Il grande problema della scuola  – Sul Coronavirus, dal Post

Tra quarantene e isolamenti, le regole per le scuole sono complesse, hanno tempistiche difficili da rispettare e stanno avendo non poche conseguenze sulle famiglie. La situazione è insostenibile in molte regioni e da giorni dirigenti scolastici, sindacati e genitori chiedono al governo correzioni urgenti, soprattutto per semplificare le regole in modo da renderle applicabili con maggiore facilità.

In varie occasioni il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha detto che mantenere le scuole aperte è una priorità per il suo governo e da questa è derivata la scelta, apprezzata da molti, di non chiudere le scuole e di provare a limitare il più possibile la didattica a distanza o la sospensione delle lezioni. L’attuale ondata dovuta alla variante omicron ha però reso in breve tempo poco adatte le regole che aveva deciso il governo, con conseguenze in buona parte dei gradi di istruzione.

Nelle scuole d’infanzia e negli asili nido le attività vengono sospese e i bambini tenuti in quarantena per 10 giorni se nella classe viene rilevato un caso positivo. 

Nelle elementari l’attività prosegue anche con un caso positivo, ma tutti gli alunni devono sottoporsi a un tampone antigenico e ripeterlo dopo cinque giorni. Se si rivelano due o più positivi, la classe procede con la didattica a distanza per dieci giorni.

Nelle scuole medie e superiori ci sono differenze a seconda che gli studenti siano vaccinati o meno. Un solo positivo porta all’autosorveglianza: si prosegue in presenza e con obbligo di impiego delle mascherine FFP2. Con due casi positivi si passa alla didattica a distanza per 10 giorni per gli studenti senza dose di richiamo del vaccino, per chi ha completato il ciclo vaccinale da più di 120 giorni e per chi è guarito dalla COVID-19 da più di 120 giorni. Nel caso di almeno tre casi positivi in classe, si procede con la didattica a distanza per 10 giorni.

Nella pratica le cose funzionano però diversamente. Nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido, le quarantene delle classi sono spesso continuative perché non sono rari i casi in cui vengono trovati positivi diversi bambini a qualche giorno di distanza l’uno dall’altro. La classe deve andare in quarantena di dieci giorni in dieci giorni, con il rischio di rimanere a casa per settimane. Conseguenze simili e a volte anche più complicate per le famiglie che hanno più figli.
Inoltre quando uno studente è positivo, i compagni devono fare il tampone, ma un nuovo caso positivo viene considerato collegato al primo solo se il test avviene entro 48 ore, una scadenza che difficilmente viene rispettata a causa della saturazione del sistema di tracciamento. Se si superano le 48 ore, il nuovo positivo diventa un caso a sé stante nonostante sia stato trovato nella stessa classe.

Le aziende sanitarie, sotto forte pressione a causa della grande quantità di casi in questo periodo, non riescono a tenere il passo e a rispettare i tempi indicati per effettuare i tamponi. Le famiglie non hanno riferimenti e spesso non ottengono nemmeno la documentazione necessaria per richiedere il congedo parentale al lavoro, per seguire i figli nel caso in cui debbano restare a casa. 

L’associazione nazionale presidi ha chiesto più volte di semplificare le regole. La richiesta è stata sostenuta dai presidenti delle Regioni, che hanno chiesto meno vincoli, per tenere aperte le scuole il più possibile e creare meno problemi alle famiglie. La richiesta principale consiste nella sospensione della didattica in presenza solo per gli studenti con sintomi. Le Regioni hanno chiesto anche la sospensione del contact tracing nelle scuole e l’autosorveglianza, non la quarantena, per i contatti stretti.

Tra le altre cose, il dibattito è complicato perché è difficile capire quale sia la reale situazione nelle scuole: i dati sono parziali e poco trasparenti.

“Card vaccinali”
In Campania, le “card vaccinali”, tessere dotate di un chip e di un codice QR, avrebbero dovuto fornire delle non meglio specificate agevolazioni alle persone vaccinate, per accedere a locali e mezzi pubblici. Erano state presentate all’inizio del 2021 dal presidente della Regione, Vincenzo De Luca, come sistema per attestare la vaccinazione. 

