
Letteratitudini parla di una bella pagina di storia: Federico II di Svevia – L’ imperatore che favorì l’incontro delle civiltà greca, latina e araba

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Nipote di Federico Barbarossa, Federico II fu considerato da alcuni una “meraviglia del mondo”, per altri fu invece l’Anticristo e per altri ancora il Messia venuto a riportare l’ordine di Dio sulla Terra. Per tutta la prima metà del 13° secolo, l’imperatore svevo si mosse con spregiudicatezza e inventiva in un complesso scenario politico, che egli influenzò fortemente e di cui fu protagonista per un cinquantennio. Il centro della sua politica fu il Regno di Sicilia e la sua corte a Palermo fu il luogo d’incontro delle culture cristiana, araba, ebraica e greca
La nascita
Federico nacque il 26 dicembre 1194 a Jesi, nelle Marche, dall’imperatore Enrico VI di Svevia e da Costanza d’Altavilla. Attorno al giovane erede, rimasto orfano di padre a tre anni e di madre a soli quattro, si scatenarono da subito insidiose manovre: chi controllava Federico, infatti, governava sul Regno di Sicilia. In previsione di ciò, la madre Costanza, morendo, aveva affidato la reggenza del regno e la tutela del figlio a papa Innocenzo III. Malgrado questo, però, furono i cavalieri tedeschi incaricati dallo zio di Federico Filippo, che allora regnava in Germania, a prendere in mano la situazione nel regno meridionale e a occuparsi del bambino.
L’ascesa al trono
Il papa Innocenzo III tornò a influire direttamente sulla vita dello Svevo solo qualche anno più tardi: nel 1208 lo dichiarò maggiorenne e nel 1209 ne combinò il matrimonio con Costanza d’Aragona. Mentre Federico tentava di affermare la sua sovranità sul regno, osteggiato da rivolte in Sicilia e Calabria, improvvisi sviluppi nella politica imperiale gli presentarono ben più vaste prospettive.
L’imperatore Ottone IV, infatti, rivendicando diritti sul Regno di Sicilia, discese in Italia. Con ciò provocò la reazione di quanti ‒ il papa, il re di Francia e molti principi tedeschi ‒ osteggiavano un’unione tra l’Impero e il regno italiano. Federico fu il loro strumento e nel 1211, quando ormai Ottone sembrava avere il controllo dell’Italia meridionale, un’assemblea di principi tedeschi, deposto Ottone, decise di invitare in Germania Federico per incoronarlo re dei Romani e designarlo con ciò alla successione imperiale. Federico intraprese il viaggio verso nord e, in tal modo, obbligò Ottone a interrompere la sua campagna militare e a fare altrettanto. A quel punto la Germania si trovò di fatto divisa in due blocchi: la parte meridionale obbediva a Federico, quella settentrionale a Ottone. Questi nel 1214 veniva però rovinosamente sconfitto da truppe anglo-francesi nella battaglia di Bouvines. Ottone rimase sul trono fino alla morte, nel 1218, ma assai indebolito perché dopo Bouvines fu chiaro che Federico aveva vinto la sua partita.
La crociata
Il 25 luglio 1215 lo Svevo venne incoronato re dei Romani ad Aquisgrana. In quella stessa occasione egli s’impegnò a bandire una crociata. Nulla seguì per anni ‒ era stato intanto incoronato imperatore a Roma nel novembre 1220 ‒ e un nuovo papa, Gregorio IX, nel 1227 lo colpì per ciò con la scomunica.
Federico fu costretto a partire, ma la sua fu un’impresa particolare: invece di combattere intavolò un lungo negoziato con il nemico, il sultano d’Egitto, ottenendo la consegna di Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e garanzie di movimento per i pellegrini. Durante le trattative si intrattenne in discussioni filosofiche e scientifiche con dotti musulmani, il che gli procurò critiche e accuse di miscredenza.
