FESTA DELLA DONNA: EVENTO DI LETTERATITUDINI MARZO 2020 RIMANDATO A DATA DA DESTINARE
Cancello ed Arnone (Redazione) – La festa della donna del 2020 è trascorsa, diciamolo pure, sottotono, eventi sospesi e rimandati a date da destinare, serate annullate, tante persone che, con giudizio, hanno preferito trascorrere una giornata casalinga nel seno della propria famiglia, in tranquillità e lontano da eventuali problematiche di contagi.
Tuttavia oggi è comunque la giornata internazionale della donna ed ogni donna ha il diritto/dovere di festeggiarsi, farsi onore, celebrare la propria festa e solennizzare alcune donne che hanno saputo fare la STORIA.
Ecco, quindi, perché vogliamo segnalare, oggi 8 marzo, 8 donne nella storia campana che hanno fatto la differenza.
In effetti, presentiamo 8 donne che hanno lasciato il segno nella storia della nostra terra entrando così nella leggenda: sante e regine, martiri e rivoluzionarie, pittrici e poetesse, scrittrici e filosofe.
Le nostre donne con la loro femminilità e le loro capacità sono entrate e sono esse stesse leggenda e culto, donne cristiane, regine pie, passionali o sventurate, donne angioine, aragonesi, vicereali, tra potere e politica, donne borboniche, donne martiri e repubblicane, donne francesi, di casa Savoia, principesse di Napoli. E come se non bastasse, donne della Riforma, benefattrici, pittrici, illuministe, poetesse, scrittrici e filosofe, donne di spettacolo.
Quanta femminilità ha espresso nel corso della sua storia la nostra terra, con diverse personalità, partendo da differenti status sociali, economici e culturali, le donne campane sono sempre state parte attiva della nostra società.
Ho scelto così otto donne che hanno lasciato un segno e un ricordo indelebile nella storia campana, solo otto, ma ne sarebbero potute essere molte di più. Attenzione alla sorpresa finale.
Giulia Gonzaga
Julia Gonzaga, che dovunque il piede
volge, e dovunque i sereni occhi gira,
non pur ogn’altra di beltà la cede,
ma, come scesa dal ciel dea, l’ammira.
(Ariosto L.)
Nacque nel 1512 dai marchesi di Mantova, ramo Sabbioneta, bionda, bella, a 13 anni andò in sposa a Vespasiano Colonna, gran feudatario del Regno di Napoli, che la lasciò erede del suo patrimonio a patto che non si fosse risposata. La sua bellezza e la sua intelligenza furono cantate da Torquato Tasso e Ludovico Ariosto. La fama di tanta bellezza giunse persino al pirata turco Barbarossa, che, con l’intenzione di farne dono al Sultano per il suo harem, tentò di rapirla dal castello di Fondi, con una violenta incursione. Durante il suo soggiorno napoletano le capitò di ascoltare una predica di Ochino rimanendone sconvolta. Aderì allora alle teorie di Juan de Valdés, teologo e riformatore spagnolo, pur continuando a riconoscere l’autorità della Chiesa e a considerarsi una buona cattolica. A contrastare i venti di Riforma ecco Gian Pietro Carafa, futuro papa Paolo IV e fondatore dell’Inquisizione romana, che, nominato arcivescovo di Napoli, diede caccia spietata agli eretici. Ritiratasi in convento senza prendere i voti riuscì a non essere mai condannata, a differenza del suo amico Pietro Carnasecchi, decapitato per aver aderito alle sue stesse dottrine. Giulia morì il 19 aprile 1566, scampando così al rogo che le aveva promesso Paolo V, dopo aver scoperto dell’eretico carteggio tra lei e il Carnasecchi.
Vittoria Colonna
Dotata di grande cultura sia umanistica che italiana, fu tra le figure più stimate tra i letterati del Rinascimento; il
Bembo e il Castiglione ebbero per lei e la sua poesia grande ammirazione e devozione. Nacque nel 1490 a Marino e morì a Roma nel 1547. Visse soprattutto a Roma e Napoli. Nel 1530 a Napoli intesse strette relazioni con Giulia Gonzaga, cugina acquisita, e Isabella Bresegna. Seguì le dottrine valdesiane e le prediche di Ochino contro la corruzione dei costumi clericali, oltre a sostenere la causa dei Cappuccini, molto più vicini alla purezza francescana. La fuga di Ochino dall’Inquisizione pesò sull’animo della donna, che si sollevò solo grazie al conforto spirituale del cardinale Reginald Pole, a sua volta accusato di eresia. Nei sonetti di Vittoria c’è molto del pensiero luterano.