Dopo essere state regolamentate in un’ordinanza regionale, ne furono prodotte 3,5 milioni, per un costo di circa 3 milioni di euro totali. A distanza di un anno, però, si sono rivelate un fallimento: dopo pochi mesi dalla loro introduzione, infatti, il governo italiano ha a sua volta introdotto il Green Pass, il certificato vaccinale valido in tutta Italia, che di fatto ha reso le “card vaccinali” della Campania del tutto inutili.

Nonostante un avvertimento del Garante della privacy e l’introduzione del Green Pass nazionale, la Campania nei mesi seguenti aveva continuato a distribuire le “card vaccinali” ai residenti nella Regione. Peraltro in alcuni casi le ASL che dovevano distribuire le card le inviavano per posta raccomandata o le consegnavano porta a porta, con un’ulteriore spesa per la spedizione. Con il passare del tempo e il sempre maggiore utilizzo del Green Pass l’attività di distribuzione era però rallentata, fino a fermarsi.

Le “card” sono ora accumulate nei depositi delle ASL, e non è chiaro se verranno mai distribuite o che fine faranno.

Viaggi
Mercoledì il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza che prevede che dal primo febbraio al 15 marzo per arrivare in Italia da uno stato dell’Unione Europea basterà avere il Green Pass, e non ci sarà più l’obbligo di effettuare un test antigenico o molecolare per il coronavirus.

In questo caso per Green Pass si intende la certificazione valida in tutta l’Unione Europea che attesta che una persona è stata vaccinata o è guarita dall’infezione da coronavirus, o che è risultata negativa al virus tramite un tampone molecolare o antigenico.

La settimana
Negli ultimi 7 giorni sono diminuiti gli ingressi in terapia intensiva, si sono ridotti anche i nuovi contagi, mentre è continuata la crescita dei morti. I primi due indicatori sono chiari segnali di un miglioramento della situazione epidemiologica, dopo la rapida crescita dei casi avvenuta dall’inizio di dicembre a causa della variante omicron.

I contagi sono ancora moltissimi, più di un milione, ma il calo dei ricoverati dimostra come rispetto alle prime tre ondate dell’epidemia ci sia uno scostamento piuttosto netto tra l’andamento dei casi e quello dei ricoveri: dipende soprattutto dagli effetti dei vaccini contro il coronavirus, efficaci contro le forme gravi della COVID-19, ma anche dalla minore capacità della variante omicron di causare sintomi gravi.
Nei prossimi giorni potrebbero esserci novità sui dati dei ricoveri totali, perché le Regioni hanno di nuovo chiesto al governo di cambiare il modo in cui vengono contati i ricoveri, cioè di cambiare la definizione di “caso Covid”: non più tutte le persone positive al coronavirus, ma solo chi sviluppa sintomi riconducibili alla malattia COVID-19.

Anche negli ultimi sette giorni la regione con la più alta incidenza settimanale di ricoveri in terapia intensiva rispetto agli abitanti è stata la Valle d’Aosta: ne sono stati segnalati 48 ogni milione di abitanti. L’incidenza è stata alta anche nella provincia autonoma di Trento, nelle Marche e nel Lazio.

C’è stato un aumento dei morti: nell’ultima settimana ne sono stati segnalati 2.565, il 9,9 per cento in più rispetto ai sette giorni precedenti, con un rallentamento della velocità di crescita dopo l’aumento del 46,1 percento segnalato la scorsa settimana.

Dall’1 febbraio inizieranno i controlli per il rispetto dell’obbligo vaccinale introdotto per le persone con più di 50 anni. Saranno effettuati incrociando i dati delle persone residenti in Italia con quelli delle anagrafi vaccinali attraverso il sistema delle tessere sanitarie. Chi risulterà inadempiente riceverà una sanzione di 100 euro non ripetibile.

Finora la regione in cui sono state vaccinate meno persone con più di 50 anni è la Sardegna, dove manca il 12,8 per cento degli over 50.

Qui trovate tutti gli altri dati e grafici.