Federico e il Regno di Sicilia
Lasciata la Germania, che abbandonò sostanzialmente al suo destino, Federico si stabilì nel Regno di Sicilia, che egli si impegnò fortemente a trasformare. Riformò i tribunali e l’amministrazione del regno, riorganizzandone le strutture e creando nuove figure di funzionari. Emanò un’importantissima serie di leggi tra cui le Costituzioni di Melfi (1231), con le quali si sforzò di realizzare uno Stato organizzato e coerente che non prevedeva soltanto obblighi dei sudditi nei confronti del governo, ma anche dello Stato nei confronti dei sudditi. Era una novità assoluta e in molti hanno visto in lui il primo sovrano di stampo moderno. Federico stimolò anche l’economia del regno, intervenendo sulla struttura produttiva e cercando di rivitalizzare le città, alcune delle quali (Augusta e Altamura) fondò egli stesso. Nel 1224 Federico istituì a Napoli la prima università statale.
In lotta contro il papa…
Federico aveva contravvenuto da subito agli impegni presi col papa. Non solo la sua crociata era finita con un negoziato, ma egli non aveva nemmeno rinunciato, una volta divenuto imperatore, al Regno di Sicilia, così come gli era stato richiesto già da Innocenzo III. La tensione col papato toccò il limite di guardia in più occasioni. Nel 1241 Federico catturò al largo dell’isola d’Elba i prelati che intendevano raggiungere Roma per partecipare al Concilio generale indetto dal papa. Nulla poté invece fare per impedire un nuovo Concilio, che il pontefice Innocenzo IV volle per sicurezza a Lione, in Francia, nel 1245. Qui Federico fu accusato di spergiuro, rottura della pace, bestemmia ed eresia e l’assemblea deliberò la sua deposizione dal trono. Ma la decisione non ebbe alcun effetto pratico.
… e contro i Comuni italiani
Tali avvenimenti si intrecciavano con ciò che avveniva in Italia settentrionale, dove l’imperatore si scontrò con i Comuni che volevano preservare la propria autonomia dalle sue pretese di sovranità. A tal fine essi risuscitarono la Lega lombarda che s’era già opposta per gli stessi motivi a suo nonno, Federico I Barbarossa. Nel 1237 a Cortenuova Federico piegò la Lega, ma invece di cercare un accordo favorevole per le parti, cercò di imporre una resa incondizionata. La lotta allora riprese e questa volta al fianco dei Comuni si schierò anche il papa, che scomunicò per la seconda volta lo Svevo (1239). Federico conobbe l’amarezza della sconfitta: nel 1248, presso Parma, subì una grave disfatta; l’anno dopo i Bolognesi catturarono a Fossalta Enzo, figlio prediletto dell’imperatore (morto prigioniero nel 1272).
La corte
La sete di sapere spinse Federico II a ospitare presso la sua corte importanti personalità della cultura. Alla sua iniziativa si devono le traduzioni di opere della tradizione filosofica greca e araba fino allora sconosciute, in particolare quelle di Aristotele. Federico ebbe poi rapporti col celebre matematico Leonardo Fibonacci, con dotti ebrei, arabi e greci. Personalità di rilievo attiva al suo fianco fu quella di Pier delle Vigne, che fu suo stretto collaboratore e portavoce. Nel suo trattato sulla caccia col falco, l’imperatore dimostrò uno spiccato interesse naturalistico. Favorì la scuola poetica siciliana ed egli stesso compose poesie amorose. Collezionò sculture e cimeli antichi e si fece riprodurre copie di opere del passato; inoltre seguì personalmente il progetto della Porta di Capua, un monumento ricco di riferimenti all’antichità romana, che, all’ingresso del Regno, doveva testimoniare i valori cui si ispirava la sua monarchia. Negli augustali, monete d’oro che egli mise in circolazione nel 1231, Federico era raffigurato coronato d’alloro come gli imperatori romani. Sviluppò nel regno una rete di castelli, per esigenze di controllo ma anche per favorire i suoi svaghi, come la caccia: il più celebre è Castel del Monte, presso Bari, dalla singolare pianta ottagonale.