Vittoria ebbe il piacere di conoscere Michelangelo nel 1538, la loro amicizia durò per sempre. Egli ne fu molto influenzato durante la realizzazione del Giudizio Universale, e per lei conseguì espressamente tre disegni, La Samaritana al pozzo, una Pietà, una Crocifissione.
Orsola Benincasa
Discendente dei Benincasa di Siena, nacque a Napoli il 21 ottobre 1550. Fu un personaggio piuttosto significativo nel panorama religioso della Napoli della Controriforma. Fin dalla sua gioventù avvertì la vocazione per la preghiera. Non ammessa in convento, decise di vivere da religiosa in casa. Nel 1581 si trasferì con alcune compagne sul Monte Sant’Elmo, da allora la sua vita fu segnata continuamente dalle estasi mistiche. Con il benestare di papa Gregorio XIII e di Filippo Neri, fondò a Napoli la Congregazione della Santissima Concezione di Maria. Nell’educandato accanto al convento vi entravano le giovani delle migliori famiglie, mentre nella sua casa andarono in visita gli uomini illustri del tempo. Istituì anche l’Eremitagio Romite Teatine dell’Immacolata Concezione, per coloro che aspiravano alla vita contemplativa. Morì il 20 ottobre 1618.
Il convento è oggi sede dell’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa che occupa 35.000 m2 e include due chiese, chiostri, giardini e le vestigia degli antichi monasteri che risalgono alla sua fondatrice.
Donn’Anna Carafa
Anna Carafa
Dal 1503 al 1707 furono molti i viceré spagnoli che si avvicendarono al governo, e molte le viceregine. La più celebre fu la napoletana Donn’Anna Carafa, moglie del viceré Ramiro de Guzmán, duca di Medina di Las Torres, che tenne la carica dal 1637 al 1644. Anna, figlia del principe Carafa di Stigliano, altera e bionda, ricca e di bell’aspetto, considerata la prima dote d’Europa, fu chiesta in sposa dai più potenti principi italiani e stranieri. Nel 1636, infine, sposò il Medina. Passò alla storia per aver ereditato la villa “La Sirena” a Posillipo, che risaliva all’epoca degli ultimi aragonesi, e su cui si narrava vigesse un maleficio. Fu dato incarico all’architetto Cosimo Fanzago di elevare al suo posto un fastoso palazzo. Egli progettò il bellissimo e scenografico palazzo a mare a forma quadrata, ricco di portici, di logge, di giardini pensili. L’edificio sebbene incompiuto, fu scenario di sontuosi ricevimenti.
Donn’Anna, separata dal marito tornato in Spagna, oggetto di contrastanti pettegolezzi, morì il 24 ottobre 1645 nella sua villa di Portici.
Eleonora Pimentel Fonseca
Il regno non è patronato … è amministrazione e difesa dei diritti pubblici della nazione, conservazione e difesa dei diritti privati di ciascun cittadino.
La Rivoluzione del 1799 fu figlia dei migliori ingegni illuministi e generosi di questa terra, precettori dell’idea di nazione e sostenitori dell’eguaglianza dei diritti dei cittadini e delle necessità di migliorare le condizioni della plebe e di istruirla. Provenienti dall’aristocrazia o dalla ricca borghesia, lottarono contro i loro stessi interessi di casta rimanendo vittime, oltre che della tirannia regia, dello stesso popolo per il cui riscatto si erano immolati: tra questi martiri, perseguitati ed esiliati, anche Eleonora.