Arancione
Dall’inizio di questa settimana, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Piemonte sono in area arancione, mentre Puglia e Sardegna sono passate dall’area bianca a quella gialla. Il passaggio in area arancione è una conseguenza del superamento delle soglie del 30 per cento di occupazione dei posti letto nei reparti ordinari da parte dei pazienti ricoverati per la COVID-19 e del 20 per cento nei reparti di terapia intensiva.

Differenze
Ormai non ci sono particolari differenze tra area gialla e area arancione. Per chi vive in quest’ultima le limitazioni riguardano infatti solamente le persone prive di Green Pass o con Green Pass base, una piccola parte della popolazione. In area arancione le persone che non hanno il Green Pass possono spostarsi verso un altro comune o un’altra regione (o provincia autonoma) “solo per lavoro, necessità, salute o per servizi non sospesi ma non disponibili nel proprio comune”, con la stessa autocertificazione che era stata introdotta durante l’emergenza del 2020.

Le persone senza Green Pass o con Green Pass “base”, inoltre, nei giorni festivi e prefestivi non possono accedere ai negozi presenti nei centri commerciali, ad eccezione di alimentari, edicole, librerie, farmacie e tabaccherie. Infine, le persone con Green Pass “base” non potranno partecipare a corsi professionali in presenza (la stessa restrizione è prevista già in zona gialla per le persone senza Green Pass).
Carenze
Con la variante omicron, i reparti e le terapie intensive sono tornate a riempirsi e in molti ospedali italiani è stata seguita la stessa strategia delle prime tre ondate: rinvio delle operazioni programmate, annullamento delle ferie degli operatori sanitari, aumento delle ore di lavoro straordinario, aggiunta di posti letto e riconversione di interi reparti. 

Medici e infermieri non sono più impreparati come a marzo 2020, ma sono praticamente gli stessi di allora: solo più stanchi e provati da un lungo e faticoso periodo di emergenza. A due anni di distanza dall’inizio della pandemia, la carenza di personale che era diventata evidente durante i primi mesi dell’epidemia non è stata ancora risolta: mancano anestesisti, medici nei pronto soccorso, chirurghi, infermieri specializzati nell’assistenza delle persone ricoverate in terapia intensiva.

Negli ultimi due anni uno degli errori più grossolani, dicono sindacati e associazioni, è stato discutere degli spazi più che delle professionalità. Si è dato grande peso all’aumento dei posti in terapia intensiva e negli altri reparti senza considerare chi avrebbe lavorato intorno a quei letti.

Negozi
Alla fine della scorsa settimana il governo ha approvato l’elenco dei negozi in cui a partire dal 1° febbraio si potrà entrare senza Green Pass. Da quel giorno per entrare nella maggior parte dei negozi bisognerà infatti avere almeno il Green Pass “base”, cioè quello che si può ottenere anche solo con un test antigenico o molecolare. I controlli, è scritto nel DPCM, dovranno essere svolti dai titolari dei negozi e ci potranno essere controlli a campione anche dei «responsabili di servizi» sanitari e di sicurezza: un sistema che, come è successo finora in situazioni simili, sembra essere facilmente aggirabile.

I negozi in cui si potrà entrare anche senza Green Pass sono quelli che erogano servizi essenziali: alimentari, farmacie, edicole, benzinai, ottici, mercati all’aperto. 

Questo è l’elenco dei negozi in cui si potrà entrare senza Green Pass, secondo il decreto:

1. Commercio al dettaglio in esercizi specializzati e non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande (ipermercati, supermercati, discount di alimentari, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari), escluso in ogni caso il consumo sul posto.

2. Commercio al dettaglio di prodotti surgelati.

3. Commercio al dettaglio di animali domestici e alimenti per animali domestici in esercizi specializzati.

4. Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati.

5. Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari.

6. Commercio al dettaglio di medicinali in esercizi specializzati (farmacie, parafarmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica).

7. Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati.