Anticristo o Messia
Dagli inizi degli anni Quaranta attorno a Federico si era creata una leggenda negativa che lo aveva identificato quale nemico di Dio, l’Anticristo da combattere con ogni mezzo. Sul versante opposto vi era invece chi vedeva in lui il Messia, inviato sulla Terra da Dio a riformare la Chiesa corrotta così come, con altri mezzi, aveva tentato di fare Francesco d’Assisi. In realtà Federico coltivò forme di autentica devozione religiosa e in nessun momento mise in discussione l’istituzione papale. Ne contestò però con forza il primato rispetto all’impero.
L’imperatore morì mentre cercava di reagire alle disfatte subite in Italia settentrionale. La fine avvenne nel suo luogo di soggiorno preferito, Castel Fiorentino (presso Foggia), il 13 dicembre 1250. La salma fu portata a Palermo e collocata in un sarcofago nella cattedrale. Nel suo testamento designò il figlio Corrado come erede e, nell’attesa dell’arrivo di questi dalla Germania, il figlio naturale Manfredi come reggente.
Morto Federico, i suoi nemici ebbero il sopravvento e gli Svevi persero quel Regno di Sicilia che aveva conosciuto un periodo di così vivido splendore.

Federico II di Svevia, un uomo diverso ed autentico, inconsueto ed originale, una figura fuori dagli schemi: un programma, una progettualità che equivalevano a dire innovazione. Volle fare dell’Italia tutta il centro della sua grandezza e del suo potere, seguendo un patto di pacificazione e concordia.
Federico II aspirava a riunire l’Italia sotto un solo principe, una sola forma di governo e una sola lingua; e tramandarla a’ suoi successori potentissima fra le monarchie d’Europa. (Ugo Foscolo)
Federico Ruggero Costantino di Hohenstaufen, nato a Jesi il 26 dicembre del 1194, re di Sicilia, duca di Svevia, re di Germania, imperatore del Sacro Romano Impero, re di Gerusalemme, è uno di quei personaggi della storia le cui gesta hanno avuto un impatto talmente forte da modificare lo scorrere degli eventi, incidendo sul destino del mondo nella sua interezza.
Insensati come siamo, noi vogliamo conquistare tutto, come se avessimo il tempo di possedere tutto. (Federico II)
Il suo amare enormemente il mare e il sole gli proveniva probabilmente da quella nota tedesca che di sicuro contornava il suo carattere, fu anche per questo che, con lungimiranza e perspicacia, e quando venne il tempo, decise di stabilirsi nel Regno di Sicilia, in quel Sud Italia che durante gli anni del suo governo divenne uno dei luoghi più affascinanti e progrediti della penisola e del mondo occidentale. Promosse l’arte e l’edificazione di importanti edifici, fondò università, diede un forte impulso agli studi giuridici, si dedicò alla scienza e alla filosofia, fece tradurre scritti arabi e greci, ebbe ad avvalersi di intellettuali di ogni lingua e religione, si interessò ad ogni settore della conoscenza umana. Non disdegnò gli hobby, lodava e praticava infatti l’arte di andare a caccia con il falcone.
Federico II di Svevia fu un uomo diverso ed autentico, inconsueto ed originale, una figura fuori dagli schemi a lui coevi: una singolarità, congiunta alla sua tempra irruenta e poliedrica, che lo resero, e lo rendono ancor oggi, una vera e propria leggenda, una sorta di imperatore immortale.

