferrara, è considerata un’anomalia, soprattutto in seguito all’obbligo del Green Pass per gli universitari introdotto dal governo che ha permesso di riprendere ovunque le lezioni in sicurezza.

Unife ha scelto una modalità inusuale rispetto all’orientamento degli altri atenei: nelle facoltà di Medicina, Biotecnologie, Professioni sanitarie, Lettere, nella triennale di Economia, Scienze motorie e Farmacia le lezioni sono online, ma videoregistrate dai professori senza la possibilità di intervenire in diretta. Per dubbi o chiarimenti vengono organizzati incontri tra professori e studenti a cadenza quasi settimanale: sono stati chiamati “focus group”.

In una lettera inviata al rettore, le studentesse e gli studenti di Medicina e Chirurgia hanno spiegato che ​​a causa di questa organizzazione si sono ridotte le possibilità di confronto, dialogo e interazione con i professori e i compagni, ritenute «imprescindibili per la formazione sociale, professionale e prima di ogni altra cosa umana». Hanno lamentato anche la mancanza di una revisione degli esami come momento di apprendimento degli errori e la scarsa efficacia dei “focus group”, che spesso non seguono il programma delle lezioni e per questo risultano «dispersivi».

Il rettore Giorgio Zauli, che tra poche settimane lascerà il posto alla nuova rettrice Laura Ramaciotti, sostiene che le critiche siano ingiuste e strumentali perché considera innovativo il metodo adottato dalla sua università. E c’è anche una questione di spazi. Fiducia
In Russia poco più del 30 per cento della popolazione è completamente vaccinato (in Italia siamo al 75 per cento) e c’è una forte esitazione vaccinale, che potrebbe essere riconducibile soprattutto a una scarsa fiducia nei confronti del governo. Un sondaggio realizzato in estate aveva per esempio segnalato che il 52 per cento della popolazione non era interessato a vaccinarsi, mentre altri sondaggi hanno evidenziato come circa il 40 per cento dei russi non si fidi del proprio governo.

Negli ultimi giorni nel paese è stato registrato un aumento significativo dei casi positivi al coronavirus e di decessi dovuti alla COVID-19, numeri che potrebbero essere comunque sottostimati. Mercoledì 20 ottobre sono stati segnalati oltre mille morti e più di 33mila nuovi contagi, un incremento che insieme a quelli dei giorni scorsi ha indotto il governo ad approvare alcune nuove limitazioni, dopo mesi con pochissime restrizioni in buona parte del paese.

Con lo sviluppo di Sputnik V, la Russia era stato uno dei primi paesi a introdurre un vaccino contro il coronavirus, conducendo una sperimentazione che aveva coinvolto quasi da subito alcune fasce della popolazione. Le critiche e il processo di autorizzazione molto accelerato avevano contribuito al forte scetticismo nei confronti di questo vaccino contro il coronavirus, in un paese dove fino agli anni Novanta l’esitazione vaccinale era relativamente bassa: sotto l’Unione Sovietica le vaccinazioni contro varie malattie erano obbligatorie e non c’era molto spazio per rifiutarle.

Il presidente del Parlamento, Pyotr O. Tolstoy, ha criticato il governo per avere utilizzato un approccio «fate quello che vi diciamo» che non ha sortito gli effetti desiderati: «Sfortunatamente, abbiamo condotto un’intera campagna di informazione sul coronavirus in Russia in modo scorretto e l’abbiamo persa. Le persone non hanno fiducia nell’andare a farsi vaccinare, e questo è un fatto». Tolstoy è uno stretto alleato di Putin ed è raro che si esprima in modo così critico nei confronti delle attività governative.
  il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato che sarà imposto un lockdown di una settimana a inizio novembre, nel quale rimarrà chiusa la maggior parte delle attività lavorative. Le limitazioni potranno essere estese in alcune aree del paese, nell’ambito delle autonomie che mantengono i territori della federazione. (Dmitry Astakhov, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)
Cina
Il prodotto interno lordo (PIL) della Cina è cresciuto del 4,9 per cento nel terzo trimestre dell’anno (luglio-settembre 2021) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. È la crescita economica più bassa nell’ultimo anno: è inferiore rispetto alle attese – si prevedeva una crescita del 5,2 per cento – ed è una riduzione sensibile rispetto alla crescita economica dei due trimestri precedenti. È dovuto a una combinazione di fattori diversi: la crisi energetica, che ha provocato la sospensione e riduzione della produzione industriale, le politiche restrittive imposte dal governo cinese per il contenimento dei contagi, che hanno provocato ritardi nella catena di approvvigionamento e dunque nelle spese dei consumatori, e la crisi del mercato immobiliare.