8. Commercio al dettaglio di materiale per ottica.

9. Commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento. Attacchi
Secondo il rapporto Clusit 2021, realizzato ogni anno dall’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, la pandemia ha influenzato l’andamento, la modalità e la distribuzione degli attacchi globali nel 2020: nell’organizzare i crimini, sono stati sfruttati momenti di particolare difficoltà di alcuni settori come quelli della produzione di dispositivi di protezione e della ricerca scientifica. Diverse operazioni di hackeraggio sono state compiute a danno di organizzazioni di ricerca per lo sviluppo dei vaccini.

Anche in Italia il settore sanitario, che aveva già ricevuto attenzioni prima dell’epidemia, è stato vittima di molti più attacchi, alcuni dei quali molto eclatanti. Il caso più noto ha coinvolto la Regione Lazio, che all’inizio di agosto aveva subìto un grave attacco che ne aveva interrotto molte attività, compreso il sistema di prenotazione e di gestione della campagna vaccinale.

Sono diversi i motivi che spiegano come mai la sanità è vulnerabile. Il primo, e per certi versi più grave, è che la sanità e in generale la pubblica amministrazione sono culturalmente impreparate ad affrontare questo tipo di attacchi. 

Un altro limite della sanità è la sua arretratezza tecnologica, grave anche rispetto alla pubblica amministrazione. Nelle aziende sanitarie e negli ospedali vengono usati sistemi vecchi, più precari e a rischio. Ci sono anche problemi strutturali: molti macchinari elettromedicali sono datati e per questo possono funzionare se collegati a sistemi operativi altrettanto datati; inoltre la condivisione dei dati all’interno degli ospedali o delle aziende sanitarie ha portato i sistemisti a costruire reti semplici e più vulnerabili.

Sarà molto complesso rimediare alle pericolose inefficienze in tempi brevi. I rischi, senza adeguate contromisure, sono destinati ad aumentare perché la produzione dei dati è in costante aumento, anche in ambito sanitario. Più dati vengono prodotti, maggiori sono le possibilità di violare sistemi fragili.

Parties
Come avrete intuito, è il momento di un rapido aggiornamento sulla vicenda delle feste tenute nella residenza di Boris Johnson, il primo ministro britannico, durante i primi mesi di lockdown nel Regno Unito. 

È saltato fuori che nel giugno del 2020 fu organizzata una festa per il compleanno di Johnson, apparentemente in violazione delle restrizioni allora in vigore per il coronavirus. Sarebbero state presenti circa una trentina di persone, nonostante in quel momento gli assembramenti al chiuso fossero vietati e quelli all’esterno fossero limitati a 6 persone al massimo. La festa sarebbe stata organizzata nella sala riunioni del governo e sarebbe durata circa una mezz’ora, con stuzzichini e torta di compleanno.

Il capo della polizia britannica, Cressida Dick, ha fatto sapere di aver avviato un’indagine sui party organizzati nella residenza del primo ministro durante il lockdown: fino ad ora la polizia non lo aveva fatto, dicendo di voler aspettare i risultati dell’indagine interna che sta conducendo Sue Gray, funzionaria del governo.

Lo scandalo delle feste sta mettendo in profonda difficoltà Johnson, che da giorni è sempre più criticato anche all’interno del suo stesso partito: la diffusione dei risultati dell’indagine di Gray potrebbe peggiorare la situazione. Lockdown
Nel fine settimana il governo di Kiribati, piccolo arcipelago nell’oceano Pacifico centrale, ha introdotto il suo primo lockdown dall’inizio della pandemia da coronavirus in seguito alla diffusione dei contagi legata all’arrivo di un volo internazionale nel paese dopo un lungo periodo di chiusura dei confini.

Fino alla settimana scorsa a Kiribati, uno dei paesi più remoti del mondo, erano stati registrati solo due casi di coronavirus. Venerdì scorso, però, 36 dei 54 passeggeri che erano arrivati nel paese dall’estero per la prima volta dopo dieci mesi erano risultati positivi al coronavirus al loro arrivo. Le autorità locali hanno rafforzato le restrizioni dopo che quattro dipendenti della struttura dove i passeggeri contagiati stavano trascorrendo la quarantena erano risultati a loro volta positivi.