La fortuna dello stupor mundi ebbe a cominciare quando il nonno, l’imperatore Federico I detto il Barbarossa, portò a compimento con successo la sua politica matrimoniale: al figlio Enrico, il futuro Enrico VI (1165-1197), andò in sposa Costanza d’Altavilla, ultima erede legittima del Regno Normanno di Napoli e Sicilia (1186). Da questa progenie, dunque, il fanciullo riunì nella sua persona l’eredità delle due famiglie regnanti che dall’XI secolo avevano scalato i vertici della nobiltà europea, gli Svevi e il casato normanno degli Altavilla. Federico, inoltre, per merito dei nonni, Federico e Ruggero, poté fare sfoggio di legami di parentela con le famiglie principesche di tutta Europa. Enrico VI riunì sotto la sua corona il trono di Germani e di Sicilia, includendo, in altri termini, l’Italia meridionale all’Impero: alla morte dei genitori, il piccolo Federico, affidato alla tutela di Innocenzo III, si ritrovò improvvisamente, e alla sola età di 3 anni (1198), re di Sicilia, duca di Puglia e principe di Capua, e di lì a poco, anche re di Germania ed imperatore (1220).
La successione fu questione assai complessa. Il papa Innocenzo III influiva esplicitamente sulla vita dello di Federico: nel 1208 lo dichiarò maggiorenne e nel 1209 ne combinò il matrimonio con Costanza d’Aragona. Nel frattempo che Federico provava ad affermare la sua sovranità sul regno, ostacolato da tumulti in Sicilia e Calabria, repentini sviluppi nella politica imperiale gli mostrarono ben più ampie prospettive. Alla morte di Enrico VI, infatti, si era riaperta la partita tra i Guelfi e i Ghibellini, tra la casata di Baviera, rappresentata da Ottone di Brunswick (1175-1218), e quella Sveva. Ottone ebbe in un primo momento i favori di papa Innocenzo III (1198-1216): i pontefici temevano la probabilità di un unione tra le corone del Nord (Germania, Italia e Impero), con quella di Sicilia, che avrebbe così cinto i domini della Chiesa allora in via di consolidamento. Innocenzo III decise così di incoronare imperatore Ottone, divenuto Ottone IV nel 1209.
Ben presto però il nuovo imperatore cominciò a rivendicare non solo la corona di Sicilia ma anche alcuni possedimenti della Chiesa, spingendo il papa a scomunicarlo e a designare al suo posto Federico, ormai divenuto maggiorenne e pienamente padrone del regno meridionale. Sconfitto nella battaglia di Bouvines in Francia (1214), Ottone fu deposto (1215) e Federico II lo sostituì nel 1220 dopo aver fatto numerose concessioni ai principi tedeschi e, soprattutto, essersi impegnato a mantenere divise la corona imperiale e quella di Sicilia. (Cattaneo, Canonici, Vittoria)
Il suo programma e la sua progettualità equivalevano a dire innovazione. Volle fare dell’Italia tutta il centro della sua grandezza e del suo potere, seguendo un patto di pacificazione e concordia. Lasciò in secondo piano il Regno tedesco dove i principi, negli anni della sua assenza, riuscirono a consolidare i loro poteri territoriali riuscendo a conseguire nel 1232 il riconoscimento di prerogative regie come battere monete, costruire città, castelli, strade, riscuotere dazi e amministrare la giustizia.
Ben diversa fu la politica nel Regno di Sicilia, dove operò con forza per dar vita ad un ordinamento centralizzato, che ricondusse alla Corona il controllo del commercio, il monopolio di alcuni settori artigianali, il diritto di costruire fortezze, di nominare amministratori delle città. La promulgazione delle Costituzioni di Melfi (1231), raccolte nel Liber Constitutionum Regni Siciliae, diede l’ossatura alla sua organizzazione statale: tali leggi, che si rifacevano ai codici legislativi normanni, concentrarono il controllo fiscale, amministrativo e giudiziario nelle mani dei funzionari regi sottraendolo, ove fosse possibile, agli ecclesiastici e ai signori feudali.
