IL GIORNALISTA FRANCO PRESICCI RECENSISCE IL LIBRO DI MATILDE MAISTO “HO BISOGNO DI SOGNARE”

L’amore non è un albero spoglio, una stanza senza luce, un sentiero senza rumori di passi. L’amore non è il mare infuriato che urlando fa ballare le navi. L’amore è  comunione di anime, universo percorso tra slanci e passioni, sguardi che s’incrociano e si penetrano, cuori che battono all’unisono, che camminano insieme, si reggono a vicenda su sentieri sassosi, accidentati, che godono insieme albe e tramonti, affrontano insieme dolori e felicità. A proposito di questa, nella prima pagina del libro “Ho bisogno di sognare” di Matilde Maisto, donna deliziosa e versatile, leggo: “Renditi conto che la ‘Vera Felicità’ è dentro di te. Non perdere tempo e non fare sforzi inutili per cercare soddisfazione, gioia e serenità nel mondo esterno. Ricordati che la felicità non consiste nell’avere, ma nel dare. Porgi una mano. Condividi, Sorridi, Abbraccia. La felicità è un profumo che non puoi versare sugli altri, senza ritrovartene qualche goccia addosso”. L’amore vive del profumo dei fiori. L’amore è un giardino con mille colori. Un amore vero non finisce mai. E se finisce, perché non gli si dà nutrimento, lascia vittime e drammi che possono durare una vita.

  Il libro, che si legge con piacere, si apre con una poesia: “La mia vita senza te”: “Non posso immaginare/ la mia vita senza te/ Sei tu/ passato, presente, futuro/ Sei/ l’amore l’amico, l’amante/ Sempre tu/ la mia salvezza, la mia speranza/ Solo tu sei capace/ di viziarmi, sgridarmi, ed amarmi! / Dovessi campare/ altri cent’anni, solo tu sarai il mio compagno”. E’ questo l’amore. Una coppia che si scioglie non ha bevuto un solo sorso d’amore. Qualcuno ha scritto che la bellezza salverà il mondo. E l’amore è bellezza. L’amore semina le pagine di Matilde, semplici, spontanee, agili, brillanti, scorrevoli come l’acqua di un ruscello. In questi racconti brevi la giornalista Matilde Maisto, rivelatasi anche scrittrice, snida sentimenti profondi, cerca di conoscere se stessa e il mondo che la circonda, fatto di asprezze, malevolenze, ingorghi; un mondo che rotola verso l’irreparabile: una stoffa lacerata difficile da ricucire.    Matilde racconta le disavventure, le cadute, le risalite, i risvegli, le sconfitte, le vittorie. Dà sfogo alla fantasia e ne esce sfogliando scampoli di vita reale, quotidiana. L’amore alimenta le varie vicende e lega le une alle altre, piene di eventi positivi che l’egoismo e il menefreghismo, l’avidità, l’affarismo  non hanno potuto dissolvere: l’abnegazione, il volontariato, la grandezza di uomini che anche di notte si piegano verso il barbone accosciato su una  coperta logora e sporca, un telo o un pezzo di cartone per offrigli un piatto di minestra calda. Raffaele Raimondo, autore della prefazione, ha scritto che l’amore illumina queste pagine. E’ vero. L’amore per il prossimo, per la casa, la famiglia, il lavoro… Il desiderio di raccontarsi senza peli sulla lingua è forte in Matilde. Durante un ritorno a casa, il figlio Luca che l’accompagna le dice: “Mamma tu sei la persona che io adoro di più al mondo, sei capace di fare tante cose quando vuoi, prendi iniziative di ogni genere, sei veramente un’ottima madre, io ti voglio tutto il bene del mondo, ma lasciati dire che alcune volte saresti capace di annegare in un bicchier d’acqua. Mi puoi spiegare perché hai paura di tutto…?  Hai paura se sono fuori di sera, finanche quando Elisa esce al mattino per andare a scuola…”. E lei ascolta in silenzio riconoscendo la verità di queste parole. Parole d’amore qui riportate senza enfasi. Come se le immortalasse in un diario. “io non desidero scrivere le mie memorie e neppure un capolavoro della letteratura italiana, ma solo una storia vera, la storia vera di una persona comune che non ha fatto nulla di eccezionale, se non vivere una vita quotidiana con alti e bassi, con amori e odi, con giornate serene e giornate tumultuose, con grinta e apatia, con allegria e tristezza, ed a volte in povertà”. Esempio di umiltà da indicare a tanti saputi.

   Da un racconto all’altro, Matilde si confessa, schietta, chiara, trasparente come il vetro di una finestra. Ecco Gianni, il compagno di sempre, conosciuto all’età di 15 anni, quando frequentava il primo anno della scuola superiore, nella stessa classe. “Tra noi sbocciò un amore dolcissimo, ricco di emozioni, incertezze, rossori, vergogne, gioie infantili, malinconie, sorprese che via via diventavano sempre diverse…”. E’ il momento dei ricordi di tempi lontani, ai quali Matilde si abbandona sognando. Eccolo l’amore, quello autentico, durevole, che non teme il freddo, la burrasca, il buio, il vento che fa guasti e rumori.  E si susseguono i ricordi, che coinvolgono e fanno sognare chi legge. La mamma: “un fuocherello scoppiettante nel camino, un vecchio candelabro con delle candele accese, tre sorelline rannicchiate accanto alla madre con gli occhiali sulla punta del naso legge loro storie…”. La campagna, le fatiche, i personaggi, l’atmosfera: “L’odore del fieno appena falciato, covoni di grano bene ammonticchiati… Quella della trebbiatura era la giornata più bella dell’anno per i contadini della zona… Poi, a una certa ora, mio fratello Mincuccio prendeva la tromba e suonava il silenzio”. Bisognava andare a dormire. La vendemmia: “Due ragazzine giocavano e si rincorrevano tra filari stracolmi di succosa uva nera, minuscoli chicchi dolci e profumati”. Allora fluiscono i miei ricordi personali: le terre dissanguate dall’emigrazione: le donne che sostituivano i mariti, lontani a cerca pane, nei campi, tenendo a bada i figli piccoli che non potevano lasciare soli a casa. Gli attrezzi usali con competenza: il “tubo” per aspergere lo zolfo sui pampini e sull’uva per neutralizzare l’oidio; l’arnese per la potatura; il coltello ricurvo necessario per vendemmiare; i cesti stracolmi di grappoli da portare nel palmento; la pompa per irrorare le viti di solfato di rame per combattere la peronospera …    Matilde induce a sognare, a rinverdire il passato. Promesso: lo rileggerò questo bel libro, addirittura qua e là poetico. Toccanti la storia del Natale, del padre, i versi dedicati alla sorellina: “Corri, piccola stella/ corri incontro al tuo futuro/ brilla più che puoi/ e fai vedere al mondo quanto vali/ questo mondo di cui/ lacrima per lacrima/ ti guadagnerai/ un pezzettino in più ogni giorno” . Lacrime e lacrime: sono un mare quelle che i buoni versano per vivere in pace. Bravissima, grande Matilde. Per te ho fatto un’eccezione: ho letto il libro su Internet.

                                                                                         Franco Presicci

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