Fine
La prima ministra danese, Mette Frederiksen, ha detto che dal primo febbraio nel paese saranno eliminate tutte le limitazioni attualmente in vigore per contrastare la pandemia da coronavirus: la Danimarca diventerà quindi il primo paese dell’Unione Europea a farlo dopo la diffusione della variante omicron. La decisione dovrà essere approvata dal Parlamento danese, dove il governo ha una solida maggioranza e l’approvazione è considerata una formalità.

La decisione del governo arriva in un momento in cui in Danimarca sono stati rilevati i contagi più elevati dall’inizio della pandemia e, come ha detto Frederiksen: «Può quindi sembrare strano e paradossale che ora siamo pronti a togliere le restrizioni». La scelta va vista quindi soprattutto come una decisione politica del governo danese. Allentamento
Nei Paesi Bassi sono state rimosse alcune delle limitazioni introdotte a dicembre per limitare la circolazione della nuova variante omicron. Le restrizioni, tra le più rigide in Europa, erano in vigore dal 18 dicembre e prevedevano, tra le altre cose, la chiusura di locali come bar, ristoranti e musei.

In Irlanda nel fine settimana è stata ridotta buona parte delle limitazioni, nonostante siano ancora riscontrati migliaia di nuovi contagi ogni giorno. Secondo le autorità sanitarie la situazione in generale sta migliorando, e i dati più recenti indicano che sia stato sorpassato il picco di contagi della nuova ondata della pandemia.

A inizio settimana il governo cinese ha ordinato la fine del lockdown a Xi’an, metropoli di 13 milioni di abitanti nella Cina centrale e una delle città in cui nelle ultime settimane il governo aveva riattivato la cosiddetta “strategia zero-Covid“, che prevede l’imposizione di lockdown più o meno rigidi, anche con pochissimi contagi da coronavirus, per contrastare il più possibile l’emersione di nuovi focolai. Domenica erano ripresi anche i voli commerciali.

Criceti
La scorsa settimana le autorità sanitarie di Hong Kong hanno ordinato l’abbattimento di più di 2mila criceti, dopo che alcuni esemplari in vendita in un negozio di animali della città erano risultati positivi al coronavirus. La decisione ha provocato grandi critiche da parte dei gruppi di animalisti, ma ha anche sollevato preoccupazioni più ampie per il rischio di trasmissione del virus alle persone: il governo locale ha attribuito il recente aumento dei contagi in città al focolaio nel negozio, almeno in parte, e ha imposto restrizioni in alcune aree densamente popolate per limitare i contagi.

Migliaia di persone hanno sottoscritto una petizione per chiedere al governo locale di bloccare l’abbattimento dei criceti, mentre molte altre hanno contestato la decisione sui social network. Il dipartimento governativo che si occupa di agricoltura, pesca e conservazione degli animali ha sostenuto però che i criceti mettono a rischio la salute pubblica e che ogni tentativo di salvare gli animali potenzialmente contagiosi sarebbe un intralcio per il lavoro del dipartimento e ha quindi avviato l’abbattimento.

Quirinale
Eleggere un presidente della Repubblica non è mai semplice, farlo durante una pandemia implica qualche complicazione in più. Da lunedì, le operazioni di voto alla Camera si sono svolte in un formato nuovo per evitare assembramenti, con gli elettori divisi a gruppi di 50 e che hanno votato dentro a strutture più spaziose e meno anguste rispetto ai soliti “catafalchi”. Fuori dalla Camera è stato allestito il seggio per gli elettori positivi al coronavirus, che hanno votato su un’auto privata o su un’ambulanza.

Le votazioni si sono svolte senza particolari intoppi, smentendo le preoccupazioni dei giorni precedenti. La presidente o il presidente non c’è però ancora, con uno stallo tra i partiti che non deriva certo dalla pandemia o dalle modalità di voto. Sul Post trovate tutti gli aggiornamenti nella nostra sezione speciale dedicata al Quirinale e nel liveblog, con le notizie man mano che arrivano.

La newsletter invece oggi finisce qui, confidando di riprendere il prossimo giovedì con una persona eletta alla presidenza della Repubblica. Ciao! (Bianca.)

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