Nacque a Roma il 13 gennaio 1752 da genitori portoghesi di antica nobiltà e grande cultura, fanciulla si trasferì a Napoli, ove ricevette un’aperta e accurata educazione, letteratura, lingue antiche, scienze, politica. Intelligente, versatile, fu letterata, studiosa di scienza e poetessa di corte. Inizialmente ben vista dai monarchi, che ne gradirono la difesa dei propri diritti nei confronti della Chiesa, assegnandole addirittura una pensione, se ne allontanò poi ideologicamente visti i metodi sempre più assolutistici della corte: le simpatie ora si rivolgevano alla Francia rivoluzionaria, della quale inneggiava i principi di progresso civile, gli ideali moderati e non violenti. Arrestata per sospetto patriottismo nel ottobre 1798, fu poi liberati dai suoi compagni quando i re fuggirono e i francesi erano alle porte. Marciò su Castel Sant’Elmo, dove sugli spalti fu issata la bandiera tricolore: il 21 gennaio 1799 venne proclamata la Repubblica, due giorni prima dell’arrivo dei francesi. Fondò il Monitore napoletano, da lei diretto, giornale politico voce della Repubblica. La fine dell’esperienza repubblicana, segnò il suo arresto e la sua condanna per impiccagione, il 20 agosto lasciava questo mondo una tra le migliori personalità della nostra storia partenopea.
Matilde Serao
La prima vera giornalista italiana, nacque a Petrasso nel 1856 da padre esule in Grecia e da madre greca. Dal 1860 fu a Napoli, frequentò la Scuola Normale, lavorando dapprima ai Telefoni dello Stato, per poi dedicarsi alla letteratura e al giornalismo. Da redattrice del quotidiano Capitan Fracassa, e dopo il matrimonio nel 1885 con Eduardo Scarfoglio, giunse a fondare, con suo marito, il Corriere di Roma, di cui diresse l’intera redazione, poi il Corriere di Napoli, nel 1892 Il Mattino. Poi in seguito alla separazione dal marito fondò da sola il quotidiano Il Giorno e diresse il settimanale letterario La Settimana. Si impegnò con passione anche all’attività letteraria: Il ventre di Napoli (1884), Il paese della cuccagna (1891), solo per dirne alcuni. La produzione della Serao ha la grande capacità di ritrarre l’immagine più vera e dolente della popolazione napoletana dei suoi anni. Morì nel 1927 a Napoli. Croce disse di lei: La Serao è tutta osservazione mossa da sentimento.
Sophia Loren
La celebre diva italiana nasce a Roma il 20 settembre del 1934, ma cresce a Pozzuoli. Comincia la sua carriera cinematografica recitando in parti di popolana, come in Carosello napoletano (1953) di Ettore Giannini, L’oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica e La bella mugnaia (1955) di Mario Camerini, e poi a Hollywood al fianco di star come Cary Grant, Marlon Brando, William Holden e Clark Gable. Giunge presto alla fama mondiale coniugando la sua prorompente bellezza alla sua indubitabile bravura, ottenendo alcuni tra i premi più ambiti del settore: la Coppa Volpi nel 1958 per Orchidea nera di Martin Ritt e l’Oscar e il premio per la migliore interpretazione a Cannes per La ciociara (1960) di Vittorio De Sica. Nel 1991 arrivano l’Oscar, il César alla carriera e la Legion d’Onore. Dal 1980 parzialmente ritiratasi dai set cinematografici, si volge alla televisione. Interpreta così, tra gli altri, il biografico Sophia: la sua storia di Mel Stuart e il remake di La ciociara (Dino Risi, 1989).
Concludiamo con la donna per eccellenza della nostra terra, si torna all’origine, ci si rifà al mito, quando la fondazione di una città esprime una forte femminilità.
La Sirena Partenope
La narrazione delle origini di Napoli e del suo stesso nome si fonde con il mito e la poesia legate alla figura della Sirena Partenope, una delle Sirene che, dall’alto di scogli coperti di ossa imbiancate dal sole, con il loro canto furono la disgrazia dei naviganti di passaggio e vanamente tentarono di ammaliare anche Ulisse. Tradizionalmente si contano tre sirene: Ligeia, dalla voce d’oltretomba, Leucosia, la bianca creatura, e Parthenope, dal volto verginale. Facevano parte del seguito di Proserpina, quando questa fu rapita da Plutone. Giunone allora le castigò dando loro un corpo di uccello. Conservarono volto femminile e voce umana per incantare le orecchie dei naviganti con canti melodiosi e perfidamente ingannevoli.
Sconfitte da Ulisse furono condannate a gettarsi in mare per lasciarsi morire. Il corpo di Partenope dagli scogli fronte Positano fu spinto dai flutti sull’isolotto di Megaride, ove, raccolto dagli abitanti locali, gli fu dedicato un sepolcro, e le furono tributati onori, cerimonie, sacrifici, giochi ginnici e fiaccolate. Il villaggio tra Megaride e Pizzofalcone, nei pressi del Sebeto, prese così il suo nome.
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