Mecca
La Grande Moschea della Mecca, in Arabia Saudita, è tornata ad ospitare i fedeli al massimo della propria capacità e senza distanziamento fisico, dopo che nel corso della pandemia gli ingressi erano stati prima bloccati e poi contingentati per motivi sanitari. I visitatori dovranno essere però vaccinati e indossare le mascherine per tutta la durata della visita. La Ka’bah — l’edificio cubico nero situato al centro del cortile della moschea venerato da tutti i musulmani — rimarrà ancora transennata. La Mecca è la meta dell’Hajj, il grande pellegrinaggio che deve essere compiuto almeno una volta nella vita da ogni musulmano.

Stati Uniti
Alla fine della scorsa settimana il governo statunitense ha confermato che a partire dal prossimo 8 novembre tutte le persone che hanno completato il ciclo vaccinale contro il coronavirus potranno tornare a viaggiare liberamente verso gli Stati Uniti.

Scienza
In diversi articoli, analisi e libri pubblicati da ricercatori, divulgatori e giornalisti scientifici, durante la pandemia e anche prima, l’idea che la scienza sia un’attività “neutra”, basata su dati “empirici” la cui composizione e raccolta non siano condizionate dal contesto politico, sociale e culturale in cui l’attività di ricerca è realizzata, è stata descritta come un equivoco molto diffuso e, nella peggiore delle ipotesi, come una fonte di possibili alterazioni dei normali processi democratici e delle istituzioni.

Appellarsi alla scienza e alle “verità inconfutabili” che sarebbe in grado di produrre, sostengono molti autori e autrici di quelle analisi, è uno strumento retorico comune e un comportamento trasversale a molte parti politiche contrapposte che sfruttano una convinzione popolare per tentare di legittimare le loro azioni. È però un comportamento che rafforza un’idea molto parziale di scienza, nella misura in cui non tiene conto di un suo tratto essenziale, ossia che le conoscenze scientifiche non sono vere in astratto ma verificabili a partire dall’esperienza da cui sono ottenute, e che la possibilità di confutarle è parte integrante della loro definizione.

Soprattutto, trascura il fatto che la raccolta di dati empirici sia generalmente guidata da ipotesi e teorie a loro volta collegate ad attività di ricerca condizionate da altri fattori all’interno degli specifici contesti storici e sistemi di valori culturali in cui sono svolte.

Cosa c’è dietro l’idea che la scienza sia “neutra”.

Dieci
Prima di chiudere vi segnaliamo una novità: il prossimo 15 novembre inizierà il terzo ciclo delle “Dieci lezioni sul giornalismo” del Post, un corso per tutte e tutti, per conoscere meglio i giornali, l’informazione e per capire meglio le cose che ci succedono intorno.

Le Dieci lezioni sono l’occasione per noi di raccontare che cosa abbiamo imparato in questi 11 anni, fatti di notizie scelte, verificate, scritte e raccontate con articoli, newsletter come questa, video e podcast. 11 anni di approcci cambiati e continue riflessioni su come fare le cose.

Il corso sarà online, si potrà seguire in diretta (con la possibilità di farci domande in tempo reale, scrivendo) o in differita, riguardando le registrazioni delle lezioni. Ci faremo compagnia ogni lunedì e giovedì per cinque settimane, dalle 19 alle 20:30. Qui trovate altre informazioni, mentre per iscriversi si parte da qui.

Vi lasciamo con una storia matta di palloncini (e se non vi basta sempre in tema c’è anche questa). A giovedì prossimo, ciao!

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