Non sminuiamo per nulla l’autorità degli antichi sovrani se produciamo nuovo diritto secondo le esigenze dei tempi nuovi, traendolo dal grembo nostro e della natura e degli antichi e se troviamo rimedi nuovi per abusi nuovi. La dignità dell’altezza imperiale ha infatti come sua specifica e necessaria funzione proprio questo: assumere ogni giorno nuove decisioni con le quali premiare virtuosi e colpire senza tregua, con i colpi delle pene, i viziosi, se a causa dei cambiamenti delle situazioni e dei tempi non sembri ai più bastare la legge antica per sradicare vizi e seminare virtù.
In campo economico, Federico contrasta nelle maggiori città del Regno il fenomeno dell’usura, come a Napoli e Bari, dove vi erano quartieri ebraici in cui si svolgevano attività di prestito di denaro con restituzione di interessi. Fu così che ricondusse le attività economiche degli ebrei sotto il controllo pubblico, accordando però agli ebrei protezione, imparziale giustizia e garanzia di diritti, come a tutti gli altri sudditi del Regno.

Lo stupor mundi et immutator mirabilis fu protagonista di uno dei periodi più grandiosi, affascinanti e oscuri della storia dell’Occidente, lo visse come un precursore dell’uomo nuovo, un sovrano rinascimentale, un mecenate, che lasciò in eredità alla nostra, ed anche sua, Napoli un’eredità culturale tra le più importanti d’Europa, l’università. Già la Sicilia era da tempo luogo di incontro di civiltà differenti, che parteciparono alla grandezza del Regno. La corte di Palermo fu, in quegli anni, una delle più luminose d’Europa per le lettere, per le arti e le scienze; in essa coesistevano uomini di cultura occidentali, ebrei, greci e arabi (consiglieri del sovrano e sua guardia imperiale). Uomo di cultura e scrittore (si pensi al trattato di caccia De arte venandi cum avibus, ricco di osservazioni di tipo naturalistico e sul comportamenti degli uccelli), fu piuttosto sensibile alla problematica dell’istruzione. Avvertendo la mancanza di una struttura universitaria in grado di competere con quelle dell’Italia settentrionale e del resto d’Europa, Federico prende una decisione: i migliori cervelli del regno, i suoi principali collaboratori, dovevano formarsi al suo interno e distanti dall’ala invasiva della Chiesa, detentrice, al tempo, del monopolio sull’istruzione.
Un’istruzione laica, come intimamente laico si sentiva Federico. Il luogo scelto è Napoli, «dove i costumi sono per tutti benevoli e dove esiste la facilità di trasporti, per terra e per mare, di tutto il necessario alla vita degli uomini». La vicinanza con la Scuola Medica di Salerno fu un ulteriore vantaggio. Nell’atto di fondazione … stilato a Siracusa in data 5 giugno 1224 e indirizzato a tutte le autorità civili e religiose del Regno di Sicilia, Federico assicura agli studenti condizioni redditizie: presenza di tutte le discipline e di famosi magistri … accordi con le locande … prestito dei libri di testo. (G. Liccardo)
All’istruzione gestita dagli ordini monastici si contrappose un primo tentativo di istruzione profana. Laica, ma non atea: del resto Tommaso d’Aquino, insigne dottore della Chiesa, compì i suoi studi proprio nell’ateneo napoletano. Federico, distintosi per la sua lungimiranza nella cultura e nella ricerca all’interno del proprio Regno, armatosi di autorevolezza e coerenza, può dirsi una figura decisamente “moderna”.
Dopo aver allestito la VI crociata, essere stato incoronato re di Gerusalemme, dopo i diversi contrasti prima con i comuni della Lega Lombarda, poi con papa Gregorio IX e i principi tedeschi, Federico II morì improvvisamente la notte del 13 dicembre 1250 nel castello svevo di Fiorentino di Puglia; aveva ricostruito l’impero, orchestrato il primo Stato centralizzato, imbrigliato le brame temporali della Chiesa e, soprattutto, ammaliato il mondo intero con la naturalezza con cui aveva compiuto le sue opere.
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